Gli studi mirati sulle trombosi atipiche, ossia quelle all’addome (dette splacniche) e quelle cerebrali dei seni venosi (Cvst) collegate alla somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno evidenziato che su 34 milioni di persone che hanno ricevuto il vaccino Vaxzevria si sono verificate solo 53 trombosi splacniche (lo 0,00001%) e 169 casi di Cvst (lo 0,00004%).
Per quanto riguarda Johnson & Johnson al 13 aprile sono stati 8 i casi di trombosi in sede atipica su oltre 7 milioni di dosi somministrate negli Usa (0,000001%).
Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe, ha illustrato i dati durante il primo seminario divulgativo sul Covid riservato ai giornalisti.
Tanto rumore per nulla, dunque, con rispetto dei pochissimi decessi, anche perché uno studio che è in corso di pubblicazione, riferisce Gili, mostrerà che un rischio ancora più alto di subire questo tipo di trombosi atipiche è proprio collegato al Covid: 39 per milione i casi (a due settimane dalla diagnosi) nei pazienti affetti da Covid-19, contro i 7 per milione da somministrazione del vaccino negli Usa.
Per fare un paragone non medico, il tasso di mortalità stradale in Italia nel 2019 era di 52,5 morti ogni milione di abitanti. Una grande differenza se si considera poi che quel 7 per milione non significa automaticamente che il paziente oggetto di trombosi atipica muoia.
Un altro aspetto da tenere in considerazione sugli effetti dei vaccini a vettore virale è che i casi di trombosi atipiche sono rarissimi, anche se superiori alle attese, mentre le trombosi per così dire “normali” sono molto al di sotto delle attese (ossia la media di trombosi che si verificano ogni anno nel mondo indipendentemente dalla somministrazione del vaccino).
«Non si è ancora fatta totale chiarezza – spiega Gili – sul perché succeda questo, visto che sono appunto casi molto rari, ma si tratta di un meccanismo simile alle reazioni avverse che succedono con le iniezioni di eparina: una risposta immunitaria molto rara, meno di una su diecimila casi».
L’Università di Cambridge ha diffuso uno studio in cui ha messo sulla bilancia i potenziali rischi e benefici dell’uso del vaccino AstraZeneca ed è emerso che i rischi superano i benefici solo in un caso: nella fascia di età 20-29 anni in persone che hanno avuto un basso indice di esposizione, proprio perché è davvero difficile per i giovani ammalarsi in modo grave.
Le trombosi atipiche sono talmente rare che negli studi clinici pre-commercializzazione non si sono verificate in AstraZeneca, mentre per Johnson & Johnson è accaduto solo in un caso. «Gli studi clinici sono dati che l’European Medicines Agency valuta per definire un vaccino sicuro, efficace e conforme agli standard di qualità – ricorda Gili – e sono divisi in studi pre-clinici, fase 1, fase 2 e fase 3».
La fase 3 è stata condotta su campioni molto ampi: oltre 30 mila persone. Come accade per tutti gli studi clinici su ogni farmaco che viene messo in commercio, gli eventi avversi rari o molto rari è difficile che insorgano. La suddivisione riguarda eventi avversi molto comuni (uno su dieci somministrazioni), comune (tra uno su dieci e uno su cento somministrazioni), non comune (tra uno su cento e uno su mille somministrazioni), raro (tra uno su mille e uno su dieci mila somministrazioni) e molto raro (meno di uno su diecimila somministrazioni).
Gli studi clinici hanno evidenziato le principali reazioni ai diversi vaccini
Pfizer/BionTech: reazioni locali (dolore, rossore, gonfiore al sito di iniezione) da lievi a moderate. Tempo di risoluzione circa 1-2 giorni; stanchezza, cefalea, febbre, dolori muscolari o alle articolazioni da lievi a moderate, più frequenti dopo la seconda dose.
Moderna: reazioni locali (dolore, rossore, gonfiore al sito di iniezione) da lievi a moderate. Stanchezza, cefalea, febbre, dolori muscolari o alle articolazioni da lievi a moderate, più frequenti dopo la seconda dose.
AstraZeneca: reazioni locali (dolore, rossore, gonfiore al sito di iniezione) da lievi a moderate. Stanchezza, cefalea, febbre, dolori muscolari o alle articolazioni da lievi a moderate.
Johnson & Johnson: reazioni locali (dolore, rossore, gonfiore al sito di iniezione); cefalea, stanchezza, dolori muscolari, nausea, febbre.
C’è anche da tener conto di un aspetto fondamentale: la differenza tra evento avverso e reazione avversa, ossia la differenza tra relazione temporale (un qualsiasi episodio sfavorevole avvenuto dopo la somministrazione del vaccino) e relazione causale. Solo una reazione avversa è direttamente collegata alla somministrazione del vaccino.
«Per questo è fondamentale la farmacovigilanza, ossia il vedere come si comporta il vaccino una volta commercializzato. Si fa una valutazione continua per assicurare che il rapporto beneficio/rischio si mantenga favorevole. Tante segnalazioni di sospetti eventi avversi non significano che il vaccino sia pericoloso, anzi denota più sicurezza e capacità di monitoraggio» ricorda Gili.
Il terzo rapporto dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19, l’ultimo pubblicato, ha raccolto 46.237 segnalazioni su un totale di 9.068.349 dosi somministrate, con un tasso di segnalazione in crescita: 510 ogni 100 mila dosi. Le segnalazioni gravi sono il 7,1% del totale (tasso di 36 eventi gravi ogni 100 mila dosi somministrate) indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose e dal possibile ruolo causale della vaccinazione. Le segnalazioni all’Aifa possono essere fatte da medici, operatori sanitari o dal cittadino stesso. I dati confluiscono nel sistema europeo coordinato dall’Ema.
Solo con la farmacovigilanza si potrà monitorare in continuazione il rapporto beneficio-rischio nel tempo.
Alla luce dei dati scientifici diventa chiaro che la confusione sulla sospensione temporanea del vaccino, probabilmente causata dalle decisioni prese sull’onda emotiva da parte dei governi anche per l’enorme diffusione mediatica, ha creato “un mostro” in AstraZeneca dove in realtà alberga un alleato contro il Covid.
Qui l’approfondimento sull’efficacia dei vaccini.