Un gruppo di componenti della Guardia Costiera a bordo della motovedetta CP311 di Genova hanno operato congiuntamente con alcuni pescatori locali, che hanno messo a disposizione le proprie unità dedite alla piccola pesca, per cercare e recuperare gli attrezzi da pesca abbandonati sui fondali antistanti la nostra città. L’attività si colloca nell’alveo dell’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo della Guardia Costiera a tutela dell’ambiente marino e costiero, ma è anche testimonianza della sensibilità e attenzione che il ceto peschereccio da sempre riserva al mare.
Purtroppo nei nostri mari la presenza di attrezzi da pesca abbandonati sui fondali costituisce un problema rilevante e sempre attuale, oggetto dell’impegno e dell’attenzione della Guardia Costiera. Questi attrezzi (deliberatamente abbandonati o perduti accidentalmente) possono restare sul fondale marino o galleggiare in sospensione per anni, interferendo con la biodiversità, danneggiando l’ecosistema e rappresentando, in certi casi, anche un rischio per la navigazione. Parliamo in particolare di reti da posta, palangari, nasse e ogni altro attrezzo, consentito o meno, che possa trovarsi in mare.
La “battuta di pesca” ha avuto inizio alle prime luci dell’alba. Sul mezzo della Guardia Costiera erano presenti anche gli operatori subacquei del 5° Nucleo della Guardia Costiera di Genova, pronti ed equipaggiati a intervenire in caso di necessità. A bordo anche Leonardo d’Imporzano, delegato regionale del Wwf, la cui partecipazione ha attuato e dato avvio, anche in Liguria, alla collaborazione suggellata dal protocollo di intesa recentemente sottoscritto tra il Corpo delle Capitanerie di porto e la giornalista Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia.
L’attività di ricerca messa in campo è stata molto difficoltosa e impegnativa per l’ampia zona di mare setacciata, ma alla fine gli sforzi profusi dagli operatori sono stati premiati: nei “rampini” utilizzati per setacciare il fondale sono incappate alcune nasse: una sorta di gabbie metalliche, a forma di parallelepipedo con all’estremità un “imbuto”. L’esca appesa all’interno costringe il pesce, attirato dall’esca, a entrare forzando le maglie posizionate sulla bocca della strozzatura. In questo modo la preda non è poi più in grado di lasciare la trappola. Alcuni pesci, ancora vivi, che si trovavano all’interno delle nasse sono stati prontamente liberati. I due attrezzi sono stati sequestrati ed è stata elevata una sanzione di 2.000 euro a carico di ignoti.
L’ammiraglio Nicola Carlone, comandante regionale della Guardia Costiera della Liguria, ha comunicato che l’operazione – che si prefigge a scopo di prevenzione anche la sensibilizzazione dei pescatori a un uso degli attrezzi da pesca rispettoso del mare e sostenibile delle risorse alieutiche – verrà ripetuta nei prossimi giorni e, a seguire, periodicamente così da liberare gradualmente i nostri fondali da questi sgraditi “ospiti” e instaurare sempre più efficaci collaborazioni tra “controllori e controllati”. A questo proposito, per agevolare il recupero dei cosiddetti attrezzi fantasma chiunque dovesse avvistare reti, palangari, nasse e altri mezzi da pesca abbandonati sui fondali marini, senza alcun segnalamento, può informare gli Uffici della Guardia Costiera della Liguria per attivare le procedure di rimozione.