Genova tra le città più digitali d’Italia, secondo la classifica di ICity Rank 2020, il rapporto sulle città italiane intelligenti e sostenibili realizzato da Fpa, società del gruppo Digital360. L’analisi è stata presentata questa mattina in occasione di Forum PA Città, evento organizzato in collaborazione con Enel X.
Nell’anno della pandemia, che in qualche modo ha accelerato la trasformazione digitale delle città italiane, l’annuale ricerca di FPA ha indagato questo percorso di trasformazione, analizzando le performance dei 107 Comuni capoluogo su 8 indicatori aggiornati al 2020: accessibilità online dei servizi pubblici, disponibilità di app di pubblica utilità, adozione delle piattaforme digitali, utilizzo dei social media, rilascio degli open data, trasparenza, implementazione di reti wifi pubbliche e tecnologie di rete intelligenti. L’indice di trasformazione digitale, media aritmetica degli 8 indicatori settoriali, permette di costruire il ranking delle città più digitali d’Italia.
Ne emerge, in generale, una profonda differenza tra Nord e Sud, con alcune brillanti eccezioni del Mezzogiorno, e si rafforza il ruolo guida dei capoluoghi metropolitani. Si evidenzia inoltre una significativa reazione delle città più colpite dalla pandemia.
In questo contesto Genova si piazza al 16esimo posto, con un punteggio di 682, rientrando nella fascia di 15 città caratterizzate da un livello di digitalizzazione “avanzato”. La Spezia è 36esima, tra le città con una discreta digitalizzazione. Decisamente più indietro invece il Ponente ligure: Imperia è 80esima, Savona 93esima, entrambe nella fascia in cui la digitalizzazione è appena “avviata”.
Il capoluogo più digitale d’Italia risulta Firenze, con un punteggio globale di 872. Sul podio anche Bologna (866) e Milano (855), seguite da Roma Capitale, Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Venezia nella top ten. In queste città il livello di digitalizzazione è “molto avanzato”.
I fanalini di coda, città con ritardi critici, sono quasi tutti del Sud: Taranto, Avellino, Caserta, Carbonia, Nuoro, Enna, Chieti e, ultima, Agrigento.
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«Il processo di trasformazione digitale delle città italiane e delle loro amministrazioni non si è arrestato in questo anno terribile, anzi per molti versi ha ricevuto un’accelerazione che ha consentito di superare resistenze organizzative e culturali − afferma Gianni Dominici, direttore generale di Fpa − Spesso sono state proprio le innovazioni digitali a consentire di gestire situazioni critiche limitandone l’impatto e favorendo risposte fondate sulla partecipazione di cittadini e associazioni. Chi si trovava già a uno stadio avanzato, come le città metropolitane e molti Comuni del Nord, ha confermato i progressi, ma arrivano segnali confortanti anche da aree meno mature dal punto di vista digitale, con quattro città del Sud che hanno segnato notevoli passi avanti, entrando nelle prime venti classificate».
«La spinta digitale per effetto dell’emergenza ha investito anche le città – dice Andrea Rangone, presidente di Digital360 – Se nella digitalizzazione delle attività amministrative e nel rapporto con i cittadini il processo di innovazione appare ben avviato, nell’implementazione e interconnessione delle reti intelligenti siamo ancora ad una fase iniziale. Le risorse disponibili nel Recovery Fund rappresentano una grande opportunità da cogliere per adottare un piano di trasformazione tecnologica delle città».
Analizzando i diversi indicatori oggetto dell’indagine, emergono alcune tendenze a livello nazionale. Sulla digitalizzazione delle attività amministrative e sul rapporto con i cittadini le città sono a buon punto, pur con disparità territoriali, ma si pone il problema della diffusione di una cultura digitale, sia all’interno delle amministrazioni, sia tra i cittadini. Sull’implementazione e l’interconnessione delle reti intelligenti nelle città, invece, siamo ancora in fase embrionale per comprensione delle opportunità esistenti ed effettivo utilizzo. Ma questo percorso è necessario per condurre le città verso i modelli più avanzati di smart city, quelli delle cosiddette “responsive and adaptive cities”, capaci di raccogliere e utilizzare al meglio le informazioni per gestire i servizi e prendere decisioni coinvolgendo tutti gli attori disponibili.