Geopolitica e dichiarazioni non univoche di capi di Stato come Donald Trump influenzano notevolmente i noli marittimi, ossia il costo di noleggio della nave per trasportare la merce. La questione però dipende anche da altri fattori come la demolizione di navi obsolete o l’ingresso sul mercato di nuovi operatori in settori di nicchia come per esempio il car carrier.
Nell’ormai consueto seminario durante la Genoa Shipping Week organizzato dal Gruppo Giovani di Assagenti, moderato da Gian Enzo Duci, professore del dipartimento di Economia dell’Università di Genova, il tema era proprio “Tra correnti e contratti: il futuro dei noli marittimi”.
E Duci ha giocato sulla frase diventata celebre “Houston, abbiamo un problema”, svelando che in realtà era un’invenzione cinematografica in quanto quella vera dell’Apollo 13 “Houston, abbiamo avuto un problema”. Una bella differenza. E oggi il mercato dei noli, è in crisi o si è adattato? Di sicuro è influenzato da guerre, dazi, nuove alleanze, da chiusure e deviazioni (il problema degli attacchi Houthi nel canale di Suez) e le evoluzioni più recenti probabilmente modificheranno ulteriormente lo scenario.
Ettore Greco, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), ha evidenziato la crisi della governance globale (Onu in primis), la frammentazione dei forum internazionali e il declino progressivo dell’Occidente in favore di un multipolarismo instabile. Il revanchismo della Russia e l’espansionismo della Cina sono fonti di instabilità e conflittualità che hanno effetti sui traffici marittimi. Protezionismo, cybersecurity e decarbonizzazione sono le sfide del futuro e tutto questo riguarda il trasporto via mare. «La conflittualità − spiega Greco − è destinata a continuare con il rischio di escalation Usa-Cina e la centralità dell’innovazione tecnologica impone un imperativo per le aziende: flessibilità. Servono strategie di investimento che diano più spazio alla prevenzione e alla gestione del rischio, con un ruolo cruciale della copperazione multilaterale a sostegno dello sforzo adattivo delle aziende».
«Pur essendoci una crescita globale rallentata, i traffici marittimi sono ancora in aumento − spiega Massimo Deandreis, direttore di Srm-Centro Studi e Ricerche − stiamo assistendo però a una regionalizzazione delle rotte. Tra Usa e Cina ci sono meno traffici diretti, aumentano quelli intermediati dall’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico. Il disaccoppiamento è comunque più apparente che reale». Di sicuro le tensioni geopolitiche hanno portato a un aumento significativo delle tonnellate-miglia nel 2024. Il commercio marittimo rallenta, ma il mercato dei container cresce ancora molto (+7,4%) nel 2024.
«Il calo di Suez significa che comunque nel 2024 sono passate 12.740 navi, contro le 97 che hanno scelto la rotta artica tagliando fuori il Mediterraneo» sottolinea Deandreis. Per ora, quindi il Mare Nostrum resta ancora molto centrale soprattutto nello shortsea di cui l’Italia è leader assoluto.
A incidere sull’andamento dei noli in futuro possono essere l’overcapacity, la spinta Usa al ripristino della manifattura e della cantieristica propria, i sovracosti legati all’Ets (il sistema per lo scambio di quote di emissioni nell’Unione europea), l’aumento dei consumi di carburante, le inefficienze del sistema logistico (in Italia le navi spendono 1,28 giorni in porto contro lo 0,54 dei Paesi Bassi e lo 0,99 media mondo).
I noli marittimi nei settori specifici
Il seminario ha affrontato la situazione dei noli in settori specifici, anche di nicchia dove non esistono indicatori universali.
Enrico Paglia della banchero costa & C ha spiegato come il mercato tramp e dry bulk siano caratterizzati da forte volatilità, con un effetto dirompente delle sanzioni economiche: la Cina ha smesso di importare dagli Usa petrolio, gas di petrolio, carbone e soia. Il 40% della soia che esportavano gli Usa finiva in Cina. A oggi invece non c’è nessun ordine. Dopo il sabotaggio del Nord Stream «in una notte è cambiato il mercato delle navi cisterne visto che il gas oggi arriva molto di più via nave che via pipeline, si è passati da 0 dollari al giorno a 30 mila dollari». A influenzare il mercato anche la crescita della cosiddetta shadow fleet, con cui Mosca riesce ad aggirare le sanzioni sul proprio petrolio e altri prodotti. «Oggi − aggiunge Paglia − il 15% delle navi cisterna è sotto sanzione. Tutto questo definirà il trend del mercato». Anche la transizione verde porta grandi volatilità. Le navi in costruzione oggi non potranno avere una vita lunga come quelle di oggi se l’Imo ha imposto la neutralità carbonica nel 2050. Nel frattempo la Cina è la nazione che investe di più in rinnovabili rispetto a tutto il resto del mondo e le importazioni di carbone si stanno già riducendo (come in India, del resto). Anche la trasformazione tecnologica sarà un driver fondamentale per la domanda.
Per quanto riguarda le navi cisterna si è registrata una netta ripresa nel 2025 grazie all’aumento delle esportazioni del petrolio perché l’Opec+ ha evitato di tagliare la propria produzione. Il 21% della flotta oggi ha più di 20 anni, occorrerà capire dunque cosa succederà con le demolizioni. per quanto riguarda il dry bulk invece le rate di nolo sono in contrazione nella prima parte dell’anno anche per un rallentamento della domanda globale. «Ci si attende una crescita della flotta, ma i prezzi delle navi, anche di seconda mano, restano elevati», chiarisce Paglia.
Per quanto riguarda i container, Carlo Binello di Cma Cgm ha detto: «Sino ad agosto il mercato segna una crescita moderatamente positiva. Il retail index del non food è rimasto stabile o comunque positivo, sostenuto da consumi interni italiani, ma anche dal record dei turisti stranieri. Occorre però fare attenzione: lo scrap è ridotto ai minimi, si è demolito pochissimo, a fronte della massiccia entrata in servizio di nuove unità a cavallo fra il 2026 e il 2027. Occorrerà capire come influirà la riapertura di Suez. Il nolo alla fine segue il mercato e va dove c’è maggiore reddittività».
Il seminario ha anche consentito un focus su Small handy con Lorenzo Giacobbe di Januamar che ha spiegato che si tratta di un mercato di nicchia e frammentato, dominato da armatori turchi e East Med influenzato in modo particolare dalla guerra in Ucraina con un incremento dei noli legato a passaggi sul Danubio finché non hanno riaperto i porti.
Andrea Arena di HB Shipping ha evidenziato come nel Project cargo (ossia quelle navi che consentono di spostare “trasporti eccezionali” «ogni crisi è anche opportunità, le rotte alternative possono anche essere un vantaggio competitivo. Il trend dei noli è rimasto comunque stabile e piuttosto alto».
Nel campo della nicchia del Car carrier Giulia Malnati di NYK Line ha citato come evento disruptivo il fatto che la Cina sia la nuova protagonista con le proprie flotte, realizzate da produttori stessi di navi, la Cina è diventata dunque grande esportatore. Le navi stanno anche aumentando di dimensione: da 4000 rt (rt è l’unità di misura della singola auto) a 9 mila rt nel 2030.
Per quanto riguarda le Ro-Ro, Tommaso Scolaro della Enrico Scolaro Shipbrokers ha mostrato come i noli siano stabili, mentre sono alti i costi di costruzione per il necessario rinnovamento della lotta. L’orderbook però resta scarso: 4 navi in consegna da qui al 2026: «Visentini è l’unico cantiere europeo del settore ed è
fisicamente in grado di consegnare due navi all’anno».
Gli armatori: serve il fattore “c”
Nel quadro di riferimento di un’incertezza generale, che esalta – come sottolineato da Vincenzo Romeo, ceo di Nova Marine Carriers – il fattore coraggio nelle scelte degli armatori, ma anche il fattore… fortuna che determina il successo di queste scelte. Nessuno ha la palla di cristallo. Nel 2002 ci è andata bene sugli ordini, nel 2008 no.
Anche il comparto dei traghetti e dei collegamenti di cabotaggio ad esempio con le isole, settore nel quale il pubblico ha fallito tutte le volte che ha pensato di poterlo gestire autonomamente, si pone il problema di rinnovare flotte e garantire remuneratività a quelle società private che tengono in piedi l’intera rete di collegamenti garantendo anche la continuità territoriale. «In un mercato – come rimarcato da Aldo Negri di Finsea – in cui i biglietti passeggeri o i noli, specie nei collegamenti con isole minori o comunque di corto raggio – non sono sufficienti talora a coprire i costi di esercizio, men che meno l’investimento in nuove navi, per altro in un mercato delle second hand ships che non esiste».
La voce della Associazioni
Per Paolo Pessina, presidente di Federagenti, «i decisori devono anche capire che le normative sbagliate varate senza ascoltare le associazioni, possono creare molti danni»
«Un mercato fragile e delicato che – come affermato da Stefano Messina, presidente di Assarmatori – fatica sempre di più ad attirare capitali e finanza, tenuti lontani dall’assenza di certezze sul loro investimento».
«Oggi il mondo è caoslandia per citare Lucio Caracciolo di Limes − ha aggiunto Luca Sisto, direttore generale di Confitarma − come si può avere visioni, idee con il continuo bombardamento di dichiarazioni “sparate” che modificano il mercato?».
Fedespedi si attende un aumento della domanda soprattutto sul container refrigerato e nelle spedizioni consolidate, tuttavia Matteo Somma, vicepresidente, ha chiarito anche quanto conti, nello spostamento della merce, anche un fattore che non è solo il nolo, ma l’efficienza della catena logistica.