«L’obiettivo di Blue Ports è quello di migliorare le competenze e le capacità del capitale umano all’interno dell’ecosistema portuale, per sostenere la transizione energetica. Per cercare di risolvere le problematiche, anzi le sfide della transizione occorre un approccio cooperativo integrato». Lo ha dichiarato Davide Ritarossi, project manager del Distretto ligure delle tecnologie marine, che ieri sera ha presentato il progetto Blue Ports al convegno Skills & Training for the Blue Economy che si è svolto nell’ambito di Seafuture alla Spezia.
«Ci sono più di 1.200 porti in Europa – ha detto Ritarossi – sono il canale principale attraverso cui l’Europa scambia merci, beni nel mondo. I porti però sono anche tra i maggiori contributori dell’inquinamento dell’ambiente, quindi nell’ottica di supportare la decarbonizzazione, comunque di una transizione verde, si cercano differenti soluzioni. In un progetto collaborativo, cooperativo».
Perché cooperativo?
«Perché il progetto è portato avanti da un consorzio che coinvolge gli attori chiave del mercato, in una rete che comprende enti governativi, organizzazioni della società civile, istituzioni educative ed enti portuali ed economici provenienti da cinque paesi differenti: Grecia, Spagna, Italia, Georgia e Tunisia. I risultati attesi includono la creazione di un sistema digitale di formazione, esame e certificazione, materiali didattici all’avanguardia e un pool di oltre 200 professionisti qualificati nei paesi partecipanti. Il nuovo schema di formazione e certificazione operativa Blue Ports, conforme alla norma ISO/IEC 17024, sarà testato e convalidato in alcuni paesi del Mediterraneo e del Mar Nero e sarà promosso per il riconoscimento reciproco in tutta Europa, offrendo un vantaggio professionale, maggiori opportunità di carriera e di mobilità, creando e sostenendo nuovi e più verdi posti di lavoro nell’industria portuale».



























