Un anno sicuramente complesso da gestire quello appena trascorso per Spediporto sia a livello nazionale sia internazionale: tra inflazione a rischio galoppo, contrazione della produzione e l’incognita dazi. Il rischio è che le scelte degli Stati Uniti possano influenzare negativamente anche tutti i Paesi che commerciano con loro, tra cui l’Italia.
Nell’assemblea pubblica (molto partecipata in una sala della Borsa della Camera di Commercio tutta esaurita anche per il confronto tra tre candidati sindaco Mattia Crucioli, Pietro Piciocchi e Silvia Salis) dal titolo Genova Shapes the future, ossia Genova modella il futuro, l’associazione degli spedizionieri ha analizzato il presente, ma ha anche lanciato proposte e progetti per il futuro in cui la Zona logistica semplificata è un’occasione irripetibile e in cui Spediporto inserisce il progetto della Green logistic valley di cui fanno parte il corridoio doganale porto/aeroporto e la vertical farm aeroponica (coltivazione agricola in verticale).
Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, dichiara: «Dobbiamo immaginarci nei prossimi anni delle strategie governative che vadano a premiare le semplificazioni, la riduzione dei costi ed è una vera e reale capacità del nostro territorio di proporsi come piattaforma non soltanto di logistica, ma anche di lavorazione delle merce». Con la zona logistica semplificata pronta a partire ora Spediporto conta di lavorare al piano strategico, come aggiunge Botta: «Verranno messe a terra tutte quelle sinergie tra soggetti pubblici e privati che andranno a definire e a declinare le priorità all’interno di quest’area per favorire l’incremento della produzione, l’aumento dell’occupazione, le politiche sociali legate anche alla formazione. Perché la Zls non è esclusivamente una, è una norma volta a favorire l’industria e la logistica, è una norma volta a favorire l’incremento delle attività produttive di un territorio. Con queste devono crescere la consapevolezza del ruolo della formazione nei confronti delle nuove generazioni e di quelle che sono oggi occupate e che dovranno necessariamente aggiornare i propri profili. La zona logistica ha anche attenzione al sociale, attenzione all’ambiente. Perché nel nostro progetto non dimentichiamo il valore che deve avere l’ambiente nel rilanciare un territorio che deve avere l’ambizione di essere non soltanto produttivo, ma anche bello e attrattivo».
Spediporto ha un programma in cui due progetti pilota dovrebbero partire nell’arco dei prossimi sei mesi. «Da qui − spiega Botta − costruiremo tutta una serie di iniziative che richiederanno sicuramente tempi più ampi, ma noi dobbiamo guardare un orizzonte che è di 14 anni. Ricordiamoci che la Zls ha quella scadenza temporale e dentro quest’arco temporale dobbiamo cercare di attirare investitori e anche capacità di creare occupazione e produzione».
Genova: serve innovazione, ma anche più attenzione da Roma
«Su Genova lo stato di allerta deve essere massimo − ribadisce Giachero − anche alla luce di numerosi cantieri aperti. Dalla nostra abbiamo un sistema informatico Pcs avanzato, ma potrebbe non bastare. Occorre portare forte innovazione nel settore dell’autotrasporto, a cui siamo vicini, guardando con favore a nuove soluzioni e strumenti predittivi usati nei principali scali europei».
La situazione del porto di Genova non è molto diversa da quella registrata a Barcellona, Felixstone, Le Havre e anche Rotterdam, dove i picchi per giorni di attesa in rada sono arrivati a tre giorni e mezzo.
«I veri problemi molto spesso nascono quando il contenitore tocca terra, imponendo extra turni operativi e congestionamenti della viabilità. Nel 20% del carico succede ancora peggio: tempi di sdoganamento e ritiro ben più lunghi, condizionati da un sistema di controlli sanitari e veterinari zoppicante e inadeguato per le nostre velleità portuali». In questo ambito i servizi del Nord Europa sono molto più efficienti, rileva il presidente di Spediporto.
E il declassamento degli uffici regionali delle dogane (che incassano il 60% dei diritti di confine dell’intero Paese) e dei sistemi di controllo veterinario (a Genova non esiste un solo punto di controllo per vegetali congelati pur essendo i primi importatori) oltre a quello dell’aeroporto in ambito di presidio di sicurezza mostra che «c’è bisogno di dare la sveglia alla politica dei salotti romani dove tutto arriva ovattato rispetto alle necessità reali degli operatori. Bisogna ricordare alle numerose direzioni generali che il nostro Paese incassa, grazie alla portualità ligure, 10 miliardi di iva dando lavoro a oltre 130 persone nel Nord Ovest e oltre 1,5 milioni a livello nazionale».
La città e il suo porto non possono prescindere dallo sviluppo dell’aeroporto: «In questi anni è mancata la determinazione a costruire progetti condivisi con la città e con il contesto industriale e logistico circostante, mettendo a fattore comune esperienze e bisogni. Però per aprire alla collaborazione c’è bisogno di un socio industriale con un network non solo passeggeri, ma anche cargo. Esistono grandi opportunità legate ai traffici tra il continente africano e l’Europa. E poi c’è tutto il tema dell’e-commerce».
Secondo Giachero e Spediporto quale sede migliore di Genova e dei magazzini aeroportuali per sviluppare i nuovi droni Piaggio? Tenuto conto delle semplificazioni doganali della Zls?
Zls, occasione irripetibile
La ricetta per la crescita, secondo Spediporto, passa dagli investimenti in infrastrutture, ma non basta: «Il vero valore aggiunto lo portano i servizi, la manipolazione delle merci, l’assemblaggio. Manifattura ad alta tecnologia. Ecco perché è necessaria una convinta strategia regionale per lo sviluppo della Zls e delle Zone franche doganali intercluse. Su questo tema la Regione Liguria si è assunta il ruolo di leadership progettuale a capofila di uno schieramento che include anche Lombardia e Piemonte».
Giachero evoca Barcellona e la sua Zal (Zona de Actividades Logisticas) dove vengono impiegati 9 mila addetti, passata da 20 mila metri quadrati a 239 ettari e dove hanno trovato sede ben 150 aziende e in cui il pubblico fa impresa con il privato per la crescita economica.
Spediporto batte sul progetto di Green Logistic Valley all’insegna della sostenibilità (manifattura avanzata, innovazione tecnologica, inclusione sociale) con progetti innovativi come la vertical farm aeroponica (coltivazione agricola in verticale) e il vertiporto.
«Per realizzare questi progetti occorre una regia pubblica evoluta, quindi una riforma dei porti modellata sul futuro, in cui le Autorità portuali assumano un ruolo centrale e moderno e i cui presidenti siano soggetti preparati dal punto di vista manageriale più che dalla fedeltà politica. Con un quadro più definito si potrà affrontare il tema dell’autonomia finanziaria dei porti rilanciata dal presidente Marco Bucci, a cui aderiamo con forte convinzione».
Secondo Spediporto occorre favorire la nascita di modelli innovativi di reti d’impresa e consorzi, incentivandoli con semplificazioni burocratiche e sgravi fiscali vincolati a un reinvestimento sulla tutela ambientale, sulla formazione e lo sviluppo occupazionale locale.
La relazione di Spediporto: focus sui dazi Usa
Nella sua relazione il presidente Andrea Giachero analizza la situazione internazionale concentrandosi sul commercio con gli Usa: la dipendenza dell’Italia dagli Stati Uniti è evidente nei numeri con una tendenza positiva dell’export negli ultimi dieci anni. Nel 2024 oltre il 48% del valore dell’export è stato indirizzato fuori dall’Ue. Gli Usa hanno assorbito il 10% delle vendite. L’interscambio complessivo è aumentato del 60% dal 2013 (era 73,3 miliardi di dollari) e le esportazioni sono quasi raddoppiate (73,9% arrivando a 83,5 miliardi di dollari). Quelle statunitensi sono cresciute del 47% dal 2013 a oggi. I prodotti made in Italy commercializzati negli Usa sono oltre 11.500. Gli Usa sono al secondo posto tra i Paesi clienti dell’Italia.
Il rischio di spaccatura della storia alleanza atlantica però c’è, nonostante le società co-partecipate da azionisti Usa e Ue diano da lavorare a oltre 10 milioni di persone.
Inoltre questa tensione si colloca in un’economia mondiale che non mostra scatti in avanti.
Nonostante i noli siano altalenanti e si siano ridotti rispetto alla pandemia, sono comunque superiori del 79% rispetto al 2019. Tuttavia l’avvento dei dazi potrebbe far crescere nuovamente il valore alla luce del possibile aumento delle tasse sulle navi cinesi che sbarcano in Usa, ma anche per la corsa agli acquisti di prodotti Ue da parte dell’industria americana. Nel 2025 in ogni caso l’offerta di stiva aumenterà del 6% per la consegna di 220 nuove navi. Lo stato dei prezzi dipenderà anche dalla normalizzazione dei passaggi nel canale di Suez.
In Italia la domanda interna è frenata dalla decelerazione della spesa e da condizioni sfavorevoli per gli investimenti. Inoltre l’Italia soffre anche la crisi tedesca, visto che la Germania assorbe il 12% delle nostre esportazioni.
Nonostante il rinnovo di diversi contratti collettivi nazionali possa far ben sperare su una ripresa dei consumi, la zavorra della burocrazia resta una delle principali questioni da risolvere secondo Spediporto: l’Italia è al primo posto in Ue per pressione burocratica: 75,5 punti su 100. «Qui manca da sempre una vera cultura pubblica della riforma del sistema amministrativo, sbandierata da tutti, ma realizzata da nessuno».
I cambiamenti riguardano anche le società stesse: la nuova partnership Maersk Hapag-Lloyd nata dalle ceneri della 2M (Maersk e Msc) sta provocando una risistemazione delle rotte e della tempistica dei trasporti che impatta sull’operatività portuale.