Sono circa duecento in tutta la Liguria e la loro attività comprende campi vastissimi, che purtroppo diventano di grande attualità quando succedono gravi fatti di cronaca come la palma crollata in piazza Paolo da Novi a Genova con una donna morta. Sono i dottori agronomi e i dottori forestali iscritti all’albo professionale e figure altamente qualificate (è necessario essere laureati) non solo per quanto riguarda tutte le problematiche di tipo scientifico, tecnico, amministrativo, economico inerenti il comparto agro-forestale, ma anche per la tutela e l’uso compatibile dell’ambiente naturale e antropizzato.
«Il problema è che noi lavoriamo sempre in emergenza – racconta a Liguria Business Journal il forestale Carlo Vinciguerra, iscritto all’Ordine ligure – quando ci sono dei progetti ogni professionista fa la sua parte, l’ingegnere, il geologo, l’architetto e poi si accorgono solo alla fine che c’è anche il verde ed è un problema».
«Io la chiamo “pennellata di verde” – aggiunge il collega agronomo Angelo Consiglieri, consigliere dell’Ordine della Liguria – perché purtroppo capita spesso che veniamo interpellati quando ormai il progetto è già avanzato. Chiediamo più attenzione all’edilizia privata e a quella pubblica».
Un esempio raccontato da Vinciguerra? Uno studio di architetti aveva progettato una ristrutturazione di una villa in Riviera senza tenere conto delle piante, un ufficio comunale disattento aveva già concesso le autorizzazioni: pensavano di poter spostare un Pino d’Aleppo alto tredici metri che invece non avrebbe certamente retto il trasferimento.
Secondo Vinciguerra e Consiglieri il problema è culturale. Oggi per esempio a livello geologico c’è molta più attenzione a causa degli eventi catastrofici che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni. Sugli alberi, invece, non c’è ancora la giusta attenzione. Dipende molto da chi istruisce la pratica e da Comune a Comune.
L’albero: un’infrastruttura in città
«L’albero, in città, va considerato come un’infrastruttura – sottolinea Vinciguerra – occorre ponderare cosa piantare, come, dove, ma soprattutto non abbandonarlo una volta piantumato. La manutenzione è fondamentale e non parlo solo di potatura. Nei primi due anni va irrigato con regolarità, per esempio, mentre le potature devono essere effettuate con professionalità per non causare danni strutturali e fisiologici alle piante».
Invece, oggi, sono ancora tanti i Comuni che non hanno, per esempio, un censimento arboreo, che dovrebbe essere la base per ogni pianificazione come il tanto discusso piano del verde genovese. «È il primo passo per conoscere e per gestire il patrimonio verde» concordano i due professionisti.
Il censimento è poi il primo passo per individuare le situazioni criticità, per determinare il pericolo e gestire il rischio arboreo. Pericolo e rischio sono due concetti diversi: «La pericolosità è la propensione della pianta, o parti di essa, a cedere – spiega Vinciguerra – indipendentemente da dove si trovi. Il rischio arboreo, invece, è dato dal pericolo più i danni che un eventuale cedimento potrebbe fare. La valutazione del rischio prende quindi in esame la pericolosità della pianta e delle sue singole parti, l’intensità dell’impatto che l’albero potrebbe avere in caso di cedimento e, infine, il tipo di bersaglio che verrebbe colpito. In centro abitato è bene ragionare in termini di rischio arboreo. Due anni fa abbiamo fatto proprio un corso organizzato dal Comune di Genova con il nostro patrocinio a cui hanno partecipato tecnici di Aster e del Comune. Questi discorsi li hanno ben presenti e cercano di applicarli». «In Aster ci sono delle persone capaci – puntualizza Consiglieri – ma hanno 40 mila alberi da gestire e poi sulle palme è diverso capire se c’è rischio o non c’è rischio». Per esempio le palme di solito si spezzano, non si abbattono dalla zolla, quando hanno problemi.
Meno quantità, più qualità
A Genova l’altra specie arborea molto presente è quella del pino domestico. «Andavano di moda ai tempi del fascio – ricorda Consiglieri – le conifere invece andavano di moda nel dopoguerra. Ora però siamo pieni di pini domestici, sappiamo che danneggiano asfalto e sottoservizi per cui il consiglio è che quando si tolgono non vengano sostituiti con un altro della stessa specie, perché si creano i medesimi problemi».
Pianificazione, dunque, senza essere dogmatici e soprattutto occorre flessibilità in base alle possibili malattie che potrebbero diffondersi in un contesto delicato come quello urbano.
«Oggi fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce», commenta con amarezza Consiglieri, che introduce un altro aspetto su cui l’Ordine insiste parecchio e che in effetti sarebbe una vera rivoluzione a livello di mentalità: «Bisogna scardinare l’idea che se metto dieci alberi sono più bravo di chi ne mette tre. Perché occorre mettere intanto gli alberi giusti, nel posto giusto e nel modo giusto». La distanza tra gli alberi è fondamentale per vari motivi: in primis evitare la facile propagazione di malattie.
Spesso la voglia di dare la “pennellata di verde” fa compiere errori che si possono pagare sul lungo periodo.
Basta avere spirito di osservazione e un minimo di conoscenza di come diventano gli alberi nel corso degli anni. A chi scrive non è sfuggito che all’ingresso del Centro Commerciale Fiumara di Genova sono state piantate otto magnolie a poca distanza l’una dall’altra. Peccato che, conferma Consiglieri, le magnolie sono alberi con una chioma che cresce in larghezza anche di cinque metri. Le piante dovrebbero quindi essere distanziate almeno di dieci metri, in modo da eliminare l’interferenza tra le chiome ed evitare che gli alberi crescano in altezza per andare a cercare luce.
«La qualità del verde urbano non dipende dal numero – sottolinea Vinciguerra – dipende dalla qualità, dalla corretta gestione caso per caso».
Anche attorno alla nuova Esselunga di San Benigno sono stati piantati alberi, alcuni sotto l’impalcato dei collegamenti alla Sopraelevata e quindi inevitabilmente destinati a non poter crescere in altezza.
Sapere se un albero è acrotone, mesotone o basitone è fondamentale per capire come si evolverà una volta cresciuto: acrotone punta verso l’alto, come gli abeti, con i germogli apicali che si sviluppano maggiormente, mesotone si sviluppa soprattutto in larghezza attraverso i germogli mediali, come il leccio, mentre il basitone è una pianta bassa, tipo il melograno o il corbezzolo, ossia che si sviluppa soprattutto nei germogli più vicini al suolo.
Parola d’ordine: pianificazione e flessibilità
La mancanza di pianificazione mette a rischio patrimonio arboreo anche durante lavori pubblici che interferiscono con le piante: «Occorre fare un piano di protezione del verde – ricorda Consiglieri – e purtroppo spesso capitano pratiche che fanno malissimo alle piante, come per esempio l’acqua per lavare i secchi con i residui di cemento rovesciata nelle aiuole».
Fare cultura in questa direzione non è semplice perché anche nel dibattito cittadino si sono polarizzate le opinioni: quella del taglio e quella del “leghiamoci agli alberi a tutti i costi”.
Eppure l’albero è un’infrastruttura importante al pari di una strada per cinque motivi, ricorda Vinciguerra: «Produzione di ossigeno, sottrazione di Co2, cattura delle polveri sottili, regimazione delle acque e mitigazione dell’effetto bolla di calore, che è il vero evento meteo straordinario oggi. Le piante riescono a ridurre di 5-7 gradi la temperatura ed è tutta una catena perché dove è ombreggiato anche i condizionatori lavorano meno».
Occorre però attenzione a fare proclami come per esempio il milione di alberi che Milano ha annunciato di voler piantare: «L’albero è una filiera – ricorda Vinciguerra – quindi bisogna prevedere dove li vai a prendere. Abbiamo la fornitura dai vivai in grado di coprirci queste milionate di alberi? No. Bisogna pensare anche alle risorse idriche necessarie e poi capire anche che alberi piantare: devono resistere alla siccità e il piano del verde di Genova su quest’ultimo aspetto si è indirizzato correttamente».
Una professione “ricercata”
Gli agronomi e forestali hanno un ricco elenco di competenze che è anche necessaria per le commissioni locali per il paesaggio, necessaria ai Comuni per autorizzare interventi sui beni paesaggistici. La Liguria ha creato l’albo degli esperti in materia di bellezze naturali che possono diventare membri di queste commissioni a cui si sono iscritti parecchi agronomi, circa venti-venticinque. Adesso la norma che regola le commissioni locali del paesaggio in Liguria dice che chi è iscritto all’albo di turno non può essere presente in più di tre commissioni, per cui si sta scatenando la caccia all’agronomo.