Il Piano Mattei per l’Africa, progetto strategico di diplomazia, cooperazione allo sviluppo e investimento dell’Italia per rafforzare e rinnovare i legami con il continente, per la sua implementazione concreta, ha bisogno anche di un ruolo attivo delle imprese private. Lo ha dichiarato Antonio Gozzi, special advisor di Confindustria con delega all’Autonomia Strategica Europea, Piano Mattei e Competitività di Confindustra , oggi nel suo intervento al convegno in corso alla Spezia “A Bridge To Africa”, dedicato alla cooperazione economica tra Italia e Paesi nordafricani, con focus su industrializzazione, infrastrutture e logistica, transizione energetica e digitale.
«Non possiamo limitarci all’attività delle grandi controllate di Stato ma serve una presenza privata complementare, che c’è già ma non è sistemica: la vera novità è proprio questa» ha detto Gozzi, portando poi l’esperienza concreta di cooperazione con la Tunisia per la produzione e il trasporto di energia, che coinvolge 80 imprese italiane.
«I Paesi africani chiedono una vera partnership, che va sviluppata – ha puntualizzato Gozzi – non possiamo andare e fare ciò che si è fatto nei decenni precedenti, perché quel che chiedono questi i paesi e le loro imprese è di crescere assieme alle nostre».
Le premesse per sviluppare la partnership esistono. Il ministro italiano degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che la cooperazione economica tra Italia e continente africano si trova in una fase estremamente dinamica, come conferma un interscambio di 59 miliardi di euro nel 2023 che presenta ampi margini di crescita. Tramite Simest, l’Italia ha messo a diposizione delle sue imprese che investono in Africa una riserva di 200 milioni di euro, per finanziamenti agevolati con una quota di fondo perduto fino al 20%.
Letizia Pizzi, direttrice generale di Confindustria Assafrica & Mediterraneo e Mediterraneo, ha ricordato la storicità del rapporto tra le imprese italiane e il continente africano. “Si inizia finalmente a ragionare in un’ottica di sistema con le aziende che erano presenti in Africa – ha dichiarato Pizzi – ma da sole. L’Africa che emerge è un hub di imprenditorialità, un mercato regionale da 1,4 miliardi di persone, con potenzialità che dobbiamo tradurre in opportunità per le nostre imprese e, come Confindustria, stiamo lavorando a stretto contatto con la struttura di missione del Piano Mattei per cooperazione allo sviluppo, intendiamo la capacità di creare cultura ed essere motore per lo sviluppo anche dei nostri partner, che sono realtà in settori innovativi e ad alto valore. Siamo però indietro rispetto ad altri paesi concorrenti, siamo perciò all’inizio di un percorso che andrà portato avanti negli anni».
Gabriella Severi di Simest ha illustrato gli strumenti finanziari più adatti a supportare il commercio internazionale italiano in Africa: «Finanza agevolata, investimenti partecipativi e supporto credito all’export sono i principali strumenti che offriamo e che possono essere applicati anche alla realtà africana. Abbiamo però anche uno strumento ad hoc, la Nuova Misura Africa. Si tratta di un finanziamento agevolato in regime de minimis, dedicato ad imprese italiane esportatrici con un fatturato estero del 5%, presenza in africa e import/export per almeno il 2%. Si tratta di un finanziamento per 6 anni, di cui 2 di preammortamento, con il 60% di spese finanziabili per il rafforzamento dell’impresa e un massimo di 40% per spese connesse agli investimenti».
Filippo Simonelli dell’IAI – Istituto Affari Internazionali, ha descritto la presenza italiana nell’Africa contemporanea, tra iniziative nazionali e opportunità europee. «Il Nord Africa è la zona in cui l’Italia ha potuto esercitare con maggior libertà il proprio peso economico, politico attraverso progetti di cooperazione e la presenza delle proprie imprese, questa attività negli anni ha costruito una forte credibilità del nostro Paese, che ci rende interlocutori importanti per molti paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Questo nuovo Piano Mattei non nasce con questo governo, quindi, ma affonda le proprie radici in queste iniziative. Lo stanziamento di 5 miliardi di euro può costituire un boost, ma non è detto che basti di fronte ad altri competitor come Russia e Cina: resterà un’ottima iniziativa, ma andrà europeizzato per diventare sempre più efficace».
Emanuele Oddi, analista di Eurispes – Istituto di Studi Politici Economici e Sociali, ha illustrato lo stato dell’economia africana. «Il pil africano è in crescita, prevista tra il 3% e il 4%, in ribasso rispetto a quelle iniziali di quest’anno, a causa dell’epidemia di monkeypox e la crisi sudanese. Ciò non toglie che secondo la Banca Mondiale, 8 dei 10 principali Paesi in maggior crescita sono africani – ha spiegato Oddi – questo non deve farci dimenticare le criticità di alcuni Paesi, come il Niger e la sua giunta militare. Dobbiamo quindi andare oltre i numeri e i macrodati, prendendo in considerazione le congiunture: la crisi energetica e quella climatica, le tensioni e i conflitti interni ed esterni ai paesi, i cambiamenti demografici sono tutti elementi concreti che interagiscono e vanno considerati».
Andrea De Meo, analista di Sace, ha descritto il nuovo approccio dell’agenzia italiana all’Africa per stimolare opportunità di business, fornendo un quadro di sistema. «L’interscambio tra Italia e Africa nel 2024 è stato di 60 miliardi, ma i dati sono in calo, anche a causa del termine di alcune commesse. Si tratta di un quadro di eterogeneo: dall’Egitto, per esempio, ci attendiamo una crescita importante, ma ci sono anche altri paesi, come il Marocco, che presenta un tessuto produttivo ad alto valore abbastanza sviluppato. Sace in Africa aveva un’esposizione in Africa nel 2010 da 1,5 miliardi, ora siamo a 15 miliardi di euro. Quel che stiamo cercando di fare in questi anni, anche anticipando il Governo, è affiancare alla nostra attività di credito quella della push strategy, individuando una serie di controparti e metterle in relazione con le aziende italiane, con l’obiettivo di creare nuove opportunità. Vogliamo essere noi a creare nuove opportunità di business, passando da follower a leader”.