«Chiediamo un impegno a chi sarà candidato alla presidenza della Regione: la portualità deve essere al centro del programma con tutto ciò che ad essa si lega, come ad esempio, le grandi opere. Senza crescita dei porti non ci può essere sviluppo per la Liguria». La richiesta, sostenuta dai numeri, arriva da Giampaolo Botta, direttore generale Spediporto.
«Sondaggi e report degli ultimi mesi – spiega Botta – testimoniano quanto sia importante il sistema portuale ligure per l’economia regionale e italiana. E lo sanno bene anche i nostri concittadini: meno di un anno fa il sondaggio Tecnè per Primocanale aveva evidenziato come, per i liguri, il porto fosse nettamente prioritario (49%), rispetto agli altri settori economici (il turismo, ad esempio, si attestava al 22%). Senza dimenticare il ruolo di “motore occupazionale”, un aspetto della portualità ligure ancora più importante, alla luce dei dati Istat che segnalano, negli ultimi tre mesi, una battuta d’arresto per la nostra regione con gli occupati in calo del 2,3% mentre il resto del Nord Ovest ha continuato a crescere».
I numeri confermano come “quello ligure sia il sistema regionale più performante”. Infatti, leggendo i dati del 2023 e accorpandoli per regioni, la Liguria ha toccato 75 milioni 429 mila tonnellate di merce movimentata dagli scali di Genova, Savona-Vado e La Spezia; otto milioni di tonnellate in più rispetto alla Sicilia mentre, più distanziate sono Friuli Venezia Giulia, Calabria, Toscana.
«Il risultato della Liguria – osserva il direttore generale Spediporto – è frutto sì, del secondo porto italiano, ovvero Genova. Ma Savona-Vado e La Spezia movimentano anch’essi numeri importanti, rispettivamente con 15 milioni 162 mila e 12 milioni 438 mila tonnellate di merce. La nostra è una regione portuale a tutto tondo e in cui, dunque, gli argomenti che riguardano questo settore devono essere centrali anche per l’agenda politica regionale».
Botta torna anche sul tema gettito iva, lanciato proprio da Spediporto e che tanto ha fatto discutere nelle ultime settimane. Il direttore generale ha nuovamente sollecitato nei giorni scorsi, la politica invitandola a mettere a mano al processo attuativo della zls, che stimolerebbe gli investimenti e porta, a proposito di fiscalità, un interessante paragone con l’Olanda: «A Rotterdam – spiega Botta – vige il cosiddetto regime dell’articolo 23, con le aziende che, se dispongono di una licenza specifica, possono differire il pagamento dell’iva sull’importazione fino alla successiva dichiarazione periodica. Questo significa che l’iva sull’importazione viene riportata sia come debito che come credito, senza che vi sia un esborso immediato».
Queste soluzioni fiscali, unite a investimenti in infrastrutture e digitalizzazioni, hanno consentito al porto di Rotterdam, espressione di un paese come l’Olanda, che ha poco più di un terzo della popolazione dell’Italia, di portare il numero dei lavoratori a quota 360 mila, con un import di beni per oltre 450 miliardi di euro l’anno. Il porto di Genova, per fare un raffronto, importa tra i 60 e gli 80 miliardi di euro in beni, con 56 mila occupati.
«Questa importante mole di numeri – conclude Botta – evidenzia una volta di più la centralità dei porti e la necessità che la politica scommetta su questo settore come traino per l’economia regionale. Servono, però, anche agevolazioni fiscali e investimenti per non perdere terreno rispetto a quei paesi che stanno puntando forte sul settore marittimo».