Roberto Calasso, a lungo direttore e poi anche proprietario della Adelphi, casa editrice fondata da Luciano Foà, Roberto Olivetti e Roberto Bazlen, si è spento nell’estate del 2021, ma ha lasciato opere che vengono pubblicate postume.
“Opera senza nome”, edito di recente da Adelphi, è una guida a 11 testi dell’autore-editore:
La rovina di Kasch (1983)
Le nozze di Cadmo e Armonia (1991)
Ka (1996)
K. (2005)
Il rosa Tiepolo (2006)
La Folie Baudelaire (2008)
L’ardore (2010)
Il Cacciatore Celeste (2016)
L’innominabile attuale (2017)
Il libro di tutti i libri (2019)
La Tavoletta dei Destini (2020).
Ogni testo è focalizzato su un argomento specifico ma costituisce il nodo di una rete di connessioni e Opera senza nome li ripercorre tutti: “Ci sono mille buone ragioni – spiega Calasso – per non fare quello che sto facendo. E una sola per farlo: dire con la massima precisione certe cose su alcuni libri che ho scritto”.
L’idea era “che ognuno di questi libri fosse autosufficiente, leggibile come un tutto, però intrecciato con gli altri attraverso connessioni di ogni genere. Qualcosa dove ciò che separa le singole voci è molto più vasto delle voci stesse, simili a isole nella corrente di un mare illimitato”. Libri scritti senza un progetto ma che sono concatenati “più ancora di quanto sappia io stesso – e separarli è anche smembrali. Forse anche per capirlo meglio ho scritto queste pagine. I libri – e i libri sui libri – hanno una caparbia volontà propria che va oltre i loro autori”.
Ma quale è il significato di questa rete di testi? L’autore ha voluto lasciarci un messaggio? Calasso non lo dice però in Opera senza nome ci fornisce una chiave di lettura: “Ovviamente non lo sapevo mentre scrivevo ma La rovina di Kasch si sarebbe rivelata il vivaio di tutta l’opera. Non c’è tratto essenziale dei libri successivi che qui non appaia, come una nervatura talvolta appena visibile, talvolta imperiosa”.
Riandiamo quindi alla Rovina di Kasch. Una sinossi di Adelphi ci spiega: “La leggenda della rovina di Kasch narra di un regno africano dove il re veniva ucciso quando gli astri raggiungevano certe posizioni celesti. In quel regno arrivò un giorno uno straniero di nome Far-li-mas, dalla terra di là dal mare orientale. Raccontava storie inebrianti: i sacerdoti, ascoltandolo, dimenticarono di osservare il cielo. Con l’arrivo di Far-li-mas ebbe inizio la rovina dell’antico ordine di Kasch, fondato sul sacrificio. Ma anche il nuovo ordine, dove l’uccisione rituale del re era abolita, sarebbe andato presto in rovina. Rimasero soltanto le storie di Far-li-mas. In questo libro è la Storia stessa, guidata da un accorto cerimoniere, che torna a volgersi verso quelle storie. Il cerimoniere è qui Talleyrand, il più chiaroveggente e il più famigerato, il più moderno e il più arcaico fra i politici. Dando il braccio al lettore, come già lo aveva dato a tante Dame e a tanti Potenti, egli ci introduce a luoghi, voci, gesti, vicende: la Corte di Versailles e l’India dei Veda, l’abbazia di Port-Royal e i portici libertini del Palais-Royal, Maria Antonietta, Bentham, Goethe, Fénelon, Baudelaire, Marx, Chateaubriand, tre sordidi assassini, un bastardo di Luigi XV, un uomo d’armi che si ritira alla Trappa, Napoleone, Joseph de Maistre, Porfirio, Stirner, Sainte-Beuve e molte altre illustri comparse. Ciascuna di queste figure è connessa a ogni altra – e tutte ci riconducono alla stessa origine: la leggenda della rovina di Kasch, quale fu raccontata, circa settant’anni fa, da un vecchio cammelliere – e qui riaffiora in un arcipelago di storie, avvolte, nutrite, invase e cesellate dal mare del tempo”.