Probabilmente originaria dell’Africa, l’ocra, detta anche okra e gombo, è un ortaggio diffuso in gran parte del mondo, in Africa, in Asia, nel continente americano – in particolare in Brasile e negli Usa (specialmente nella cucina cajun della Louisiana) – e anche in Europa, nei Balcani. Insomma, ci sta assediando ma nella cucina italiana non è ancora entrato, forse perché il nostro paese è già così ricco di verdure o forse perché in fatto di alimentazione siamo conservatori. Oltre a chi è venuto qui dall’estero, in Italia conoscono l’ocra in pratica quasi solo gli amanti dei cibi esotici. Per ora.
L’ocra non è ancora entrata nella nostra cucina, ma inizia a essere coltivata in Sicilia, ed è comunissima nei negozi etnici, ormai numerosi nelle grandi città. A Genova, per esempio, nel centro storico e nel Ponente, dove i negozi etnici sono numerosi, magari non ce ne accorgiamo ma l’ocra è presente al pari dei pomodori e dei fagiolini. È possibile che un domani arrivi sulle nostre tavole, e diventi un ingrediente di qualche nostra ricetta, come è avvenuto con altri prodotti foresti. Pensiamo al peperoncino, al kiwi, all’avocado.
Come potrebbe integrarsi l’ocra nei nostri ricettari? Teniamo presente che questo ortaggio ha un sapore buono anche se delicato, inoltre si dice sia ricco di proprietà benefiche. È questo un argomento che non conosciamo e quindi in proposito rimandiamo ai siti specializzati, dove si assicura che l’ocra è un vero toccasana, ipocalorica, ricca di acqua, di vitamine e sali minerali, di acido folico, di fibre, che contribuisce ad abbassare il colesterolo e la quantità di zuccheri nel sangue e aiuta a ridurre i gonfiori di pancia. Ha un colore verde chiaro, consistenza duretta e soda all’esterno, gelatinosa all’interno, e, come aspetto ma non come sapore, assomiglia ai friggitelli. Questo ortaggio si può consumare sia crudo sia cotto. Se è avanti nella maturazione può presentare una leggera peluria, che si spazza via in pochi secondi con una spugnetta o un panno bagnato, poi non resta che spuntare il picciolo. Può essere gratinata in forno, bollita, cotta al vapore, nei sughi, nelle zuppe, saltata in padella intera o tagliata a rondelle.
In linea di massima come impiego si può avvicinare ai fagiolini e alle zucchine. E questa somiglianza ci fa venire in mente una facile associazione. Come è noto, la pasta al pesto – spaghetti, linguine, trenette o trofie che siano – spesso viene arricchita con fagiolini e patate. Specialmente nel Levante genovese. Una volta si usavano anche, per questa ricetta, melanzane e zucchine (vedi qui). Perché non provare con l’ocra al posto dei fagiolini?
Per la nostra ricetta se l’ocra è piccola potremmo lasciarla intera e farla bollire in acqua o rosolare in padella nell’olio d’oliva, altrimenti potremmo metterla in padella tagliata a rondelle. In questo secondo caso sarebbe divertente scegliere come pasta le rotelle, che assomigliano alle rondelle di ocra.
Ingredienti. 200 grammi della pasta che preferite, 200 grammi di ocra, sale, olio d’oliva extravergine. Per il pesto ricordiamo quanto prescrive Agriligurianet: 4 mazzi di basilico, 40 grammi di parmigiano, 20 grammi di pecorino sardo, una manciata di pinoli, due spicchi di aglio, olio extravergine d’oliva, sale grosso.
Procedimento. Per il pesto procedete come sapete, per l’ocra, spuntatela e, se scegliete la bollitura, fatela sobbollire cinque minuti in acqua leggermente salata, se preferite farla rosolare, intera o a rondelle, fatela saltare nell’olio bollente per cinque minuti e salatela. In ogni caso, quando la verdura è cotta mescolatela alla pasta insieme al pesto.
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