L’ultimo rapporto sui rifiuti urbani di Ispra evidenzia che la Liguria è la regione più cara d’Italia per quanto riguarda il costo pro-capite della spazzatura: 270,7 euro per abitante (con un calo del 4,5% rispetto al 2021). Per fare un paragone al Centro i costi maggiori sono in Toscana con 243,7 e al Sud la Campania con 214,4 euro.
Tra le varie voci di costo la Liguria è superiore alla media pro-capite per quasi la totalità (parliamo di costi di raccolta e trasporto rifiuti indifferenziati, costi di raccolta e trasporto delle frazioni differenziate, costi di spazzamento e lavaggio, costi comuni) ed è prima in Italia per il costo della raccolta e il trasporto dei rifiuti indifferenziati (Crt) con 32,6 euro per abitante. Per fare un altro paragone in Lombardia questa cifra è di 12,6 euro.
Anche il costo totale della gestione del rifiuto al kg vede la Liguria al primo posto con 50,8 centesimi al kg (+0,3 euro centesimi/kg rispetto al 2021), anche qui sempre record italiano.
A Genova si registra un costo di 56,4 euro centesimi/kg, con un quantitativo di rifiuti prodotti di 281,2 mila tonnellate, di cui 120,5 mila tonnellate raccolte in modo differenziato. Rispetto al 2021 si assiste a una leggera diminuzione di 0,2 euro centesimi/kg. La città è al terzo posto dei capoluoghi di regione dopo Venezia, che ha evidenti problemi logistici per la sua caratteristica peculiare (64,1) e Cagliari (62,9).
Per quanto riguarda i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, quelli liguri sono al terzo posto per maggior costo medio totale pro capite con 245,2 euro per abitante dopo Toscana (284,7) e Valle d’Aosta (253 euro). La Liguria sale al secondo quando si parla di comuni con popolazione residente tra 5.001 e 15.000 abitanti: Valle d’Aosta 261,2 euro, la Liguria 260,3 e Toscana 230,4 euro/abitante.
L’esame dei comuni rientranti nella classe con popolazione residente compresa tra i 15.001 e i 50.000 abitanti evidenzia i maggiori costi medi totali pro capite per Liguria e Toscana, con 271,2 euro/abitante e con 234,6 euro/abitante. Relativamente al costo su chilogrammo di rifiuto prodotto, la regione con il maggior costo è la Liguria con 51,6 euro centesimi/kg, seguita dalla Campania con 45,3 euro centesimi/kg.
Analizzando l’ultima classe di popolazione residente, ossia quella con popolazione superiore a 50.000 abitanti, il costo medio totale pro capite maggiore si ha in Liguria con 280,7 euro/abitante e in Sardegna con 270,5 euro/abitante. Il costo su chilogrammo di rifiuto prodotto risulta, invece, maggiore in Calabria e in Liguria, rispettivamente 58,4 e 54,7 euro centesimi/kg.
Produzione in calo, ma influenzata dai flussi turistici
Eppure quasi tutte le regioni italiane, Liguria compresa, hanno fatto rilevare un calo dei rifiuti prodotti: per la nostra regione il calo è dell’1% a 813.782 tonnellate (erano 832.333 nel 2018 e 822.293 nel 2021).
La Liguria ha comunque una produzione più elevata della media nazionale a livello pro-capite (494 chilogrammi per abitante) con 541,6 kg/abitante all’anno al quarto posto italiano dopo Emilia-Romagna 633,4, Valle d’Aosta 616, Toscana 589,7. Nel 2021 erano 545,5.
Occorre però tenere conto di un fatto: il dato di produzione pro-capite è calcolato in rapporto al numero degli abitanti residenti nel territorio di riferimento e non tiene, pertanto, conto della cosiddetta popolazione fluttuante (legata, ad esempio, ai flussi turistici), che può invece incidere, anche in maniera sostanziale, sul dato di produzione assoluta dei rifiuti urbani e far, pertanto, lievitare il valore di produzione pro capite.
Su scala comunale, l’insieme delle 14 municipalità con popolazione residente al di sopra di 200 mila abitanti fa rilevare, tra il 2021 e il 2022, un aumento della produzione totale dello 0,4%. Genova è in controtendenza con una riduzione del dato di produzione.
Differenziata sotto la media nazionale
Su scala regionale, la Liguria si attesta al 57,5% della percentuale di raccolta differenziata. La media nazionale è del 65,2%. L’aumento rispetto all’anno scorso è stato però di 2 punti percentuali. Per quanto riguarda il capoluogo ligure Genova ha raggiunto il 42,8%.
La raccolta differenziata pro-capite vede la Liguria sotto la media nazionale (322), anche se è tra le regioni che cresce di più rispetto al 2021 (+10 kg) con 311 kg contro 301.
A livello procapite la raccolta di frazione organica (che è quella che dovrebbe pesare di più) è tra le più basse d’Italia con 99,65 kg/abitante per anno.
Per effetto delle modifiche introdotte dal Dpcm 17 dicembre 2021, il modello unico di dichiarazione ambientale prevede che il soggetto responsabile dei sistemi integrati di raccolta differenziata urbana comunichi anche le informazioni sul numero di utenze domestiche e non domestiche servite, nonché le informazioni, in termini di incidenza percentuale, sulle modalità di raccolta adottate (porta a porta, inclusa la raccolta di tipo condominiale, di prossimità e stradale).
A partire da queste informazioni Ispra ha effettuato una prima analisi sulle tipologie di utenze servite e sulle modalità di raccolta applicate.
L’incidenza percentuale delle utenze domestiche sul totale delle utenze, ottenuta dall’elaborazione dei dati Mud su scala regionale vede in basso la Liguria, Campania e Trentino-Alto Adige (86% circa) e il maggior valore per il Lazio (91,8%) e la Sicilia (91,7%).
Ad eccezione della Liguria, le altre regioni il cui campione si caratterizza per i maggiori valori di produzione pro capite si collocano anche ai valori più alti di produzione per utenza servita. Sulla base di quanto dichiarato tramite Mud, la Liguria, come precedentemente rilevato, si caratterizza per una maggiore incidenza di utenze non domestiche rispetto alle utenze complessivamente servite e, di conseguenza, per un rapporto tra numero di abitanti per singola utenza più contenuto rispetto a quello registrato per le altre regioni.
Fuori regione tanta frazione organica
La Liguria porta fuori dal suo territorio 61.711 tonnellate di frazione organica da raccolta (ne riceve 4.453 da fuori), pari al 3,5% del totale (un dato che comunque vale il settimo posto nazionale) in calo di quasi il 18% rispetto all’anno scorso. In parte vanno in Lombardia, andando a costituire l’11,4% del totale delle 451 mila tonnellate che riceve. Ben 22 mila tonnellate vanno in Piemonte (pari al 18,1% del totale ricevuto dalla regione confinante). La fetta più grossa dei rifiuti organici liguri va dunque in Lombardia (62,8%) e in Piemonte (35,4%). Parte dell’organico della differenziata ligure finisce anche in Emilia-Romagna e Toscana.
La Liguria invece riceve qualcosina da Campania e Piemonte.
I rifiuti liguri vanno anche negli inceneritori del Nord Italia: 37 mila tonnellate in Piemonte, 5 in Lombardia e 3 in Emilia Romagna.
L’esportazione all’estero è aumentata da 24 tonnellate di rifiuti non pericolosi a 303 nel 2022. La Liguria invece importa dalla Francia soprattutto vetro da destinare a impianti di recupero.
Frazione umida, molta strada da fare
In Liguria sono presenti 5 impianti operativi legati al compostaggio e 49.900 le tonnellate autorizzate: il totale dei rifiuti trattati è però solo di 19.740 tonnellate di cui 855 di frazione umida e 16.855 di verde. In Italia invece questi impianti trattano soprattutto frazione umida (45,2%)
Tutte le unità operative sono interessate da una riduzione delle quantità avviate a compostaggio (-22,9%), con la quota dei rifiuti organici che segna un calo del 22,1%. (nella foto di apertura il contenuto di un sacchetto trovato nel bidone dell’umido a Genova).
Trattamento anaerobico/aerobico
L’unico impianto in esercizio (nel savonese) gestisce esclusivamente frazioni organiche della raccolta differenziata. Quest’anno ha ulteriormente incrementato il quantitativo gestito di circa 19 mila tonnellate (+45,6%), determinando una conseguente riduzione delle quantità gestite fuori regione (-17,7% rispetto al 2021).
Smaltimento in discarica: la Liguria riceve la spazzatura di Piemonte e Lombardia
Nel Nord Italia si registra una riduzione nelle quantità smaltite pari a -4,8%, corrispondente a circa 70 mila tonnellate. La Liguria segna un -10,7%.
C’è ancora però una cifra molto elevata di quantità di rifiuti biodegradabili che in Liguria finiscono in discarica: 116 kg/anno per abitante, ben sopra l’obiettivo fissato al 2011 da un decreto legislativo del 2003 (il n. 36). L’obiettivo al 2018 era di 81 kg/anno per abitante.
Riduzione rifiuti smaltiti in discarica
Ancora lontanissimi gli obiettivi di riduzione dei rifiuti smaltiti in discarica (la percentuale di leggee dovrebbe essere del 10% e invece è al 22,7%). I flussi maggiori sono proprio in Liguria, che accoglie nel proprio territorio un quantitativo di rifiuti urbani di circa 103 mila tonnellate, pari al 20,9% del totale. I principali flussi provengono dal Piemonte (circa 80 mila tonnellate, pari al 78,2% del totale importato in regione) e dalla Lombardia (22 mila tonnellate, pari al 21,7% del totale importato).
Ispra evidenzia che in Liguria (smaltimento pro-capite di 193 kg/abitante) vengono importate circa 103 mila tonnellate di rifiuti urbani e avviate fuori regione circa 6 mila tonnellate, il pro-capite calcolato a “bilancio” risulterebbe quindi pari a 129 kg/abitante.
Aggiornamento 2021-2026 del Piano regionale di Gestione dei rifiuti e delle bonifiche 2015
Ispra riporta anche l’aggiornamento del piano regionale di Gestione dei rifiuti, che individua le azioni prioritarie nel prossimo sessennio, affiancandosi al disegno di Legge di riordino delle competenze in materia di gestione rifiuti, che tra le altre cose prevede la creazione di un’Autorità d’ambito. Il nuovo Piano, coerente agli indirizzi europei e nazionali, ha un approccio improntato sull’economia circolare.
Il documento di piano è articolato in 3 sezioni principali (Rifiuti urbani, Rifiuti speciali e Bonifiche) con i rispettivi allegati e comprende anche specifiche norme di attuazione e criteri di localizzazione degli impianti. È accompagnato da uno specifico Piano di Monitoraggio.
Per quanto riguarda i rifiuti urbani l’obiettivo prioritario resta la riduzione, con un obiettivo minimo di scendere di un altro 4%, dopo il 12% di riduzione dal 2012 al 2020, con conseguente ulteriore potenziamento del Programma regionale di prevenzione, seguito dall’obiettivo di recuperare quanti più rifiuti possibile, a valle di una raccolta differenziata da incrementare ancora significativamente, arrivando almeno al 67% regionale al 2026.
Viene sostanzialmente confermato l’assetto impiantistico già prefigurato dal previgente Piano 2015 e dal Piano d’Ambito 2018, incentrato principalmente su 1 TMB per l’indifferenziato ed 1 biodigestore per l’organico da differenziata per provincia, con discariche di servizio in ogni provincia tranne quella della Spezia, che potrà fino al 2028 conferire scarti non altrimenti valorizzabili presso la discarica genovese. Previsto un ulteriore ampliamento della discarica savonese.
È prevista la realizzazione di un impianto di riciclo chimico, adatto a valorizzare circa 160.000 t di rifiuti in uscita dai TMB, attualmente destinati in discarica, in grado di produrre idrogeno e metanolo riutilizzabili localmente in distretti verdi, o, in subordine, con un impianto di valorizzazione energetica.
Il piano definisce i criteri localizzativi escludenti, penalizzanti e preferenziali, con criteri integrativi specifici per l’impianto di chiusura del ciclo, sulla cui base le Province individuano zone non idonee e zone idonee entro le quali individuare poi puntualmente il sito.
Per quanto riguarda i rifiuti speciali il nuovo Piano prevede azioni in particolare in tema di rifiuti inerti, tra cui quelli da costruzione e demolizione e terre e rocce da scavo, oltre a percorsi per trovare soluzioni locali per flussi di rifiuti prioritari quali fanghi da depurazione e rifiuti sanitari, oltre che una particolare attenzione ai rifiuti pericolosi, tra cui quelli contenenti amianto.
L’aggiornamento del Piano riguarda infine anche la bonifica dei siti contaminati, su cui, è stato riaggiornato il quadro del fabbisogno finanziario. Sono state integrate ulteriori azioni in tema di qualità dei suoli e delle acque sotterranee e alla semplificazione dei procedimenti amministrativi per la bonifica dei siti contaminati.