La Liguria ha risposto nel modo più forte, in Italia, alla crisi generata dal Covid, e nel 2021 e 2022 ha confermato una crescita maggiore rispetto al territorio nazionale. Gli imprenditori liguri hanno investito nonostante le difficoltà e le incertezze, e per crescere ancora dovranno continuare a farlo. E poiché lo scenario globale nel futuro prevedibile resterà incerto dovranno affidarsi più che all’analisi delle serie storiche all’individuazione delle tendenze, alle informazioni e al proprio intuito. Così Eugenio Puddu, partner Deloitte e responsabile del progetto Why Liguria, riassume le indicazioni emerse dal convegno del 12 dicembre scorso “Investire in contesti di incertezza”.
Il progetto Why Liguria era stato avviato da Deloitte nel 2015 per approfondire la conoscenza del territorio ligure, che si percepiva come territorio con grandi potenzialità ma non narrato e da allora ha prodotto una serie di studi, pubblicazioni e convegni volti ad approfondire argomenti di attualità, elementi caratterizzanti, spunti e riflessioni. Ieri, a Palazzo della Borsa, la realtà ligure è stata proiettata sullo scenario globale.
«Investire in tempi di incertezza – ha detto Puddu – è il grande dilemma che si pone a tutti. Anche in Liguria. È in questi momenti che emerge l’anima dell’imprenditore, del manager vero. Come si è sempre studiato sui libri di scuola, c’è il rischio d’impresa. Si tratta di trovare la giusta remunerazione per l’accettazione di questo rischio. Però il rischio non si affronta con occhi bendati, può essere calcolato. Bisogna investire, è chiaro. La storia insegna che chi investe, nel medio termine consolida e sopravvive. Ma bisogna sapere scegliere in quale direzione andare. Ci vuole intuito imprenditoriale, ci vogliono informazioni – Einaudi diceva: conoscere per deliberare – ma dove raccogliere queste informazioni, quali serie storiche abbiamo? In realtà in un contesto come questo le serie storiche non sono più valide, sono gli indicatori di tendenza che devono essere analizzati e interpretati. Se sapremo farlo, gli effetti saranno convergenti verso il consolidamento e la crescita. Questo vale anche e soprattutto per il territorio ligure: dall’analisi condotta da Deloitte nell’ambito dell’Osservatorio la Liguria emerge come territorio che ha risposto con la reazione più forte alla ripresa post Covid e anche il 2021 e il 2022 si confermano con una crescita maggiore rispetto al territorio nazionale. Però è una crescita che avviene in determinati settori, anche storici del terziario, che si stanno evolvendo. Quindi va bene investire in settori storici come lo shipping, o come la manifattura, che in Liguria è ben presente, e in altri, ma bisogna saperli valorizzare con modalità diverse, informate ai nuovi sistemi di comunicazione, ai nuovi sistemi di trasferimento dei dati. Quindi la risposta al dilemma se investire in tempi di incertezza è: sì, facciamo investimenti ma facciamoli mirati».
È stato Francesco Iannamorelli, partner Deloitte Financial Advisory, a presentare i risultati dell’Osservatorio Deloitte. «Dall’analisi dei periodi di maggiore incertezza degli ultimi 20 anni – ha precisato Iannamorelli – è emerso come la Liguria abbia fatto registrare la migliore ripresa in termini di pil dopo l’emergenza Covid: nonostante l’impatto fortemente negativo del 2020, superiore sia rispetto al Nord-Ovest, sia rispetto alla media nazionale, la regione nel corso del 2021 ha fatto registrare una significativa ripresa, che ha dato luogo a un delta positivo (+14,6%) più ampio rispetto al Nord-Ovest e all’Italia (entrambi delta pari a 12,7%). A ciò si aggiunge l’ottima ripresa in termini di movimenti portuali e, in particolare, di teu: la ripresa post-Covid del porto di Genova è stata più marcata (+8,7%) rispetto sia alla media nazionale (6,3%) sia ad altri porti europei, quali Amburgo (+2,4%) e Rotterdam (+6,6%). Andando più indietro nel tempo, vediamo che le imprese operanti nel settore dei trasporti sono quelle che storicamente hanno investito di più in Liguria e, anche se nei periodi di incertezza gli investimenti si sono ridotti, questo non ha inficiato l’ottima performance in termini di efficienza rispetto alla media del Nord-Ovest. In combinazione con l’indice di competitività regionale, in termini di efficienza tecnica, la Liguria presenta una performance migliore rispetto al Nord-Ovest nel trasporto e magazzinaggio e nell’Energetico, mentre nel manifatturiero ha un indice di efficienza di pari valore».
Nel complesso, aggiunge Iannamorelli, «la Liguria è apparsa dotata di ottima capacità di reazione successivamente ai periodi di crisi degli ultimi 20 anni: seppure il pil pro-capite sia stato inferiore rispetto alla media nazionale e al Nord-Ovest, la Liguria è la regione che ha reagito meglio all’emergenza Covid. Inoltre, all’eccellenza nel settore dei trasporti, in termini di efficienza tecnica, rispetto al Nord Italia, si accompagna l’eccellenza a livello europeo del porto di Genova. Per migliorare ulteriormente il livello di efficienza tecnica rispetto altre regioni del Nord gli strumenti potrebbero essere lo sfruttamento dei margini di incremento del ricorso al credito bancario e l’efficientamento degli investimenti».
Secondo Vittorio Doria Lamba, ceo di Alifood, «le imprese, soprattutto quelle impegnate su un palcoscenico internazionale, saranno obbligate ad adottare strategie diverse sia in tema di variazione della catena di approvigionamento sia nella gestione dei piani produttivi e delle conseguenti strategie di commercializzazione, ponendo grande attenzione al contesto economico globale, alle fluttuazioni valutarie e agli incrementi dei costi primari quali quelli dell’energia e delle materie prime». Sono quindi necessarie «previsioni complesse e talvolta incerte e limitate».
Per fare fronte a questa esigenza, Doria Lamba ha indicato una soluzione effettuale: «Creare all’interno dell’impresa, o delegare a specialisti esterni, una funzione specifica per monitorare gli eventi su scala globale e per predisporre strumenti appropriati per gestire le conseguenze di crisi di ampia portata. È necessario includere l’ampia categoria dei grandi rischi globali nel tavolo dell’organizzazione e delle decisioni del vertice di un’impresa, una funzione dedicata a prevedere l’avvento delle crisi e preparare le risposte più opportune. Tutto questo significa diventare capaci di trattare con consapevolezza il sistema dei rischi e delle opportunità. La geopolitica è uno strumento potente e per utilizzarlo nelle imprese sono necessari coraggio per aprirsi al cambiamento e alla creatività per immaginare come sfruttare questi eventi rispetto al proprio business. Meglio dunque sviluppare consapevolezza e conoscenze e prepararsi ad affrontare molto bene l’imprevisto. L’alternativa sarà di subirlo senza difesa e a costi che poterebbero essere molto salati».
I rischi in ogni caso ci sono: attraversiamo un periodo segnato da guerre, crisi politiche e tensioni sociali, assicurare i crediti è più che mai fondamentale per garantire la redditività aziendale. Lo ha spiegato Ernesto De Martinis, ceo di Coface Italy & Greece and Head of Strategy Mediterranean & Africa Region. Il gruppo Coface, uno dei leader dell’assicurazione dei crediti, conta 4.721 dipendenti e ha una presenza, diretta o indiretta, in 100 paesi e assicura la copertura del rischio in oltre 200 paesi. Secondo Coface è in corso un rallentamento dell’economia in Usa e Europa, la Cina si sviluppa sotto le attese e il contributo alla crescita mondiale arriva in prevalenza dai paesi emergenti. Lo scenario globale presenta rischi politici sotto vari aspetti: populismo, protezionismo, tensioni sociali, conflitti, terrorismo, mentre i costi crescenti dell’energia, degli alimentari e dei beni di prima necessità peggiorano le condizioni di vita e generano nuove tensioni, e i rischi di sicurezza coinvolgono attori sia statali sia non statali (terroristi, separatisti, ecc…, si avviano nuovi conflitti e si intensificano quelli esistenti).
Gli eventi si susseguono, lo scenario è mutevole e bisogna farvi fronte. Sul tema si è svolta la tavola rotonda moderata da Antonio Solinas, partner Deloitte, responsabile della service line Corporate Finance Advisory, con la partecipazione di Paolo Emilio Signorini, ad e direttore generale di Iren, e Giovanni Mondini, presidente di Confindustria Liguria e vicepresidente di Erg. «In mare – ha detto Solinas – il pessimista si lamenta del vento, l’ottimista spera che il vento migliori, il realista adegua le vele». Per aggiustare le vele, è emerso dalla tavola rotonda, occorrono competenza, capacità di cooperare e semplificazione burocratica.
«Non si possono assumere decisioni rilevanti – ha affermato Signorini – in base a sensazioni e contingenze, occorre la competenza, occorre la conoscenza dei tanti requisiti necessari, ad esempio, per affrontare una sfida come quella della nuova diga. Tutti questi requisiti devono preesistere. Quindi, grande competenza ed esperienza». Non basta, però, «Si può essere competenti, esperti ma per fare la differenza ci vuole la capacità di costruire coalizioni, saper trovare intese, individuare punti critici e rischi, attivare una filiera politica, amministrativa, tecnica. Ci vogliono tanta socializzazione e condivisione».
Anche per Mondini la competenza è fondamentale: «È indispensabile per programmare e pianificare». Nonostante le incertezze: «Questo periodo ormai dura da quattro, cinque anni, quindi dobbiamo smetterla di parlare di emergenze, il mondo ormai è questo, dobbiamo scrollarci di dosso i timori e gestire le situazioni. Neppure il rialzo dei tassi può essere considerato un freno: guardiamo all’America dove il rialzo dei tassi c’è da ben prima che da noi e stanno investendo tantissimo. Secondo me è più importante l’aspetto regolatorio. Mettiamo regole più flessibili nel paese e gli investimenti inizieranno a correre».
La transizione ecologica e la digitalizzazione, ha aggiunto il presidente di Confindustria Liguria, «Costituiscono opportunità che possono cogliere le grandi imprese, in grado di fare investimenti rilevanti. Anche per le pmi transizione e digitalizzazione sono grandissime opportunità ma nel loro caso mancano le forze finanziarie interne ed è difficoltoso ricorrere ai mercati dei capitali. Bisogna dare loro una mano, che non vuol dire assolutamente incentivi pubblici ma fare discorsi di filiera. E se queste imprese avessero un po’ meno lacci e lacciuoli dal punto di vista burocratico e spendessero meno per ottemperare a normative antiquate che non portano nessun beneficio potrebbero fare questo passo decisivo verso le transizioni» .
La transizione anche ecologica è stato il tema della tavola rotonda moderata da Francesca Tognetti, coordinatrice del progetto Why Liguria e responsabile Nord Ovest Deloitte Sustainability, con la partecipazione di Agata Gualco, presidente di Confindustria Gruppo Giovani Savona e consigliere delegato di Adr-Aziende Dolciarie Riunite e di Attilio Traverso, presidente di Agras Investment. La transizione va perseguita ma, ha sottolineato Traverso «Con buon senso, non si può essere di colpo soltanto green».
«La sostenibilità – ha affermato Gualco – in un’azienda come la nostra va insieme alla qualità sempre più alta. E funziona se l’imprenditore ci crede».
«Siamo partiti in questa analisi dalle incertezze – ha concluso Federico Tarallo, partner di Deloitte – che vanno individuate e messe a fuoco ma sapendo che sono connaturate al mondo delle imprese. Come affrontarle? Abbiamo visto che bisogna investire. Come cinque anni fa, come sempre. E per investire lo strumento finanziario è indispensabile ma occorre una visione. La visione, il sogno di un progetto da realizzare sono alla base di tutte le attività imprenditoriali, anche per noi di Deloitte».