«Nessuno è in grado di controllare i noli marittimi. Spesso gli armatori ordinano navi solo su supposizioni. Prima della crisi del 2008 si ipotizzava una crescita dell’economia mondiale anche del 12%, tradotto nel nostro settore: più ordini di navi, ma a luglio 2009 Hapag Lloyd era tecnicamente fallita se non fosse intervenuto il governo Merkel, invece oggi su Genova siamo passati dalle 130 persone del 2005 ai 500 dipendenti di oggi». Paolo Pessina, presidente di Assagenti, in chiusura del convegno organizzato dal suo Gruppo Giovani durante la Genoa Shipping Week sui noli marittimi, ha fatto un esempio concreto di come le previsioni, soprattutto nello shipping, non contino nulla.
Gli armatori, secondo Pessina, non fanno cartelli, ma subiscono le decisioni della merce con le crisi geopolitiche che non la condizionano più di tanto perché essa si riposiziona immediatamente com’era accaduto a Genova a soli 15 giorni dal crollo del Ponte Morandi.
Certo è che l’andamento record dei noli degli ultimi anni è stato principalmente influenzato dal Covid e da una concatenazione di elementi. Oggi i prezzi stanno rientrando a livelli più stabili, ma ogni settore ha delle proprie dinamiche.
Per quanto riguarda le rinfuse solide Eugenio De Paolis, shipbroker e ceo di Bulk Mare, spiega: «I noli sono in stato appartentemente di calma, non di calma piatta. Il mercato può variare ogni momento. Noi abbiamo avuto un boom dei noli di carico secco nel 2021, il Baltic exchange dry index generale di tutte le bulk carrier è passato dai 965 punti del 2017 ai 3171 del 2021, il triplo. Nel 2022 e 2023 la flessione. Attualmente a luglio 2023 il Bdi era 1000 punti, ad agosto 1158, a fine settembre a 1736. Occorre però tenere conto che settembre è un mese difficile da interpretare, in cui vengono rivisti i prezziari che si confermano a ottobre, se commercio internazionale lo permette». Per De Paolis, essendo in un momento di mercato alto, un aumento percentuale del 30% in pochi mesi sarebbe in realtà paragonabile a un +12%: «Settembre è la stagione dei grani, gli armamenti iniziano ad alzare i noli per coprire variazioni meteorologiche che dovranno affrontare».
Ennio Palmesino, esperto di carichi liquidi, ha dato la notizia del giorno sul fatto che quest’anno la produzione (e quindi i consumi) chiuderanno al livello record di 102 milioni di barili al giorno. Il 30% del traffico marittimo mondiale si basa sul petrolio, «se poi sommiamo bulk carrier e tanker vediamo che la maggior parte della flotta mondiale si occupa di rinfuse. Non di contenitori. Sono merci più povere ma come volumi interessanti». I noli delle petroliere hanno risentito solo in parte del tracollo del 2020: era interveuto il noleggio delle navi a tempo per stoccarlo a poco prezzo. Una pratica che ha salvato il mercato anche nel momento più buio. «Con la guerra Russia-Ucraina si sono tutti buttati a cercare petrolio altrove, allungando il viaggio medio e aumentando l’impiego della nave che quindi “sparisce” dal mercato. Sono saliti i noli anche delle navi che portano prodotti raffinati».
Nelle petroliere il nolo più alto è quello delle Aframax (80-100 mila tonnellate), una grandezza media rispetto alle navi più grandi: «Questo è un fatto senza precedenti − dichiara Palmesino − è la nave preferita per trasportare il greggio russo nel Baltico». Stesso trend anche per il trasporto dei raffinati.
Il futuro? «La domanda di energia sta aumentando, mentre l’offerta diminuisce e il prezzo sale. Sta succedendo anche col prezzo del petrolio anche se è una merce che dovevamo abbandonare. Prepariamoci a sborsare cifre importanti».
Gianluca Croce, deputy general manager dell’Agenzia Marittima Le Navi si occupa di contenitori: «Dopo il picco del 2020-2021 in Italia siamo tornati simili alla dinamica mondiale e oggi i livelli nolo sono al pre-Covid. Possiamo confermare che questo trend vale anche per Genova. Agenti e spedizionieri influiscono nella domanda, dobbiamo puntare sul customer service. Il futuro? Ancora prezzi in discesa e poi stabilizzazione».
L’offerta di stiva per il trasporto container è aumentata: dal 2002 siamo arrivati a +400% di navi con ipotesi di 6700 navi attive con capacità complessiva di 27,8 milioni di teu. Di fronte alla crescita stiva uno si dovrebbe aspettare una discesa dei noli, invece il Covid, la mancanza di contenitori, il congestionamento dei porti in Far East, il blocco di Suez e la guerra in Ucraina hanno creato l’impennata.
Matteo Fortuna, director di Bbc chartering Genoa, è specializzato sul project cargo: «I trasporti eccezionali non vengono più a Genova per i lavori e i limiti sulle autostrade. Su turbine e generatori abbiamo grosse difficoltà da sempre, ma è più preoccupante la crisi delle aziende dei dintorni; i problemi autostradali creano comunque problemi anche al container. Abbiamo perso dal 20 al 30% delle chiamate a Genova. Dal crollo del ponte sono quasi dimezzate. Il project è una nicchia nei trasporti marittimi, ma siamo legati all’oil & gas e al green, soprattutto all’eolico che sta avendo un aumento della produzione enorme, tanto che il timore delle aziende è che non ci sia naviglio per trasportare le pale, per cui stanno costruendo le navi le aziende stesse». Fortuna riassume gli ultimi due anni considerati un’eccezionalità: «Tra il 30 e 40% del nostro naviglio era impegnato in trade container perché non c’erano disponibilità».
Nel pre-Covid il prezzo delle navi project cargo era attorno ai 7500-8000 dollari al giorno, neanche conveniente per gli armatori, ora è a circa 12.500: «Avevamo avuto picchi di 30 mila dollari, mai visti prima. Fare previsioni oggi è difficilissimo, navigheremo a vista».
Anche gli armatori navigano a vista. Stefano Messina, presidente di Assarmatori, dice: «Ho fatto fare a un collega un piccolo grafico per vedere la differenza della volatilità dello shipping rispetto ai mercati finanziari, alle valute, allo spread. Ci sono medie che vanno anche oltre 10 volte tanto la volatilità. Nel settore dello shipping è la normalità. Dipende dalla lunghezza dei cicli. È difficile individuare le risorse finanziarie per fare gli investimenti. C’è una componente di costi fissi, per la linea, di ammortamenti e poi una variabile di prezzi imprevedibile. Sembra speculativo, ma è ordinary course of business. Ci siamo abituati a ogni sconvolgimento, chi entra nello shipping non deve sorprendersi. Spaventa chi non ha risorse finanziarie. Per operare nello shipping ci vogliono tanti soldi».
«Il rischio è la parola chiave − sostiene Alessandro Santi, presidente di Federagenti − la professione è cambiata, ci definiamo camaleonti del mare. Siamo l’anello di congiunzione tra terra e mare».
Augusto Cosulich, presidente e ceo di Fratelli Cosulich Group, agente Cosco per l’Italia, sostiene: «L’agente marittimo deve fare partnership, deve cacciare fuori i soldi. Non siamo l’agente vecchio stile che guadagna sulle commissioni. Noi siamo partner».