L’assessore regionale alla Sanità Angelo Gratarola interviene sulle polemiche relative al nuovo piano socio sanitario regionale che prevederebbe la chiusura di due punti nascita, uno nel savonese e uno nel genovese. A rischio sarebbero l’ospedale San Paolo di Savona e l’ospedale di Villa Scassi di Sampierdarena.
La Regione fa sapere che il piano socio sanitario deve ancora passare all’approvazione della giunta e quindi alla discussione del consiglio regionale, previa trattazione nella commissione competente. «Come spesso accade − commenta Gratarola − si vuole raccontare la trama del libro e il suo finale avendo letto solo il titolo e l’incipit. La bozza del piano si muove tra due pilastri normativi nazionali: da un lato il Decreto Ministeriale 77, ovvero la cornice entro la quale si riorganizza il territorio; dall’altro il Decreto Ministeriale 70 (DM70) del 2015 che stabilisce il numero delle strutture possibili su una specifica area ospedaliera. A questo proposito, per ciò che attiene al mantenimento dei punti nascita, il DM70 orienta a circa 1.000 parti la soglia ottimale per ciascuno e comunque non meno di 500. Risulta così facilmente intuibile che, con poco più di 3.000 parti annuali, cinque punti nascita per la città di Genova sono davvero oltre la soglia; da questa distribuzione va tenuto fuori l’ospedale pediatrico Gaslini ritenuto punto di interesse regionale e sovraregionale per gravidanze in cui è presente una patologia fetale».
Alle logiche imposte dal ministero, si legge nella nota di Regione Liguria, devono necessariamente seguire scelte territoriali. «In linea teorica e solo su base geografica la prima stesura del piano socio sanitario, ancora oggetto del confronto politico − aggiunge Gratarola − indica a proposito di Genova nell’ospedale Evangelico di Voltri la struttura deputata alla copertura dell’estremo ponente cittadino, sono però al vaglio altri elementi per definirne l’assetto finale. Un analogo ragionamento vale per l’area di Ponente tra le province di Imperia e Savona per la quale l’assessorato, in una logica di area vasta, sta studiando la strategia possibile per mantenere 3 punti nascita, due dei quali nel territorio della Asl 2».
Pur confermando nel piano la presenza di un punto nascite all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, è in corso una verifica per poter mantenere anche il punto nascite all’ospedale San Paolo di Savona e, verso levante, una conseguente localizzazione dell’ulteriore punto nascite all’ospedale Evangelico o in alternativa all’ospedale Villa Scassi. Il futuro piano socio sanitario regionale dovrà però fare i conti con una difficoltà oggettiva, diche Gratarola: “È corretto ricordare che su tutta questa vicenda grava il problema della carenza di ginecologi su tutto il territorio nazionale e regionale, elemento determinante per la tenuta del sistema nel suo complesso”.
Il consigliere regionale della Lista Sansa, Selena Candia, commenta: “Nello specifico della riorganizzazione dei punti nascita all’interno del nuovo piano, dall’ospedale Galliera nel centro di Genova e fino al Santa Corona di Pietra Ligure, entroterra compreso, l’unico punto nascita rimarrebbe quello dell’Evangelico di Voltri. Una penalizzazione incomprensibile per un territorio densamente popolato e che include anche un Comune capoluogo intero come Savona”. Per Candia il piano dei punti nascita sarebbe lacunoso anche dal punti di vista della qualità dell’offerta dei singoli punti. «Se deve essere messa a punto una riorganizzazione delle strutture, almeno che si valutino gli aspetti fondamentali dell’offerta di ciascun punto – osserva Candia – oggi viviamo il paradosso di punti nascita dove non è presente la terapia intensiva per il bambino e altri dove invece non c’è quella per le madri, costringendo, in casi di necessità, il neonato o la mamma ad un trasferimento in un altro ospedale. Come si può pensare di chiudere altri punti senza rendere autonomi tutti gli altri?».
Per il consigliere regionale Roberto Centi (Lista Sansa), alla base della sbagliata impostazione del nuovo piano socio-sanitario ci sarebbe il fenomeno della centralizzazione. «Dalla bozza emersa si può percepire quel ricorso alla centralizzazione che ad esempio è già realtà nella città di Genova – spiega Centi −. Penso ad esempio alla “cannibalizzazione” degli ospedali genovesi in favore del San Martino che ormai da tempo è stato scelto per concorsi ad hoc, accentramento di professionalità e di fondi».
Sulla possibile chiusura del punto nascite dell’ospedale di Savona interviene anche il consigliere regionale del Pd Roberto Arboscello. «La decisione di privare l’ospedale del capoluogo del suo reparto di maternità è inaccettabile e ingiustificata, un altro duro colpo al diritto alla salute dei savonesi. Per questo ho deciso di mobilitarmi in prima persona, insieme al Partito democratico di Savona, coinvolgendo anche le parti sociali, i sindacati e le istituzioni locali per una mobilitazione immediata contro questa decisione, attraverso una raccolta firme e alcune iniziative che saranno annunciate nei prossimi giorni».
«La giunta ancora una volta sceglie di “condividere” documenti di primaria importanza, come il piano sociosanitario regionale, non passando prima dal confronto politico nelle sedi opportune, ma via media − sottolinea il capogruppo regionale del M5S Fabio Tosi −, con un’operazione pasticciata e poco credibile nonostante la precipitosa nota tesa a “puntualizzare”».