La Spezia, Savona e Genova si sono lasciate alle spalle la crisi causata dal Covid e nel 2021 hanno superato il valore aggiunto prodotto nel 2019.
È quanto emerge dall’analisi realizzata dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore aggiunto provinciale del 2021 e i confronti con il 2019, che è una delle tradizionali attività di misurazione dell’economia dei territori realizzata dal sistema camerale.
A livello nazionale solo 22 province su 107 hanno registrato un miglioramento. In Liguria l’unico dato negativo è quello di Imperia, con una perdita contenuta dello 0,37%. Il risultato migliore tra le liguri è quello della Spezia che con un +0,78% si posiziona al quindicesimo posto in assoluto nella classifica nazionale. Diciassettesima Savona (+0,44%) e diciannovesima Genova (+0,36%).
L’industria manifatturiera cresce dell’1,9% tra il 2021 e il 2019. La ripartenza è sostenuta soprattutto dal Nord Ovest (+2,7%): La Spezia (+16,1%), Genova (+12,4%) sono in testa alla classifica nazionale per crescita del valore aggiunto prodotto dal settore.
Manca l’obiettivo del recupero dei livelli pre-pandemia il settore dei servizi, che perde il 2,9% di valore aggiunto tra il 2021 e il 2019. A rallentare il passo è la difficoltà di ripresa del turismo che è ancora sotto di un quarto rispetto al periodo pre-Covid.
Nel confronto tra il 2021 e il 2019, sono i territori caratterizzati da una modesta dimensione imprenditoriale per numero di addetti a essersi avvicinati di più al valore aggiunto pre- Covid (-0,6%), rispetto a quelli dove le imprese sono mediamente più grandi (- 1,6%). Proprio questi ultimi sono infatti stati i più colpiti dalla crisi pandemica nel 2020 (-7,6% contro il -6,0% delle province con imprese mediamente più piccole). E il forte rimbalzo del 2021 delle province con una dimensione di impresa più grande (+6,5% rispetto al 2020 contro il 5,7% delle altre), non è riuscito ancora a compensare le gravi perdite subite.
«Il Covid ha rimescolato la geografia produttiva del Paese. Registriamo, infatti, la crisi della tradizionale direttrice adriatica dello sviluppo e il rilancio di quella tirrenica, una differenziazione dei fenomeni di crescita nel Mezzogiorno, difficoltà di diverse aree del Triveneto e il rafforzamento delle performances della provincia rispetto a quelle dei grandi centri metropolitani − sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete −. Se le province a maggiore densità industriale hanno dimostrato una maggiore resistenza rispetto alle altre, resta comunque il dato che questo dinamismo non è bastato a riportare in maniera territorialmente diffusa i livelli precedenti alla pandemia».