Una situazione ormai insostenibile quella dei pescatori locali alla Piccola di Multedo. Lo denuncia Daniela Borriello, responsabile di Coldiretti Impresa Pesca Liguria.
«Dopo anni di segnalazioni inascoltate la situazione è arrivata a un livello davvero insostenibile. È necessario trovare delle soluzioni prima che succeda qualcosa di grave, perché oltre agli ammanchi economici, già di per sé ingenti, i pescatori si trovano quotidianamente in situazioni di concreto pericolo per la propria salute e la propria incolumità personale e lavorativa. L’assoluto silenzio mostrato dalle istituzioni a fronte delle continue denunce da parte dei pescatori della zona è inaccettabile».
In origine questi sono sempre stati in via Cibrario, a Sestri Ponente, ma dal 1984, a seguito della realizzazione della Marina di Sestri, la loro ubicazione è stata però temporaneamente spostata a Multedo, sulla base di un accordo stipulato con l’Autorità Portuale, in base al quale era stata prevista una successiva e definitiva ricollocazione delle loro attività in altro luogo. A partire da quella data, i pescatori non si sono mai spostati dalla Piccola, mantenendo le proprie attività in condizioni comunque precarie, fino al 2018, quando, con il decreto Genova (Dl 2018/109), sono iniziati i lavori per il ribaltamento della Fincantieri, rendendo necessaria la loro ricollocazione. Dopo anni di ricerche, è stata finalmente individuata l’area limitrofa all’isola ecologica presente a Pra’ e, successivamente, è stato preparato il progetto per lo spostamento, la cui fine era prevista nel 2021. Nel 2020, intanto, sono iniziati i lavori di Fincantieri, ma di quelli relativi all’area destinata ai pescatori non si è, ad oggi, ancora saputo nulla: benché si parli di fine 2023, di certezze, purtroppo, ce ne sono ben poche.
«Lì dove sono ora – sottolinea Borriello – i pescatori si ritrovano letteralmente schiacciati dalle attività del cantiere, che sono pericolose sia per l’incolumità delle imbarcazioni che, soprattutto, per la salute pubblica».
Il presidente di Coldiretti Genova, Luca Dalpian, e il direttore di Coldiretti Genova, Paolo Campocci fanno sapere che i pescatori hanno segnalato a più riprese la situazione e i numerosi episodi in cui si sono trovati coinvolti. Strutture pericolanti, operai che lavorano e spostano materiali probabilmente pericolosi all’interno del cantiere di Fincantieri bardati con tute di protezione senza che ai pescatori venga, invece, neppure segnalato se accanto a loro si stiano trattando sostanze nocive o in qualche modo contaminanti per loro e per il pescato, polveri di cantiere, non di rado sollevate dal vento, della dubbia natura. E non solo: le imbarcazioni sono attraccate alla foce di due rivi e una fogna canalizzate, ma non sussistono purtroppo tutele per nessuno in caso di alluvione. «Ogni giorno il lavoro e la salute dei pescatori vengono messi a rischio dal cantiere. Oltre al limbo in cui ancora latitano le notizie relative ai tempi di realizzazione e spostamento delle attività nell’area di Prà presa in concessione dal Comune, la quale eviterebbe loro sia i pericoli quotidiani che si ritrovano a fronteggiare che il regolare pagamento ad Autorità Portuale delle concessioni per il posto dove sono».
«Oggi siamo qui per denunciare – dice Borriello – sia il mancato ascolto perpetrato negli anni da parte delle istituzioni sia i numerosi pericoli per la salute e la sicurezza dei pescatori coinvolti e delle loro attrezzature. Tutte le segnalazioni fatte finora dai pescatori alle autorità e agli enti competenti, in primis Autorità Portuale, regolarmente inviate via email e corredate di prove video e fotografiche, non hanno ricevuto alcuna risposta: domani, però, dopo numerosi solleciti, avrà luogo una tanto attesa riunione del Pris. In quella sede, ci auguriamo che il comitato vada almeno incontro alle richieste di indennizzi mosse negli anni dai pescatori, per coprire quantomeno la diminuzione del fatturato, i danni subiti e il mancato potenziale sviluppo delle attività causate dal cantiere. In caso di risposte negative, ci si dovrà attivare diversamente. Il grido di allarme dei lavoratori c’è ed è concreto: arrivati a questo punto servono quantomeno delle garanzie per dar loro fiducia nel futuro che li aspetta. E che, si spera, sia migliore del passato e di questo presente».