«Il caso diga rischia di provocare un’onda d’urto devastante, con effetti drammatici sulla credibilità del sistema Italia». A dirlo è il presidente di Ance Liguria, Emanuele Ferraloro, a proposito della rinuncia delle due cordate di imprese che avrebbero dovuto partecipare alla gara per la diga del porto di Genova (consorzio WeBuild-Fincantieri-Fincosit-Sidra e consorzio Eteria Gavio-Caltagirone, Rcm e Acciona).
Il presidente nazionale Ance, Federica Brancaccio, e il presidente dell’associazione genovese, Giulio Musso, nella recente assemblea di Assagenti, avevano formalmente e pubblicamente invitato l’Autorità di sistema portuale a fermarsi “prima che fosse troppo tardi e a valutare con attenzione il progetto della diga, a rischio tecnicamente, finanziariamente e operativamente”.
«Al di là dell’effetto devastante sulla credibilità anche internazionale di Genova e del suo porto, la rinuncia delle due cordate allunga ombre sulla fattibilità di gran parte delle opere inserite nel Pnrr e sulla capacità dei soggetti pubblici di mettere a punto progetti tecnici credibili e affidabili», afferma Ferraloro.
Prosegue il presidente di Ance Liguria: «Non ci fa certo piacere aver lanciato per tempo tutti gli alert possibili, aver dovuto registrare le rituali e un po’ infastidite rassicurazioni dell’Autorità di sistema portuale, nonché le esultanze della politica per l’avvio della gara. È possibile che solo la nostra associazione si sia esposta pubblicamente per denunciare questo pericolo? È possibile che un’opera da oltre un miliardo venga gestita così, ci si è mai posti il problema dell’adeguatezza delle strutture tecniche alle dimensioni e all’impegno di una sfida di questa magnitudo? Quando passerà la sbornia da Pnrr e si cercheranno, con pragmatismo, soluzioni ai reali problemi del sistema pubblico italiano? Quando si prenderà coscienza dell’unico vero problema italiano: la traduzione in fatti dei proclami, la trasformazione delle carte in opere?».