Capogruppo uscente del Partito democratico nel Consiglio comunale di Genova, candidato per il suo partito alle prossime elezioni comunali, Alessandro Terrile è stato nominato amministratore delegato dell’Ente Bacini del porto con il sostegno del presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Emilio Signorini. Signorini è considerato vicino all’area del centrodestra, a Toti in particolare. La nomina di Terrile potrebbe essere quindi interpretata come un segno di scelta autonoma dalle appartenenze politiche. Anche perché il consigliere democratico nella sua professione di avvocato ha assistito alcune aziende del comparto delle riparazioni navali e dovrebbe conoscere le problematiche del settore. Eppure sua la scelta ha suscitato malumori non soltanto nel centrodestra ma anche nella coalizione di cui il Pd fa parte e viene definita «molto inopportuna» in una nota congiunta diffusa oggi da Europa Verde, Lista Sansa e Linea Condivisa.
Qui – si legge nella nota – non è assolutamente in discussione la persona di Terrile. Né la scelta di un partito. Ma siamo anche una coalizione. E questa operazione, come abbiamo fatto presente in ogni modo al Pd, mette in grande imbarazzo l’intera coalizione di centrosinistra perché contraddice il desiderio di cambiamento che noi vogliamo portare avanti. Non possiamo criticare queste scelte quando le fanno il centrodestra e poi tacere se le fanno i nostri alleati. Non possiamo porre la questione della trasparenza dei rapporti tra politica ed economia cittadina solo quando riguardano gli altri. Ne va della nostra credibilità e della fiducia dei cittadini».
Le tre liste così spiegano le loro perplessità: «Il porto di Genova è vissuto, purtroppo, negli ultimi decenni anche su un intreccio perverso tra portualità e politica. Un intreccio che, talvolta negli scorsi anni somigliava a lottizzazione o spartizione, e che ha rischiato di strozzare la nostra più grande industria cittadina. Nessuno, neanche in passato il centrosinistra, ne è stato estraneo. Era un potere non più rosso o nero: era grigio, perché i colori della politica scolorivano di fronte a comuni interessi. Ma c’è di più: è cosa nota che un certo mondo portuale sostiene, anche finanziariamente, la maggioranza di centrodestra di Giovanni Toti e Marco Bucci. Lo stesso presidente del porto, Paolo Emilio Signorini, è considerato da tutti persona vicina a Toti che lo ha nominato. Ora l’Autorità di Signorini nomina Terrile alla guida di un Ente. Nomina di alto valore simbolico nel porto, ma anche di vero potere. Cosa dobbiamo pensare? Forse, come immaginiamo sostenga Terrile, che un mondo vicino al centrodestra ha dimostrato per una volta un inaspettato segno di apertura e indipendenza. I critici, e non senza qualche motivo, potrebbero però dire che il mondo totiano invece punta a perpetuare la spartizione di poteri e interessi nel nostro porto. Che la politica continua ad invadere il mondo del porto (con il rischio di condizionarlo o di esserne condizionato). Con la partecipazione dell’opposizione. La nomina di Terrile rischia di essere un sigillo. La commistione tra politica e affari è stata una delle cause della profonda crisi che la nostra città vive. C’è stata troppo a lungo opacità nelle reciproche influenze, nelle nomine e nelle poltrone, nei finanziamenti alle forze politiche che condizionano le elezioni. La nuova classe dirigente del Pd ha più volte detto di voler cambiare direzione. Siamo convinti, sennò non ci saremmo alleati, che molti la pensino davvero così. Ma la nomina di Terrile e la sua contemporanea candidatura alle elezioni rischiano di provocare profondo disagio».
La nota conclude che «I consiglieri comunali devono fare solo l’interesse della città. Tutta. Mentre un amministratore delegato – e di un’impresa così importante! – deve essere fedele alla sua azienda e curarne gli interessi. Ha ragione Terrile quando dice che dobbiamo essere uniti. Già, uniti e inattaccabili. Uniti e credibili. Abbiamo promesso di voler voltare pagina rispetto al passato. Dobbiamo farlo subito, in modo netto. Non possiamo permetterci nemmeno di suscitare dubbi. I genovesi si aspettano questo da noi, che siamo davvero diversi da chi governa la città e la regione. E la diversità si dimostra con i fatti non con le parole».