Ha lavorato al prototipo di una protesi che si comanda col pensiero, ha contribuito a inventare un’applicazione che consente di aumentare le possibilità di sopravvivenza di un bambino a un intervento a cuore aperto, basandosi per esempio sull’orario in cui gli vengono somministrate le medicine e ora si occupa di realizzare gli strumenti per prevedere se una persona svilupperà o meno malattie croniche come il diabete.
Eugenio Zuccarelli ha meno di 30 anni (è nato nel 1994) e ha già fatto molta strada: da Genova a New York, passando per l’Imperial College di Londra. La sua storia professionale lo ha portato a essere segnalato come uno degli under 30 Forbes da tenere d’occhio in ambito Healthcare.
«Sono originario di Sturla − racconta a Liguria Business Journal − mi sono laureato all’Università di Genova in Ingegneria Elettronica e Tecnologie dell’Informazione, ma la mia passione per l’intelligenza artificiale e le applicazioni per migliorare la vita delle persone, mi hanno portato a fare un master a Londra, all’Imperial College, in Ingegneria Biomedica e Neurotecnologie. Il focus del master era su quello che possiamo apprendere dal cervello umano per migliorare l’intelligenza artificiale e come possiamo usare la tecnologia per migliorare la salute. La mia tesi riguardava il software per controllare le protesi del braccio col pensiero».
Una tesi che, oltre a consentirgli di partecipare alle prime “Bionics Olympics”, Cybathlon, arrivando in finale con il team dell’Imperial College, è diventata un prototipo industriale da sviluppare, catalizzando l’attenzione di media come Bloomberg e Financial Times.
Zuccarelli si è specializzato nell’analisi dei dati, diventando un data scientist. In Inghilterra è rimasto tre anni lavorando per varie realtà industriali passando poi a ciò che lo interessava di più: la sanità. «Mi interessa creare modelli e analizzare dati per aiutare le persone − spiega con passione − ho lavorato col sistema sanitario inglese. Ogni ospedale trasmette ai coders, dei programmatori, i dati sui pazienti raccolti a mano dai singoli medici e queste persone le traducono in informazioni strutturate che l’azienda per cui lavoravo acquisisce: si può capire, per esempio, se una persona ha alte probabilità di essere di nuovo ricoverato dopo la dimissione e agire di conseguenza, gestendone le condizioni in un certo modo».
Nel 2019 il “salto” negli Stati Uniti con un altro master al Mit di Boston e frequentando corsi ad Harvard. «Lì − sottolinea − ho acquisito competenze per l’intersezione tra data science e business. Perché è inutile fare ricerca se non si riesce a comunicare ai medici e alle persone che tutto questo possa essere loro utile». Un aspetto che spesso viene sottovalutato da chi si occupa del “dietro le quinte” come può essere la realizzazione di un sofware utile per salvare delle vite o ridurre il rischio di sviluppare malattie croniche.
Zuccarelli commenta: «La chiave sta non solo nel fare analisi a un livello complesso, ma saperle tradurre in un linguaggio capito da chi si occupa dei pazienti, nel mio caso. Con il mio team facciamo vedere gli insights sulle scoperte che facciamo grazie ai dati, all’analisi quantitativa come per esempio l’importanza dell’orario delle medicazioni per la sopravvivenza di un bambino dopo un’operazione a cuore aperto. Al Mit abbiamo creato un’applicazione per Iphone in cui il medico, inserendo pochi dati dal triage aveva immediatamente la predizione se il bambino sarebbe sopravvissuto a un tipo specifico di chirurgia».
Oggi Zuccarelli lavora a New York nell’azienda Cvs Health e grazie al suo lavoro è stato inserito nei Forbes Under 30 per il settore Healthcare nel marzo 2022, ossia i talenti sotto i trent’anni che possono cambiare il mondo: «Cvs Health è la compagnia numero uno al mondo in fatto di salute e la quarta più grande al mondo. Qui guido un team di data scientists che utilizzano l’intelligenza artificiale per predire l’insorgere di malattie come il diabete e l’ipertensione e cercare di migliorare la salute delle persone».
In occasione della pandemia di Covid Zuccarelli inoltre è stato coinvolto in una task force analitica per predire in quali zone ci sarebbe stato un alto rischio di diffusione del virus. «In questo modo abbiamo informato il governo e altri enti sui luoghi in cui indirizzare le mascherine quando ancora non erano così diffuse. Il nostro software aveva segnalato le case di cura come priorità».
In questo modo chi risulta ad alto rischio viene contattato dal sistema sanitario per azioni specifiche di prevenzione. Il risparmio sui costi sanitari è intuibile anche per chi non si occupa di gestione del sistema sanitario.
In un sistema sanitario come quello americano il meccanismo funziona perché basato sulle assicurazioni, fornite dalle stesse aziende in cui lavorano i cittadini, che interagiscono con Cvs Health. Sono miliardi i dati aggregati da Zuccarelli e dai suoi colleghi. In Italia sarebbe possibile? «Gli Stati Uniti e l’Inghilterra hanno sistemi sanitari avanzati, sono ambienti positivi in cui stare, ma confesso che l’idea di voler tornare in Italia c’è, per rendere il nostro Paese numero uno al mondo, visto che ha enormi possibilità di crescita. La nostra sanità non ha nulla da invidiare a quella americana».