La ricerca delle vie percorribili e l’individuazione degli ostacoli nel percorso che porti l’Italia a conquistare in tempi rapidi l’indipendenza energetica abbassando il costo dell’energia per garantirsi uno sviluppo sostenibile e consolidare il posizionamento industriale e raggiungere i nuovi obiettivi minimi di decarbonizzazione fissati dall’Unione europea è stato l’oggetto del convegno, organizzato dalla Fondazione Vinacci Think Tank e dal Centro Studi Borgogna, “La Transizione Energetica” che si è tenuto ieri sera al Blue District di Genova.
Secondo i dati riportati dalla Fondazione Vinacci Think Tank e dal Centro Studi Borgogna un riscaldamento globale di circa 3°C nei prossimi 50 anni e il mancato contrasto ai cambiamenti climatici potrebbe causare all’Italia fino a 1,2 trilioni di euro di danni economici, oltre che 21 milioni di posti di lavoro in meno, riducendo significativamente le prospettive economiche di lungo termine. Di contro, una rapida decarbonizzazione nel nostro Paese, in un contesto di riscaldamento globale limitato entro 1,5°C, potrebbe portare a un differenziale positivo del Pil annuo pari al 3,3% nel 2070 e a 470,000 posti di lavoro in più.
Nel primo scenario, nel 2070 il nostro Paese dovrebbe confrontarsi con un differenziale negativo del Pil stimato in 115 miliardi di euro a causa di una ridotta produttività e della mancanza di nuovi investimenti e innovazione, con ricadute su tutti i settori dell’economia nazionale. Questo perché capitale produttivo e know-how verrebbero concentrati nel tentativo di riparare i danni indotti dal cambiamento climatico invece di essere diretti verso innovazione, tecnologie e infrastrutture in grado di generare valore e realizzare la transizione ecologica.
L’Italia, combinando le risorse del Next Generation Eu con quelle del fondo complementare, ha messo sul piatto circa 70 miliardi di euro a favore di rivoluzione verde e transizione ecologica, ovvero circa il 30% degli investimenti NGEU previsti. Se l’Italia rafforzasse il proprio impegno sul fronte della decarbonizzazione, con adeguati investimenti in innovazione tecnologica e ricerca e sviluppo nel prossimo decennio, sarebbe uno dei primi paesi in Europa a raccogliere i benefici economici della transizione ecologica nel 2043: la media europea del punto di svolta sarebbe l’anno 2050.
«I fatti drammatici di questi giorni – ha detto ieri Fabrizio Ventimiglia, presidente del Centro Studi Borgogna – hanno già avuto effetto sul mercato dell’energia. Questa guerra ha provocato aumenti eccezionali per la fornitura di energia. Il tessuto economico produttivo del nostro Paese, già provato dalla pandemia, rischia di subire un grave colpo. Per questo, abbiamo organizzato questo ciclo di incontri per fare un focus sul teme energia».
Sono intervenuti studiosi e operatori del settore, Fabrizio Ventimiglia, Giancarlo Vinacci, Head of Advisory Board di Assonautica Italiana/Unioncamere, già assessore allo Sviluppo economico del Comune di Genova, Renato Boero, presidente di Iren, Paolo Costa vicepresidente dell’Ordine Ingegneri Genova), Tonino Gozzi, presidente di Duferco Italia Holding), Giovanni Mondini, vicepresidente di Erg e presidente di Confindustria Liguria, Sonia Sandei, vicepresidente di Confindustria Genova, Head of Electrification Enel, Flavia Samorì, socio fondatore di EnerMia, moderatore Massimiliano Lussana.
Il convegno di ieri fa seguito ai tre convegni organizzati dal Vinacci Think tank e dal Centro Studi Borgogna sul tema dell’economia del mare. E Vinacci ha voluto in introdurre i lavori del nuovo ciclo facendo il bilancio dell’iniziativa precedente. «Abbiamo constatato – ha detto – che gli operatori del settore marittimo faticano a parlarsi tra loro e a dialogare con il mondo della politica. In base ai risultati emersi da questi incontri chiediamo che vengano istituiti una cabina di regia dove gli operatori possano interfacciarsi con il Governo e un sottosegretariato dedicato a tutta la filiera economica del mare».
Per quanto riguarda i lavori di ieri, secondo Vinacci, «già dal primo incontro del nuovo ciclo emerge con forza, da parte delle imprese di settore, che ci sono progetti pronti, competenze consolidate per realizzarli e finanza privata per partire subito ma anche che la burocrazia e la politica non sono in grado di stare al passo con l’emergenza se non a parole e non nei fatti provocando ritardi che possono avere sull’economia del Paese effetti devastanti. C’è tutto, mancano solo più buona volontà e più competenza».
Concetto ribadito da , che ha spiegato: «Si può raggiungere l’obiettivo che ogni Paese entro il 2030 arrivi a una quota del 40-50% di energie rinnovabili, si può tranquillamente fare. Basta autorizzare gli impianti. Senza la pretesa di mettere le pale eoliche sul Cervino, ovviamente. Le energie rinnovabili – ha precisato Mondini – quando hanno iniziato il loro percorso non erano sostenibili economicamente, e poi si era esagerato, sul solare si erano dati troppi incentivi, adesso assolutamente non richiedono alcun incentivo, se la giocano sul mercato, la tecnologia ha fatto passi da gigante. È ovvio, dovrai mettere macchine un po’ più grosse, prima una pala eolica faceva 2 megawatt , oggi ci sono pale che fanno 5 megawatt con la stessa occupazione del suolo fai 5 mewatt invece che due, peccato che la pala è alta 180 metri, è un po’ più visibile. Bisogna trovare le soluzioni giuste di volta in volta».
Al convegno di eri faranno seguito altre due iniziative sul tema energia: a Torino il 7 aprile 2022 l’argomento sarà il “Pnrr, energia e territori: Osservatorio sul Caro Bolletta”. Si analizzerà l’esistenza, o meno, di una correlazione tra il cosiddetto “caro bollette” e il Pnrr. A Milano il 10 maggio 2022 nell’incontro dal titolo “L’energia per vivere”, si affronterà il tema della sfida energetica che l’Onu sta lanciando per superare il gap di consumo energetico tra i più ricchi e i più poveri. Un recente studio, il “Decent Living Standards” (DLS), ha stabilito i livelli minimi di energia che occorrono per una vita dignitosa in ogni paese del mondo. L’obiettivo dello studio condotto a Vienna è quello di fare in modo che i tre miliardi di persone che vivono con meno di 3 dollari al giorno possano aspirare a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile che l’Onu ha previsto per il 2030.