Un quaderno di appunti della prima metà del 1917 di un Montale (1896-1981) ventenne a Genova in attesa della chiamata alla guerra, emerso inaspettatamente nel 1983 tra i fogli e le carte messi in salvo dalla nipote Bianca Montale dopo la morte del poeta, destò subito grande interesse fra studiosi e amici. La pubblicazione da Mondadori fu decisa immediatamente, affidata a Laura Barile da Franco Croce, professore di Letteratura italiana all’Università di Genova e autorevolissimo studioso montaliano. Ce lo racconta in questa edizione del Canneto editore la stessa Laura Barile, che a suo tempo aveva chiamato il manoscritto “Quaderno genovese”. Il grande critico Gianfranco Contini scrisse per l’edizione Mondadori due quarti di copertina, riportato nell’edizione del Canneto insieme con uno scritto di Sergio Solmi che descrive Montale come lo conobbe nell’autunno 1917 alla Scuola d’Applicazione di Fanteria di Parma, entrambi allievi ufficiali, e una lettera inviata dal poeta alla sorella Marianna dalla caserma di Parma.
Da subito il Quaderno genovese venne citato in tutti i lavori monografici su Montale. Col tempo l’edizione divenne difficile da trovare e il quaderno rimase leggibile solo all’interno dell’opera omnia nei Meridiani. Di qui l‘idea di una nuova edizione.
Perché questo interesse per un quaderno di appunti scarni, scritto dal poeta ventenne dai primi di febbraio ai primi agosto 1917 e composto, in sostanza, da brevi o brevissime annotazioni sulle sue letture e altre esperienze culturali e altrettanto brevi note di carattere psicologico esistenziale? Perché l’operetta è stata giustamente considerata come una testimonianza della formazione culturale del poeta e della nascita della sua poetica. Ci fa conoscere le sue letture, dai grandi simbolisti francesi ai lirici prenovecenteschi a quelli contemporanei, ai romanzi russi le musiche ascoltate e gli spettacoli teatrali a cui aveva assistito, la sua inquietudine, i suoi interessi di carattere estetico, filosofico-esistenziale e religioso, una concezione della natura che sarà poi sviluppata nelle poesie.
Considerato in famiglia di salute cagionevole (anche se in realtà visse 85 anni e prese parte alla prima guerra mondiale) Montale non fu avviato dai genitori agli studi classici, considerati troppo lunghi e gravosi, ma alle scuole tecniche (si diplomò ragioniere nel 1915). Per approfondire gli studi di carattere artistico e filosofico si diede una formazione culturale da autodidatta, frequentando ogni giorno, con orari impiegatizi, la civica biblioteca Berio. Contini disse che una «saturazione culturale» precede e accompagna la nascita della sua poesia.
Il Quaderno, che riporta le esperienze di quei sei mesi, è quindi uno strumento utile non solo per gli specialisti ma, grazie al ricco apparato di note, per chiunque voglia approfondire la conoscenza del poeta ligure.
Con qualche spigolatura interessante. Nonostante la fragilità fisica e i rovelli esistenziali – (è di quei mesi la netta percezione di sé come inetto, fallito, disadattato – Montale, rinviato tre volte alla visita di leva, alla quarta viene considerato abile e arruolato. Sarà congedato nel giugno del 1920 con il grado di tenente, dopo avere combattuto in Vallarsa rivelandosi, ci riferisce Contini «militarmente esemplare».
E Solmi ci racconta che, con la disfatta di Caporetto «circolò un foglio in cui gli allievi chiedevano la sospensione del corso e l’invio al fronte come semplici soldati per arginare l’invasione. Naturalmente tutti firmarono. (Compreso, quindi, Montale, che peraltro non aveva alcuna propensione per il bellicismo e, come è noto, disprezzò poi il fascismo. Ndr). La domanda, fatta in forma collettiva, incontrava dritto dritto un articolo del codice penale militare, che la qualificava formalmente come una sommossa o ammutinamento o alcunché di simile. Mi par di ricordare che, in grazia dell’intento patriottico, ce la cavassimo con una settimana di consegna».