Tra le motivazioni di rifiuto di chi non si vuole vaccinare c’è anche quella dell’approvazione troppo rapida dei sieri contro il Covid. In realtà non c’è nulla di “nascosto” come ha dimostrato Renata Gili responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe, in un seminario riservato ai giornalisti.
Essere arrivati in meno di un anno a dei vaccini efficaci è stato frutto di una felice serie di combinazioni.
Al 18 maggio 2021 sono ben 49 i vaccini nella cosiddetta fase 1 (testing su sicurezza e tollerabilità al dosaggio), 37 in fase 2 (trial clinici sull’efficacia), 27 in fase 3 (test di efficacia su larga scala), 7 autorizzati, 8 approvati e 4 abbandonati dopo i trial).
«Normalmente le tempistiche vedono trascorrere circa 8-10 anni tra le fasi di sviluppo e l’approvazione – spiega Gili – il più rapido è stato il vaccino contro il Morbillo negli anni Sessanta con 4 anni».
I vaccini a base Mrna per esempio sembrano nuovi al grande pubblico, ma in realtà questo tipo di ricerca sui vaccini a dna è iniziata ben 25 anni fa. «Il Covid non è il primo coronavirus che incontriamo: sono state fatte esperienze sulla Sars e la Mers, la Middle east respiratory syndrome». La pandemia è quindi scoppiata in tempi fortunatamente buoni per mettere in pratica questi anni di ricerca: «Se il Covid si fosse diffuso cinque anni fa non saremmo riusciti ad avere i vaccini così velocemente».
Altro elemento fondamentale per l’accelerazione sui tempi è stato il dialogo continuo fra le agenzie regolatorie, l’Ema in Europa, e le aziende che sviluppavano i vaccini. L’Ema ha istituzionalizzato una task force per il Covid. In più sono state mobilizzate più risorse economiche che per qualsiasi altro studio. Tutto il mondo si è concentrato sui vaccini. «Per Ebola, un’epidemia disastrosa in termini di morti e coinvolgimento dei Paesi colpiti, sono state allocate risorse neanche lontanamente paragonabili a quelle per il vaccino Covid», sottolinea Gili.
Infine il contesto era favorevole per la condivisione dei dati ed è stato possibile iniziare il processo produttivo con i trial clinici di fase 3 non ancora conclusi grazie al finanziamento enorme di fondi privati e di governi.
L’Ema ha inoltre adottato la procedura di approvazione “accelerata”: «Solitamente – rileva Gili – i produttori devono attendere di avere tutti i dati in blocco della fase di ricerca e sviluppo prima di sottoporli all’Ema, invece è stata introdotta la rolling review, ossia la revisione continua. La risposta dell’Agenzia europea dei medicinali è stata ridotta a meno di 150 giorni lavorativi. Si è così arrivati all’autorizzazione condizionata alla messa in commercio».