Sono 200 mila le aziende della Blue economy in Italia, con quasi 1 milione di occupati, circa 47 miliardi di euro di valore aggiunto. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto dell’economia del mare promosso dalla Camera di commercio di Frosinone-Latina in raccordo con Unioncamere e realizzato dal Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne.
In Italia 4 imprese della Blue Economy su 10 si occupano di servizi di alloggio e ristorazione, il 16,8% opera nella filiera ittica, il 15,2% nel settore delle attività sportive e ricreative, il 13,6% nella cantieristica, il 5,9% nella movimentazione merci e passeggeri via mare, il 3,8% nelle attività di ricerca e tutela ambiente (3,8%), lo 0,2% nell’ industria delle estrazioni marine.
L’ economia blu genera un valore aggiunto di 46,7 miliardi di euro, il 3,0% del totale dell’ economia ma considerando gli effetti diretti e indiretti – per ogni euro prodotto direttamente si ha un effetto moltiplicatore di filiera pari a 1,9 – si arriva a un valore aggiunto prodotto complessivo di 134,5 miliardi di euro: l’ 8,5% del totale dell’ economia. La movimentazione di merci e passeggeri via mare è il comparto a maggiore capacità moltiplicativa, dove ogni euro prodotto ne attiva 2,8 sul resto dell’ economia. Altri settori dalla elevata capacità moltiplicativa sono quelli della cantieristica (moltiplicatore 2,4) e delle attività sportive e ricreative (moltiplicatore 2,1).
Secondo l’ ultimo “Blue Economy Report 2020″, l’ economia blu dell’ Ue, con 5 milioni di occupati, un fatturato di 750 miliardi di euro nel 2018, e un incremento dell’ 11,6% rispetto all’ anno precedente, rappresenta un potenziale enorme e in continua crescita. Per questo l’ Ue raccomanda agli Stati membri di includere nei Piani di ripresa del Recovery Fund, misure di protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini.