Dopo anni di denuncia, di richieste e sollecitazioni, il confronto sindacale con l’assessore regionale competente Sonia Viale si è concluso con un durissimo giudizio da parte di Federico Vesigna e Fulvia Veirana (Cgil Liguria), Carla Mastrantonio (Spi Cgil Liguria) e Nicola Dho (Fp Cgil Liguria).
L’obiettivo dell’incontro era di sollecitare per l’autunno, in caso il virus tornasse a far paura, soluzioni efficaci, potenziamento dell’assistenza domiciliare, predisposizione di un’efficace campagna vaccinale, revisione del ruolo dei medici di medicina generale. “Nessuna risposta – affermano in una nota – nessun ripensamento, anzi: conferma del percorso di privatizzazione degli ospedali e nessuna idea per il futuro“.
E intanto – rilevano i rappresentanti della Cgil – le assunzioni procedono a rilento per l’incapacità dei vertici di Alisa di organizzare i concorsi e le selezioni, i lavoratori non ce la fanno più e le persone o rinunciano alle cure o sono costretti a rivolgersi al privato.
“Abbiamo provato dall’inizio alla fine della legislatura a confrontarci per cambiare le cose. Ora l’assessore non può più dire che mancano le risorse, i soldi per investire ci sono, prendiamo atto che, sulla sanità, a questa giunta mancano proprio le idee”.
La Cgil annuncia che continuerà la battaglia per difendere una sanità pubblica di qualità.
Il dibattito che si sta sviluppando a livello nazionale (ed europeo) conferma che hanno resistito meglio alla crisi i sistemi a prevalenza pubblica e quelli con una fortissima sanità territoriale.
“Nella nostra regione si è fatta la scelta contraria: privatizzazione degli ospedali e svuotamento del territorio, con la sola eccezione della programmazione delle Case della Salute in Asl 3 grazie alla mobilitazione dei sindacati e di migliaia di cittadini. Così abbiamo assistito, durante l’emergenza, al ricorso massiccio all’ospedalizzazione e, quando gli ospedali erano saturi, al sostanziale abbandono davanti alla malattia. Non è andata meglio alle persone più fragili, costrette in strutture a causa della loro non autosufficienza, che hanno pagato il prezzo più alto, insieme ai lavoratori del settore. Carenza nella fornitura dei dispositivi e incapacità di pianificare le attività di prevenzione, screening e tamponi, hanno avuto un ruolo rilevante”.
I sindacati puntano il dito anche sul ritorno alla cosiddetta normalità: “Cup intasati, difficoltà a prenotare prestazioni di qualsiasi tipo, lavoratori allo stremo e una totale assenza di organizzazione“.