Una diffusa presenza di microplastiche nelle acque marine superficiali del mar Tirreno centrale, con concentrazioni elevate in aree fortemente impattate, come la foce del Tevere e il porto di Olbia, con oltre 250 mila particelle per chilometro quadrato. Ma anche in zone lontane da fonti inquinanti come l’isola di Capraia, in cui è stata registrata la concentrazione più alta, oltre 300 mila particelle per chilometro quadrato.
Sono i risultati della ricerca condotta dall’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ias) di Genova e all’Università Politecnica delle Marche durante il tour “May Day Sos Plastica” della primavera 2019. I dati sono stati diffusi da Greenpeace in occasione della partenza, oggi, da Porto Santo Stefano (Grosseto), della spedizione in barca a vela “Difendiamo il Mare”.
Secondo Francesca Garaventa, referente per Cnr-Ias della ricerca, «I risultati ci dicono che i frammenti si accumulano anche in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento» e che «indagini preliminari a differenti profondità nella colonna d’acqua confermano che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno il comportamento delle microplastiche in mare che proveremo a realizzare già nella spedizione di quest’anno».
Campionamenti effettuati a Ventotene e alla foce del Sarno a diverse profondità e con strumentazioni differenti mostrano variazioni fino a due ordini di grandezza del contenuto di microplastiche, con concentrazioni molto più elevate a 5 metri di profondità rispetto alla superficie. La tipologia più frequente di microplastiche riscontrata è rappresentata da frammenti, tra 1 e 3 millimetri e inferiori al millimetro, costituiti soprattutto dai polimeri in polietilene e polipropilene, ovvero le tipologie di plastica più usate.
Il responsabile campagna inquinamento di Greenpeace, Giuseppe Ungherese, lancia dunque un appello: «Dobbiamo vincere la battaglia della plastica monouso e quella invisibile della microplastica. È inaccettabile che ancora oggi siano presenti sul mercato prodotti di uso comune con microplastiche aggiunte il cui destino è quello di contaminare il mare».