In questi giorni le preoccupazioni principale dei genovesi e dei liguri sono certamente le difficoltà riscontrate per muoversi dentro e fuori la propria Regione di appartenenza evitando di impelagarsi in un traffico che, in certe tratte, può durare per delle ore. Ancora più svantaggiati sono gli autotrasportatori che lavorano per il porto di Genova, i quali, per disperazione, hanno annunciato uno sciopero di categoria per il 24 puglio per protestare contro le disumane condizioni in cui sono costretti a operare. In aggiunta, il mezzo di trasporto sostitutivo per eccellenza all’autostrada, la ferrovia, ha riportato su alcuni percorsi ritardi che rasentano l’ora, infrangendo le speranze di coloro che hanno cercato nel treno un valido sostituto alla motorizzazione privata.
Ma quale è la causa scatenante questa Caporetto del trasporto locale? La decisione di Aspi, in concordo col Mit, di aprire una serie di cantieri sulle autostrade che compongono il nodo di Genova (A10, A12, A26 e A7) e ne hanno fortemente limitato la capacità. In quasi tutta la rete del Genovesato la circolazione è limitata a una sola corsia, con gravissime ripercussioni sul traffico assorbibile da dette arterie. Per una Regione che basa la propria economia sul turismo balneare, e ancora di più sulle attività portuali, questo susseguirsi di eventi minaccia di avere ripercussioni gravissime sull’economia già duramente provata dal lockdown e dal crollo del Viadotto Polcevera nel 2018.
Non è nostro compito giudicare le motivazioni che hanno spinto Aspi e il Mit a giudicare improrogabili tali interventi di manutenzione straordinaria, e riteniamo che la sicurezza del fruitore della strada vada al di là di ogni logica di profitto. Se vi sono state mancanze in passato da parte del concessore e del concessionario, una di queste è stata la capacità di portare avanti negli anni una manutenzione graduale e continua, evitando così di aprire i cantieri in una volta sola. Ma forse, la più grande colpa di questi anni ricade sui decisori pubblici: per decenni hanno ignorato le istanze del mondo produttivo locale e di parte della cittadinanza che denunciano l’obsolescenza delle nostre infrastrutture di base. Da tempi immemori si parla di nuove infrastrutture al servizio del porto e della cittadinanza, e di queste solo una vedrà la luce in tempi relativamente brevi (il Terzo Valico, nel 2023).
Per un territorio che da secoli ha fatto delle arterie di comunicazione al servizio del porto la sua ragione di vita, questa è forse la colpa più grave che macchia la schiera della politica locale e nazionale. Cerchiamo di ripercorrere la storia delle infrastrutture liguri, autostradali e ferroviarie per capire se forse il sistema non necessiti di un “aggiornamento”.
Partiamo dalle ferrovie:
La Liguria ebbe la sua prima ferrovia nel lontano 1853, si trattava dell’avvenieristica Genova-Torino, fortemente voluta dal primo ministri di allora, il conte Camillo Benso di Cavour. A quel tempo, l’Italia era ancora “un’espressione geografica”, e lo Stato che costruì la ferrovia era il Piemonte, da poco uscito dalla rovinosa Prima Guerra di Indipendenza. Per il suo tratto più complesso, la Galleria di Valico dei Giovi, venne contattato perfino Isambard Kingdom Brunel, l’ingegnere inglese più famoso del mondo, attivo in ambito marittimo e, appunto, ferroviario.
L’intera linea era stata concepita allora già a doppio binario, e serviva il traffico del porto di Genova che da allora conobbe un’impennata nelle movimentazioni.
Ancor prima che l’Italia diventasse una, iniziarono i lavori della Genova-Ventimiglia, che raggiunse Voltri già nel 1856. A unità conclusa, la ferrovia raggiunse (sempre articolandosi su di un binario solo) Savona (1868) e finalmente Ventimiglia (1872), allacciandosi alla rete francese. Nel 1934 iniziarono i lavori per il suo raddoppio nella sua tratta genovese e nel 1936 lungo la tratta Albenga-Loano e Ventimiglia-confine. Ripresi nel dopoguerra, i lavori del raddoppio ancora non sono conclusi nel percorso Andora-Finale Ligure: uno schiaffo alla popolazione locale che ha visto iniziare i lavori 86 anni fa.
La rete per la Riviera di Levante, la Genova-Roma, venne iniziata negli stessi anni, e vide il proprio completamento tra il 1868 e il 1874, quando fu completato il collegamento tra Genova Principe e Genova Brignole (la “Galleria Traversata”). Il raddoppio di questa linea ebbe fortunatamente una storia meno accidentata, iniziando verso il 1910 e terminando “solo” nel 1970.
Pochi anni dopo, toccò alla linea Savona-Fossano-Torino essere inaugurata (1874), rigorosamente a binario singolo. Per ovviare al suo percorso tortuoso e in salita, nel 1908 venne approvata la costruzione di una linea parallela, passante per Altare, costruita tra il 1923 ed il 1954. Ironia della sorte, anche in questo caso, la tratta fu predisposta per un secondo binario (le gallerie vennero tutte costruite con una larghezza sufficiente), ma i lavori non sono mai partiti.
Per collegare La Spezia alla Pianura Padana nel 1879 iniziarono infine i lavori della linea La Spezia-Parma, nota ai più come la “Pontremolese”. Costruita anche qui a binario singolo e inaugurata nel 1897, questa linea vide iniziare i lavori del proprio raddoppio nel 1981, lavori purtroppo non ancora conclusi.
Al 1889 si collocano i lavori di una linea succursale dei Giovi, che doveva servire a risolvere la situazione di congestionamento del porto. Solo 26 anni dopo la costruzione della Genova-Torino, il presidente del consiglio Agostino Depretis fu obbligato a finanziare la costruzione di una nuova tratta, che correva parallela alla precedente e fu completata nel 1922 nel suo tratto conclusivo Arquata-Ronco.
Questo fu l’ultimo intervento degno di nota sulla nodo ferroviario genovese. Per i successivi anni, si apportarono solo modifiche: si inaugurò nel 1894 la nuova linea per Asti, ma sostanzialmente la situazione nel nodo rimase la stessa. Negli anni 30 del 1900 si iniziò a parlare della necessità di un “Terzo Valico”, tanto che il progetto fu incluso nella progettazione delle Ferrovie dello Stato nell’annuario del 1936, ma i progetti furono interrotti dal conflitto incombente (lì vennero inclusi anche i progetti di una mai realizzata Imperia-Garessio).
Ripreso il progetto del Terzo Valico tra gli anni 80 e 90 allo stadio progettuale, i cantieri sono stati aperti solo nel 2013, con termine previsto entro il 2023, 87 anni dopo il primo progetto.
Contemporaneamente, dovrebbero essere completati i lavori di riassetto del Nodo Ferroviario di Genova, lavori che si trascinano dal 2009 tra alterne vicende e la cui fine era prevista nel 2015.
Ma veniamo ora al grande inquisito, le autostrade.
La storia delle autostrade liguri ricalca le stesse direttrici delle linee ferroviarie, con almeno 70-80 anni di ritardo.
La prima autostrada a essere costruita fu, tra il 1932 e il 1935 la leggendaria A7, nota ai tempi come “la Camionale dei Giovi”, un vanto del regime fascista, prossimo a intreprandere la conquista dell’Etiopia che causerà l’introduzione delle prime accise sui carburanti della storia italiana (1,89 Lire al litro). Nel 1936, in Italia vi erano pochissime autovetture, circa 300.000, e l’autostrada fu costruita in pratica come servizio al porto in espansione. Nel 1960 venne infine costruito il suo raddoppio, ma con tecnologie ben diverse dal tracciato di 25 anni prima: la differenza tra la tratta verso Genova, più datata e dal percorso più tortuoso, e la tratta verso Milano è difatti di 4 km.
Pochi anni dopo, nel 1939, vennero approvati i lavori per l’autostrada Genova-Savona (l’attuale A10), lavori abbozzati l’anno successivo ma immediatamente interrotti a causa della guerra. La prima tratta aperta di questa nuova autostrada, la prima costruita nell’Italia repubblicana, fu la Voltri-Albissola, aperta nel 1956. Nei successivi 11 anni venne completata l’intera tratta, a carreggiata unica, fino al confine francese. Nel 1967 fu inaugurato lo sventurato viadotto Polcevera, giudicato allora un’opera d’ingegneria avveniristica. L’enorme spinta del boom economico e il fenomeno della motorizzazione di massa portarono presto a pensare a un raddoppio dell’autostrada appena costruita. Entro il 1971, l’intera tratta venne raddoppiata con una nuova carreggiata, in certi punti costruita sopra la vecchia tratta. La veloce esecuzione di questi lavori di raddoppio portò, solo 10 anni dopo, a pensare il definitivo spostamento dell’autostrada dalla zona urbana della città alle zone interne: fu la prima volta che i Genovesi sentirono parlare di “Gronda” a Ponente. In certi tratti, tra Pra’ e l’allaccio alla A7, la mole di trafficosi fece presto insostenibile per un’autostrada costruita su due corsie per senso di marcia. Tuttavia, la storia andò come sappiamo tutti. La Gronda rimase solo un sogno per coloro che vivevano accanto al vetusto tracciato e per i trasportatori del porto; tuttora le opinioni in merito alla sua realizzazione sono discordi.
Alla fine degli anni 50 a vedere la luce ci fu anche il primo tratto dell’Autostrada 6, la Savona-Torino. Costruita prevalentemente per volontà della Fiat, la A6 venne completata nella sua lunghezza nel 1965. Nel 1973 iniziarono i lavori per il suo raddoppio, lavori che si prolungarono fino al 2001, quando oramai era l’unica autostrada italiana a correre su una sola carreggiata.
L’autostrada 12, che avrebbe dovuto percorrere il tratto Genova-Roma fu aperta a partire dal 1965 e tuttora non risulta completata nel suo tratto finale San Pietro in Palazzi-Civitavecchia. Attualmente presenta due corsie per senso di marcia nella sua tratta ligure.
Nel 1975 fu la volta dell’inaugurazione della A15, l’autostrada La Spezia-Parma. Costruita anch’essa su due corsie per senso di marcia. Attualmente sono in corso i lavori per un suo prolungamentoin direzione nord-est verso Reggiolo.
L’ultima, e più moderna, autostrada costruita sul nodo di Genova è stata la A26, la Genova Pra’ (già Genova Voltri) – Gravellona Toce, aperta al traffico a partire dal 1977 (tratta ligure). Questa arteria si presenta come la più moderna della regione, avendo tre corsie per senso di marcia ed essendo la via preferita di accesso e di uscita dal terminal container di Psa-Genova Pra’. Nonostante risulti essere la più moderna autostrada ligure, questo status non le impedisce di essere soggetta attualmente a imponenti interventi di manutenzione, interventi che stanno causando notevoli disagi alla categoria dei trasportatori.
Questo quadro d’insieme non ci fornisce una situazione particolarmente incoraggiante. Dal 1850 al 1970 la costruzione di nuove arterie di trafficoè stata il principale vettore dello sviluppo economico ligure e genovese in particolare. In questo lasso di tempo di 120 anni, la Liguria è stata una delle regioni più ricche d’Italia. La sua popolazione, stimata in 820.000 persone nel 1860, è cresciuta fino alle 1.850.000 unità del 1980. Nello stesso periodo, Genova è passata da 240.000 a oltre 800.000 abitanti. Dagli anni 80 è iniziato il declino, demografico quanto economico: Genova ha perso quasi 300.000 abitanti, il resto della Liguria 250.000: un vero e proprio tracollo,sintomo del suo crescente isolamento. Sarebbe tuttavia riduttivo imputare il declino economico e demografico solamente alla componente infrastrutturale. Altri fattori, come la fine dell’industria di Stato, i processi di de-industrializzazione e terziarizzazione sono due aspetti che Genova non è mai riuscita pienamente a cogliere, drogata da più di un cinquantennio da un’economia basata sulle commesse statali. La coincidenza con la fine dei grandi progetti infrastrutturali e il declino demografico sono tuttavia evidenti, quantomeno sotto il profilo temporale. Quando, si spera, il Terzo Valico sarà completato, questo sarà la prima grande opera pubblica della Regione a essere inaugurata dopo 46 anni. Mai, dal 1853 (anno di inaugurazione della ferrovia Genova-Torino) al 1977 (anno di inaugurazione dell’autostrada 26), è stato lasciato trascorrere un lasso di tempo così alto tra una “grande opera” e un’altra. Per secoli l’obbiettivo dei governanti della Repubblica Ligure, del Regno di Sardegna, del Regno d’Italia e infine dell’Italia repubblicana è stato quello di collegare in maniera sempre più stretta l’economia genovese alla ricca piana lombarda. Nonostante i mezzi tecnici più limitati rispetto ai nostri, si sono aperte strade, ferrovie, ponti e viadotti attraverso l’Appennino. Se non ci sbrigheremo, a breve i monti che circondano Genova faranno da tomba alla nostra città.
(Davide Siviero e Andrea Vella)