Innovare e aggregare. Secondo Teresio Testa, direttore regionale di Intesa Sanpaolo Piemonte-Val d’Aosta-Liguria, i concetti chiave con cui la Liguria può uscire dalla crisi determinata dal Coronavirus sono questi. Innovazione nell’offerta turistica anche con una nuova attenzione alla qualità dell’ambiente, e nell’utilizzo di nuovi canali commerciali attraverso l’e-commerce, e aggregazione delle piccole imprese in reti o in complessi di maggiori dimensioni che possano effettuare investimenti importanti anche in ricerca e sviluppo e nell’high-tech.
– L’esplosione del Coronavirus ha colpito duramente il nostro sistema economico, in attesa delle cifre finali già vediamo gli effetti della crisi nella vita di tutti i giorni. Come intendete intervenire?
«Tutto il sistema bancario si è attivato per cercare di dare una mano al paese, ma Intesa Sanpaolo per prima ha dato l’esempio. Ancora prima che il governo decidesse di intervenire, noi il 24 febbraio ci eravamo già attivati per concedere le moratorie, sospendendo le rate dei finanziamenti per le imprese e per le famiglie indipendentemente dalla garanzia dello Stato, inclusi i prestiti personali e i mutui sulle seconde case, quest’ultima una misura particolarmente importante per l’economia del territorio. Così come siamo intervenuti subito per immettere liquidità nel sistema mettendo a disposizione delle imprese 15 miliardi, che in quel momento erano senza la garanzia dello Stato: 5 miliardi per nuove linee di credito per chi ne era sprovvisto più 10 miliardi per rendere estremamente flessibili quelle già esistenti, con finanziamenti a breve termine da utilizzare per far fronte all’emergenza, a cominciare dal pagamento degli stipendi e dei fornitori. Poi ovviamente ci siamo ulteriormente attivati quando sono partiti i vari decreti legge, elevando a 50 miliardi di euro l’ammontare di risorse in termini di credito messe a disposizione del Paese. Stiamo fornendo liquidità alle aziende di piccole e grandi dimensioni secondo quanto previsto dal decreto Liquidità, dai finanziamenti fino a 25 mila euro a salire. Subito ci siamo resi conto dell’estrema importanza dell’essere veloci nel dare le risposte e quindi abbiamo costituito delle task force dedicate alle moratorie, alle erogazioni dei finanziamenti fino ai 25 mila euro e anche all’anticipazione della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori delle aziende in crisi, perché riteniamo estremamente importante riuscire a dare le risorse anche a chi non è nostro cliente».
– L’emergenza ha messo in difficoltà le imprese ma soprattutto ha colpito i più deboli
«Siamo anche molto attenti al sociale e a quello che il territorio richiede. Abbiamo messo a disposizione per primi più di 100 milioni per l’emergenza coronavirus destinati attraverso la Protezione civile a vari interventi sul territorio, e abbiamo attivato una raccolta fondi sulla nostra piattaforma online forfunding.it, in cui chiunque può donare. A oggi ha raggiunto 2,3 miliardi. Abbiamo anche destinato 125 milioni del nostro Fondo Impact per fare interventi di aiuto e di sostegno al territorio nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, perché ora l’emergenza è quella di dare liquidità, ma poi bisognerà arrivare a sostenere anche quelle iniziative del terzo settore che possono essere importanti per ridurre le distanze sociali, le diversità, che forse purtroppo questo Coronavirus potrebbe ulteriormente aumentare. Noi ci stiamo adoperando anche su questo fronte per dare un contributo che va oltre quello che già normalmente facciamo. Ogni giorno, attraverso associazioni sul territorio, forniamo decine di migliaia di pasti, posti letto, medicinali, abbigliamento. Non ci dimentichiamo di quelli che sono ai margini della società».
– Nel Paese molti si lamentano della lentezza con cui arriva il denaro della cassa integrazione
«In realtà procediamo velocemente grazie alla digitalizzazione. Ci eravamo già mossi negli anni passati, facendo grandi investimenti per fornire canali alternativi ai nostri clienti anche dal punto di vista commerciale. Così, attraverso la nostra piattaforma, siamo riusciti a effettuare la maggior parte delle operazioni a distanza, inclusa l’anticipazione sociale. Sul nostro sito diamo la possibilità ai nostri clienti di informarsi, accedere alle varie misure attivate, fare richiesta, allegare documenti e inoltrare le pratiche, e noi versiamo sul conto corrente quanto spettante. Così come per i finanziamenti fino a 25 mila euro, le operazioni vengono fatte per la stragrande maggioranza in digitale. In alternativa c’è sempre la filiale, su appuntamento».
– E per quanto riguarda i finanziamenti fino a 25 mila euro?
«In Liguria abbiamo adesioni significative, stimiamo oltre un migliaio di richieste erogate o in fase di erogazione, per 25 milioni di euro messi sui conti dei nostri clienti. Ma è un dato in continua crescita: continuiamo a ricevere richieste e continuiamo a erogare risorse. Così come stiamo lavorando alle richieste per importi superiori, queste sono procedure che richiedono un po’ più tempo, comunque stiamo macinando a gran ritmo. Devo ringraziare molto i colleghi perché stanno veramente rispondendo con grande senso di responsabilità sociale, si rendono conto che le famiglie e le aziende hanno bisogno di questa liquidità. Stanno facendo un grande lavoro. Abbiamo messo in atto altre iniziative e per la Liguria, secondo me, sono estremamente importanti quelle che riguardano il turismo, che è una voce importante della sua economia».
– Il coronavirus ha colpito duramente il turismo anche in Liguria. Come si può intervenire per aiutarlo a superare la crisi?
«Intesa ha appena concluso con Federalberghi un accordo importante. Abbiamo messo a livello nazionale due miliardi per interventi legati al settore alberghiero turistico. Abbiamo appena perfezionato un’ulteriore iniziativa dove concediamo una moratoria di 24 mesi al settore turistico-alberghiero».
Le misure straordinarie per gli associati a Federalberghi
– Come cambierà il turismo ligure dopo questo terremoto?
«Nelle prossime settimane saranno necessari investimenti, magari anche modesti, da parte degli albergatori per adattarsi alle misure di sicurezza. Ma noi riteniamo che questo Coronavirus impatterà anche sui consumatori, cambiando strutturalmente le loro esigenze e le loro abitudini. Cambierà la domanda e quindi dovrà cambiare anche l’offerta. La qualità dell’offerta conterà molto più che in passato nelle scelte dei consumatori. E già devo dire con piacere che questo trend è stato capito nel territorio ligure, ci sono albergatori che stanno valutando ristrutturazioni importanti, approfittando di un fase come questa dove prima hanno dovuto chiudere e per un certo periodo di tempo non potranno riaprire come prima. C’è chi ha detto: investo per riammodernare, riqualificare la mia struttura. Ci son già diverse richieste che ci sono arrivate. Questa è una fase in cui gli albergatori devono fare riflessioni importanti».
– L’offerta turistica ligure comprende anche un vasto patrimonio di seconde case che spesso avrebbero bisogno di riqualificazione, specialmente in questa nuova fase in cui ci sarà più attenzione alla qualità.
«Nella bozza del decreto ci sono risorse importanti per la riqualifcazione delle seconde case, 110% di credito fiscale vuol dire che si può fare tanta roba. Per l’economia locale, per l’impresa di costruzione locale è tanto ossigeno. Si parla di trentamila euro per la riqualificazione, il rifacimento delle facciate, per tutto quello che riguarda la ristrutturazione. L’Ecobonus secondo me può essere un boost importante per la ripartenza. Ma proprietari di seconde case e imprenditori devono sì ricorrere alle risorse finanziarie che lo Stato attraverso i vari decreti legge mette a disposizione, adesso ci saranno anche risorse importanti a fondo perduto, ma devono mettere anche un po’ delle loro risorse. Secondo me ci possono essere opportunità che vanno colte rapidamente, facendo sistema. Il governo sta facendo molto, le banche anche, Intesa Sanpaolo vuole fare tanto in termini di finanziamenti, in termini di strumenti abbiamo sviluppato collaborazioni per poter aiutare gli imprenditori a crearsi un sito web attrattivo per il consumatore, per sviluppare una piattaforma di e-commerce, per fare formazione anche nel settore turistico-alberghiero. Non si tratta solo di soldi, anche di tanto altro, di innovazione anche in termini di attenzione all’ambiente, di innovazione tecnologica che porta anche a ridurre l’impatto sull’ambiente. Questo in una regione come la Liguria è fondamentale. Quindi gli investimenti che verranno fatti nel settore ricettivo potrebbero cambiare il percepito del consumatore verso questo territorio. E c’è anche l’interno, noi pensiamo sempre alle spiagge della Liguria, ma c’è molto, anche in termini enogastronomici, nell’entroterra».
– In che modo il Coronavirus cambierà abitudini e attitudini dei consumatori? Forse si viaggerà meno e in cambio si pretenderà più qualità?
«Senza dubbio, come dicevo, la qualità peserà più che in passato. Ma è un concetto da intendere in senso lato. Per esempio l’attenzione alla green economy, che se vogliamo ha poco a che fare con il Coronavirus – ma fino a un certo punto, considerazioni di vario tipo sull’argomento si sono fatte in queste settimane – l’attenzione all’impatto sull’ambiente diventeranno ancora più determinanti rispetto agli anni scorsi nelle scelte dei consumatori, non solo del turismo ma di tutti i tipi di prodotti e di servizi. Noi avevamo messo a disposizione, ancora prima del Coronavirus, perché vedevamo già questo trend, 50 miliardi per la green economy e 5 miliardi per circular economy. Questi sono trend irreversibili e se c’è l’attenzione del consumatore verso questi aspetti è chiaro che qui dobbiamo investire. Nel turismo come in tante altre cose. Tanto più in un Paese come l’Italia dove mare, montagna e laghi costituiscono un unicum».
– Al turismo è sempre più associato l’agroalimentare. Si viaggia anche per fare esperienze enogastronomiche
«L’agroalimentare è un altro elemento di forza della Liguria, ma anche qui bisognerà ragionare come proporsi ai consumatori in maniera distintiva. La qualità dell’offerta dovrà essere al centro delle strategie commerciali future, il che significa anche sostenere le filiere, valutare la logistica, considerare anche quanto il Coronavirus ci ha fatto capire in termini di utilizzo di piattaforme di e-commerce».
– L’e-commerce in effetti permette di raggiungere consumatori molto lontani.
«Non solo. Un punto di debolezza del sistema Italia è la dimensione delle aziende e la Liguria è caratterizzata da aziende ancora mediamente più piccole rispetto al panorama nazionale. Aziende che hanno difficoltà a trovare risorse per innovare in termini di prodotto ma anche in termini di canali di distribuzione. L’e-commerce le facilita e lo abbiamo visto in questi giorni dove il negozio di quartiere si è attrezzato con una piattaforma per raccogliere la domanda dei consumatori. Ma bisogna puntare sulla qualità, riorganizzarsi, perché per vendere in Australia le olive taggiasche bisogna sapere comunicare, e quindi costruire un sito in cui si faccia capire e apprezzare il prodotto, e poi ovviamente bisogna riuscire a farlo arrivare dall’altra parte del mondo. In compenso non c’è bisogno di avere un importatore, un commerciale, una logistica di dimensioni importanti. Questi sono elementi sui cui le nostre piccole e medie aziende dovranno puntare per essere più competitive».
– L’e-commerce, comunque, non basta per fare viaggiare le merci, occorrono le infrastrutture e la Liguria dispone di un importante sistema portuale…
«Per il settore porto-mare molto dipende dagli investimenti infrastrutturali, il giorno in cui le grandi opere fossero realizzate è chiaro che il settore potrebbe esplicare un potenziale enorme. È la finestra sull’Europa, oltre che sul Nord Italia: potrebbe essere il porto dell’Europa centrale. In Liguria c’è grande spazio per investire, la regione può giocare un ruolo importante in Europa, non solo nel Nord Italia. A Genova, La Spezia, Vado, ci sono tante belle cose. E la logistica deve essere sempre più pensata in termini di un’economia globale è strategica. I quattro tasselli per fare ripartire l’economia ligure sono qualità del prodotto, qualità della comunicazione, e-commerce e strutture che consentano di fare girare le merci. Secondo me c’è spazio per poter fare».
– Un fattore di debolezza della Liguria è costituito dalle dimensioni delle sue imprese, in gran parte piccole e piccolissime. Come si può superare questa difficoltà?
«Bisogna fare sistema. le aziende più forti in questo momento devono farsi un po’ carico, insieme al sistema bancario, delle aziende della filiera. Normalmente una grande azienda si avvale di artigiani, di aziende più piccole per poter completare il proprio prodotto. Per ripartire bisogna essere saldi nella filiera, perché le aziende piccole sono più fragili ma anche l’azienda più solida potrebbe avere problemi nel momento in cui le venisse meno qualche fornitore strategico, magari non potrebbe completare il prodotto per mancanza di una vite, banalizzando la cosa. Fare sistema vuol dire farsi carico di sostenere chi è più debole all’interno della filiera. Con Sanlorenzo stiamo completando un’operazione in tal senso, per dare attenzione a tutti gli artigiani che operano sul territorio. Noi naturalmente facciamo un accordo finanziario, ma per la formazione Intesa mette a disposizione piattafome digitali. Abbiamo pacchetti di formazione di diverso tipo, non solo fianziaria, ma anche in altre cose che gli imprenditori ci chiedono, lo facciamo in collaborazione con Confindustria. Un’iniziativa che purtroppo abbiamo dovuto interrompere per il Coronavirus è legata ai giovani: ci siamo presi l’impegno di formare a livello nazionale 5 mila ragazzi gratis in collaborazione con la Fondazione McKinsey, facciamo dalle tre alle nove settimane, secondo il contenuto. Molto della formazione riguarda l’accoglienza, il settore alberghiero e la ristorazione, per dare quegli elementi di base che consentono a un giovane di inseririsi immediatamente, ma soprattutto di essere efficace dal primo giorno in cui entra nella struttura, e tutto gratis, sia nei confronti dei giovani sia nei confronti delle aziende, che se ritengono possono entrare in questo network che abbiamo creato e dal quale possono attingere. Abbiamo iniziato lo scorso anno con una forte selezione a monte e devo dire che i riscontri sono estremamente positivi, perché più dell’80% di giovani che hanno fatto questi corsi ha trovato lavoro».
– In Liguria sono attive molte aziende impegnate nell’high-tech, realtà come Ansaldo Energia, un colosso come l’Istituto Italiano di Tecnologia, il parco sccientifico-tecnologico degli Erzelli, mentre Leonardo e Fincantieri mantengono in questo territorio importanti attività di ricerca. Inoltre sono intorno alle grandi aziende si sono formate delle startup. Pensa che l’high-tech sia una leva importante per lo sviluppo della regione?
«È importante ma c’è ancora molto lavoro da fare. Consideriamo alcuni dati. il numero dei laureati in discipline scientifiche e tecnologiche è 15,1 per 1000 abitanti tra i 20 e i 29 anni in Liguria, 16,4 nel Nord-Ovest e 13,2 in Italia. Gli addetti alla Ricerca e Sviluppo: 5 ogni 1000 abitanti in Liguria, 6,5 nel Nord-Ovest, 5,2 in Italia. Intensità brevettuale: 74,7 brevetti registrati all’European Patent Office per milione di abitanti in Liguria, 120,9 nel Nord-Ovest e 74,6 in Italia. Sono presenti 190 start up su 11.206 in Italia, 246 pmi innovative su 1.080 in Italia La spesa per R&S è pari all’1,38% del pil, in linea con il Nord-Ovest dove è a 1,44% e la media italiana di 1,37%, ma le imprese investono meno di quanto non succeda in media nel Nord-Ovest: 0,82 per la Liguria, 1,13 per il Nord-Ovest. La pubblica amministrazione e l’Università contribuiscono maggiormente: 0,56 per la Liguria, 0,31 per il Nord-Ovest».
– Come si spiegano questi dati?
«Torniamo al discorso delle piccole dimensioni delle imprese. Da questa crisi un altro fattore che potrebbe emergere è quello dell’aggregazione. Noi auspichiamo e riteniamo che questa crisi possa portare a processi di aggregazione. Quando si riesce a facilitare un processo di aggregazione, in modo che nella filiera un soggetto possa acquisire, aggregare le realtà più piccole otteniamo un duplice vantaggio, uno di preservare l’occupazione, l’altro di crescere in termini dimensionali e quindi avere più risorse. La dimensione delle aziende liguri è decisamente più bassa rispetto alla media nazionale che è già caratterizzata da piccole aziende. Questo è determinante nei rapporti contrattuali della piccola impresa verso fornitori e clienti ma anche nella sua capacità innovativa. Un’azienda che ha 50 milioni di fatturato e investe il 2% del proprio fatturato per l’innovazione mette un milione, l’azienda che ha cinque milioni di fatturato ne mette centomila».
– Come si può superare questo handicap?
«Per stimolare processi di aggregazione le agevolazioni fiscali sarebbero di grosso aiuto».
– E voi all’innovazione tecnologica potreste contribuire?
«Sicuramente quello delle start up e delle innovazioni tecnologiche è un nostro pallino, tant’è che qui nel grattacielo c’è l’Innovation center che è stato costituito qualche anno fa con l’obiettivo di sostenere l’innovazione. Abbiamo il 25 per cento di quote di mercato nell’ambito di startup e e pmi innovative, nel senso che in Italia sono circa 11 mila le startup e e noi ne abbiamo quasi tremila come clienti, finanziate con l’ausilio del fondo centrale e via dicendo, e ci sono iniziative che mettiano in atto, anche itineranti sul territorio, di selezione e di stimoli per le start up. Abbiamo un progetto,“B Heroes” , che abbiamo purtroppo stoppato per l’emergenza sanitaria, per selezioniamo aziende sul territorio nazionale da premiare con dei contributi, in Liguria in questa edizione ce n’erano due o tre che avevano passato la pre-selezione. Avevamo anche previsto una tappa a Genova per il Progetto Giovani e lavoro, può darsi che si riesca a farla entro fine anno».
– C’è anche la risorsa dei finanziamenti europei per l’innovazione
«Alla fine dello scorso anno abbiamo creato un team di ingegneri molto bravi dedicato a individuare le opportunità derivanti dai finanziamenti europei per l’innovazione. I soldi europei arrivano poco in Italia perché non siamo in grado di presentare i progetti. Abbiamo tutti i presupposti per dare coraggio a un imprenditore che voglia accettare la sfida. L’imprenditore sa che ha una banca al suo fianco che lo può aiutare per trovare risorse, strumenti come la formazione, la piattaforma e-commerce, il modo di presentarsi, perché in Italia dall’indagine che abbiamo fatto a livello nazioanle siamo sotto la media europea in termini di capacità di utilizzo dello strumento web per comunicare con i clienti».
– Quanto sarà grave la crisi economica?
«Dipenderà molto da noi. Nessuno di noi ha colpa del virus ma l’uscita dalla crisi dipenderà molto da noi, dal mettere da parte l’egoismo e lavorare molto sull’altruismo, sulla collaborazione. Mi riferisco anche a quello che dicevo sulla filiera, ma in generale noi banche dobbiamo sostenere le famiglie, le imprese, fare arrivare liquidità, essere vicini agli imprenditori. Io dico sempre ai miei colleghi: chiamate l’imprenditore, fatevi sentire perché l’impreditore, sì, può avere bisogno anche di pagare lo stipendio, le scadenze e quindi bisogna fornirgli le risorse necessarie ma sorattutto deve sapere che c’è una banca che gli può essere a fianco per riaprire, e ripartire, il che vuol dire investire. Le risorse, la liquidità ci sono. Ma temo che molti possano domandarsi: riapro o chiudo e mi ritiro? Non dimentichiamo che nel nostro Paese molti imprenditori sono avanti con l’età. Chi ha più di 60, 65, 70 anni può prendere anche una decisione di un certo tipo. Noi – ne siamo consapevoli e e ne sentiamo la responsabilità – dobbiamo dare coraggio a chi vuole andare avanti, a chi non si arrende».