“Nessun territorio e nessun settore probabilmente uscirà indenne dagli effetti della crisi che stiamo vivendo in questi giorni, che sta coinvolgendo sia l’offerta che la domanda e sta avendo importanti impatti anche sui mercati finanziari, e che modificherà per un lungo periodo di tempo le nostre abitudini e i nostri comportamenti. Tuttavia, alcune caratteristiche strutturali dell’economia della Liguria possono darci indicazioni su quelli che saranno gli impatti della pandemia sull’economia ligure: vocazione industriale non particolarmente spiccata, minor propensione all’export (che in questo frangente la espone meno sui mercati esteri), peso rilevante dei servizi e del comparto turistico e specialità agro-alimentari apprezzate a livello internazionale”. È quanto risulta da un’analisi economica sul territorio ligure realizzata da Romina Galleri e Giovanni Foresti, economisti della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo.
Secondo l’analisi ecco quali sono i settori più resilienti in Liguria.
“Il settore che dalla pandemia può ricevere un impulso è senza dubbio quello delle Scienze della Vita (farmaceutica e biomedicale) e tutte le imprese che lavorano in filiera per questo settore. In Liguria queste aziende nel 2019 erano riuscite a raddoppiare le esportazioni passando da 279 a 555 milioni di euro in un solo anno. L’evoluzione risulta ancora più interessante se si analizza un periodo di tempo più lungo: dal 2008 al 2019, infatti, le esportazioni liguri sono aumentate di oltre 480 milioni di euro (erano pari a solo 75 milioni di euro nel 2008) e l’avanzo commerciale ha assunto segno positivo, raggiungendo quota 456 milioni di euro (nel 2008 era negativo per 94 milioni di euro). Questi numeri confermano che la regione, grazie al traino di Genova, in poco tempo ha acquisito una specializzazione in un settore in crescita in questa fase di emergenza, ma anche nel medio-lungo termine, spinto dall’invecchiamento della popolazione (la Liguria è la regione più anziana d’Italia) e dalla sempre crescente attenzione alla prevenzione e alla qualità della vita. Si tratta di un segnale positivo, che in questo contesto potrebbe farci pensare a un nuovo balzo nel 2020”.
“Tra i settori più resilienti vi è il settore agro-alimentare che può beneficiare di una maggior richiesta proveniente dalla grande distribuzione, nota positiva, a fronte della forte riduzione della domanda da parte del settore ho.re.ca (alberghi e ristorazione) e delle difficoltà di traporto per le esportazion. In ambito non manifatturiero, tra i settori più resilienti vi sono la gdo e la piccola distribuzione alimentare, poiché attivi nella commercializzazione di beni di prima necessità”.
“A questi si aggiungono la sanità, in prima linea nell’affrontare questa emergenza, e le telecomunicazioni e i servizi informatici, sempre più strategici in un contesto in cui la tecnologia ha acquisito un ruolo crescente nel ridurre le distanze fisiche tra le persone. Genova è sede di un polo ict sviluppatosi storicamente nel segmento delle telecomunicazioni ed elettronica per la difesa. Con circa 1.400 unità locali e 10.000 addetti questo polo pesa l’1,8% sull’attività economica regionale in termini di addetti e l’1,5% per quanto riguarda le unità locali, un dato in linea con il ruolo che il settore ict ha a livello nazionale”.
Le filiere più esposte
“Tra i settori più colpiti sicuramente vi è la filiera del turismo (alloggio e ristorazione) e trasporto passeggeri e tutto il comparto delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento), particolarmente rilevante per la regione. Queste attività sono state le prime ad essere impattate dal blocco degli spostamenti, ancora prima della sospensione delle attività introdotta dal Dpcm del 22 marzo. Molto probabilmente saranno anche le ultime a cui sarà consentito di riaprire. Rispetto ad altre regioni, però, il minor grado di internazionalizzazione delle presenze turistiche (i turisti italiani hanno, infatti, un’incidenza di circa il 59%) potrebbe giocare a favore della regione. Quando l’emergenza sanitaria sarà finita è più probabile che in ambito nazionale si registri un graduale ritorno alla normalità soprattutto dei viaggiatori italiani. Il processo sarà più lento per i turisti stranieri”.
“Nel settore agricolo, vanno rilevate le difficoltà del florovivaismo, rappresentato in regione dal distretto florovivaistico del ponente ligure, che vede nella primavera il momento cruciale per la vendita di sementi, piante in vaso, fiori e prodotti utili alla realizzazione di orti e giardini fioriti. Al momento è stata consentita la vendita di fiori e piante attraverso la gdo, ma l’assenza di cerimonie e manifestazioni, la chiusura di alberghi e ristoranti e il minor contributo dell’export si stanno abbattendo pesantemente sul comparto”.
“L’impatto di questa emergenza è particolarmente alto anche nel manifatturiero, dove la quota di attività sospese dal Dpcm del 22 marzo è pari al 57% in Liguria, con un impatto inferiore rispetto alla media italiana (63%), grazie ad una buona specializzazione nei comparti considerati “essenziali” come chimica, elettronica, elettrotecnica e aerospace. Tra i settori manifatturieri più colpiti vi sono quelli più aperti al commercio estero. Tra questi ci sono i produttori di beni di investimento, come la filiera metalmeccanica e della cantieristica navale, penalizzati dalla forte incertezza che frena le decisioni di acquisto di imprese e privati in Italia e all’estero e dai blocchi delle filiere produttive dovute alle misure di contenimento del virus”.
“La pandemia sta avendo effetti particolarmente rilevanti anche sulle costruzioni (ferme in regione per decreto nel 60% del totale delle attività). Occorre comunque segnalare che stanno procedendo i lavori per la ricostruzione del Ponte Morandi.
Anche alcune tipologie di servizi saranno particolarmente colpite: tra questi i servizi di trasporto (soprattutto marittimi e aerei), il commercio al dettaglio e all’ingrosso non alimentare, il commercio di autoveicoli (a marzo in Italia le immatricolazioni sono calate dell’85%) e alcuni servizi alla persona (come centri benessere, estetiste, parrucchiere)”.
Ci sono spazi, in un territorio complesso come la Liguria, per tornare a produrre qualcosa che oggi l’Italia è costretta a comprare all’estero?
“L’emergenza Corona Virus non fa altro che confermare la strategicità delle filiere: laddove sono state conservate, saranno meno probabili interruzioni delle forniture. Per questo in prospettiva sarà importante sostenerle, evitare sfilacciamenti e, laddove si sono indebolite, intervenire per ricreare le condizioni ideali per un nuovo sviluppo di terzisti in loco. Questo potrebbe intensificare il fenomeno del reshoring di alcune produzioni. Peraltro, una nostra indagine condotta qualche anno fa evidenziava come in ambito italiano nella meccanica e nel sistema moda fosse alta la quota di imprese capofila che intendeva riportare in Italia produzioni precedentemente esternalizzate che avevano avuto problemi di qualità e affidabilità. Ciò conferma come gli imprenditori italiani siano altamente sensibili al tema, riconoscendo l’importanza e la strategicità delle filiere locali. Anche in Liguria, in prospettiva ci sono spazi per intensificare attività in alcuni settori che l’attuale emergenza ha fatto emergere come strategici. Si pensi, ad esempio, a settori già in forte crescita nel recente passato come la filiera agro-alimentare o i settori delle scienze della vita, o la filiera chimica o l’elettronica che, come si è visto, hanno un peso particolarmente alto in regione e possono ricoprire un ruolo sempre più importante in ambito italiano”.
Opportunità da cogliere
“La diffusione del Coronavirus sta mettendo a dura prova il tessuto economico nazionale e ligure. Non dobbiamo però dimenticare che momenti come questi possono presentare anche opportunità, che possono essere colte. Ad esempio, non sarà più come prima il nostro rapporto con la tecnologia che in questo periodo è entrata in maniera sempre più prepotente all’interno delle nostre case attraverso il lavoro e le lezioni a distanza, i social e il commercio on line. Cambieranno le organizzazioni aziendali: prima di questa emergenza solo un’impresa su dieci adottava lo smart working; questo numero è destinato ad aumentare anche quando tutto sarà finito. Più lavoro agile significa una migliore riconciliazione casa-famiglia-lavoro e, in gran parte dei casi, una più elevata produttività del lavoro e, quindi, una maggiore competitività del tessuto produttivo. Ciò porterà le imprese ad aumentare i loro investimenti in tecnologia e in competenze digitali, anche per ripensare i modelli distributivi in un’ottica omni-channel e cogliere le opportunità che vengono dal commercio online, uno dei pochi settori in forte crescita e in controtendenza in questa fase. Peraltro, già prima di questa emergenza, si era assistito a un balzo dell’e-commerce: le prime stime per il 2019 indicavano un valore delle vendite on-line pari a 31,5 miliardi in Italia, più del doppio rispetto a soli 5 anni prima. Il potenziale di sviluppo del commercio online è ancora grande, soprattutto in alcuni settori di specializzazione della Liguria come l’agro-alimentare. La specializzazione della regione nel settore Ict potrà dare un contributo importante, fornendo tecnologia al tessuto economico locale.
Le azioni immediate per ripartire bene dopo la pausa forzata di questi mesi
“L’eccezionalità dell’emergenza richiede azioni decise: in particolare, sarà fondamentale non far mancare alle imprese la liquidità necessaria per far fronte alla caduta della domanda. Sarà decisiva la rapidità con la quale queste risorse raggiungeranno i destinatari. In questo contesto, si potrà poi assistere a processi di consolidamento e aggregazione, che andrebbero sostenuti sia per evitare perdite di capacità produttiva e know-how, sia per favorire lo sviluppo di un tessuto produttivo più strutturato e con maggiori risorse per vincere le sfide della tecnologia e dell’internazionalizzazione”.