Una rete di relazioni sociali indotta da un riassetto urbanistico capace di connettere luoghi e attività sociali oggi separati dalla logistica e dalla dislocazione di aree produttive, commerciali e residenziali. Sulla possibilità di costruire questa rete, fisica e virtuale, si gioca il futuro di Sampierdarena, Cornigliano e in generale della val Polcevera, secondo le indicazioni emerse dal convegno del Rotary Club “Sampierdarena e Ponente genovese: quale futuro?” che si è tenuto ieri sera nella sala della Società di letture e conversazioni scientifiche a Palazzo Ducale.
«Una delle missioni del Rotary – ha spiegato Marco Beltrami, presidente del Rotary Club Genova Ovest – è di favorire lo sviluppo del territorio. Con questa iniziativa il nostro club ha voluto favorire un dibattito e la messa in circolazione di idee sul futuro di una importante parte di città».
Una parte di città, quella lungo l’asse del Polcelvera, che si è impoverita a causa della contrazione del comparto industriale cittadino e della minore occupazione generata dal porto, è isolata dal resto di Genova dall’attuale assetto urbanistico e soffre di una perdita di senso di indentità dovuto alla scarsità di relazioni sociali.
Paolo Odone, presidente di Ascom Confcommercio Genova, ha ricordato: «Genova ha perso 300 mila abitanti in cinquant’anni, e questo ovviamente ha prodotto dei cambiamenti, la perdita di buona parte della grande industria ha prodotto un impoverimento della popolazione legata a questa attività, soprattutto operaia, che era concentrata nell’area della val Polcevera, e infine gli spazi lasciati dall’industria sono stati occupati da grandi concentrazioni commerciali. Il risultato è che, per fare un esempio, in via Cantore non si riescono a vendere immobili di pregio neppure a prezzi molto bassi. Le soluzioni comunque ci sono, ed è bene, come metodo, che vengano condivise con cittadini e associazioni».
Non è solo in calo demografico ad avere indebolito il tessuto sociale dell’area, ha rilevato nel suo intervento Francesco Cozzi, procuratore capo presso il Tribunale di Genova, un ruolo determinante hanno giocato l’impoverimento economico con il conseguente il venire meno del senso di identità, che a sua volta fa percepire come minacciosa la presenza di una numerosa comunità straniera che non si è ancora fusa con la popolazione già residente.
«A Sampierdarena – ha spiegato Cozzi – secondo i dati delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria, ci sono 66 mila residenti che, rispetto ai 550-560 mila di tutta Genova, fanno il 12-13% della popolazione totale cittadina. Nella zona di Sampierdarena, rispetto a Genova, i reati sono del 9-10%. Questo contraddice la voce per cui Sampierdarena avrebbe una particolare pericolosità. C’è una differenza tra il percepito e il reale, questo significa che la percezione di insicurezza deve ricondursi a cause diverse dall’effettivo tasso di criminalità. Odone l’ha ricondotta alla forte diminuzione della popolazione in generale, noi al fatto che si tratta di un territorio in cui sono venuti a sfilacciarsi il senso di identità della popolazione, il senso di appartenenza, a causa anche della presenza extra-comunitaria, presenza forte ma non a vocazione criminale. Gli extracomunitari in quest’area sono 13 mila, quasi tutti ecuadoriani, che formano una comunità a vocazione pacifica, a parte alcuni episodi, soprattutto passati, di aggressioni, di ubriachezza».
Secondo Cozzi «il senso di appartenenza può essere recuperato attraverso centri di aggregazione che riescano a drenare energie positive dal resto della città e dai residenti. Sampierdarena ha perso un po’ la memoria delle sue vestigia storico-architettoniche, che sono ricchissime, ha perso centri di produzione artigianale e industriale che erano molto forti. Il recupero di vivibilità dipende anche a dalla creazione di nuove attività, di un tessuto imprenditoriale ideato in funzione del porto. L’area deve recuperare il suo rapporto con il mare con la presenza di artigiani e altri operatori che hanno a che fare con le attività del mare, che non è solo quella delle grandi navi ma anche della nautica».
«Appartenenza – ha sottolineato don Marino Poggi – non significa semplicemente possibilità di consumo e quindi di una vita dignitosa, ma relazione. Il senso di appatenenza è possibile soltanto se ritroviamo la gioia del territorio, del condividere. Bisogna partire dal principio: io sono qualcuno se sono in relazione. Occorrono quindi occasioni e anche luoghi fisici dove intrecciare queste relazioni».
La creazione di occasioni e luoghi per la rigenerazione sociale dell’area è l’obiettivo dell’amministrazione comunale.
L’architetto Anna Corsi, direttore dell’Urban Lab del Comune di Genova, ha spiegato: «L’amministrazione intende adottare una strategia comune per Sampierdarena, Cornigliano e l’asse della val Polcevera, che hanno elementi determinanti in comune, in primo luogo luogo il rapporto con le grandi infrastrutture. Oggi stiamo ricostruendo infrastrutture che sono crollate o costruendone di nuove, con la prospettiva di individuare parti di territorio che, libere dal traffico, possano essere riqualificate: via Sampierdarena, via Buranello, parti di abitato dove esistono poli molto importanti, come il Teatro Modena, la sala Mercato, le ville storiche. Elementi urbani che, liberati dal traffico e messi a sistema tra di loro, diventerebbero luoghi di vita interessante. In sostanza l’area dipende moltissimo dalla logistica. Bisogna cercare i convertire una negatività in opportunità».
Ha concluso i lavori l’architetto Simonetta Cenci, assessore comunale all’Urbanistica: «Nei progetti che stiamo elaborando e mi riferisco in particolare a quello del parco del Ponte dell’area del Polcevera, l’obiettivo è proprio quello dell’integrazione tra persone e tra luoghi e fisica, la creazione di un mix di persone e di attività. Quando faremo colloquiare le aree industriali con quelle residenziali – ora lungo la val Polcevera una parte è tutta industria e l’altra tutto abitato – avremo diverse situazioni e nuove relazioni sociali. Anche gli industriali della zona di Campi gradiscono molto la prospettiva di creare collegamenti con l’altra sponda».
L’assessore precisa che il Comune sta ragionando su ciò che è la legge regionale urbanistica in relazione alle necessità dell’Ente: «La legge permette che, con interventi di recupero e ricostruzione sul costruito, ci possano essere agevolazioni fiscali per chi sia interessato a investire, recuperare edifici all’interno di determinate zone. Quindi bisogna creare una planimetria all’interno della quale inserire zone problematiche in cui poter lavorare con agevolazioni fiscali e incentivi».
Si parte dall’area ferita dal crollo del ponte Morandi: «Il progetto di Boeri, vincitore del concorso, rimane all’interno dell’area che avevamo dato come primo lotto, ma ha progettato un percorso ciclopedonale che riguarda realmente tutto il quartiere sia residenziale sia produttivo. il cerchio rappresenta la connessione tra due rive, che è fondamentale».
Stefano Boeri, capogruppo del team che ha vinto il concorso per il “Parco del Polcevera e il Cerchio Rosso”, così a suo tempo aveva presentato il suo progetto: «Un Cerchio di acciaio, rosso, un anello che abbraccia, – passando sotto il nuovo Ponte – un territorio di ferro, acqua, cemento e asfalto. Il Cerchio Rosso di acciaio, memoria di una potente tradizione di altoforni, gru, carroponti, corre attorno ai luoghi più vicini alla tragedia del 14 agosto 2018. Li abbraccia senza separarli dal loro contesto, ma anzi legandoli tra loro, salda tra loro le parti separate con un percorso ciclo/pedonale e distribuisce l’energia rinnovabile prodotta dai collettori solari, termici e fotovoltaici, presenti sui tetti degli edifici, dalla Torre del Vento e dalle pavimentazioni piezometriche (che contribuiscono simbolicamente al bilancio energetico) convertendo in energia i flussi che percorrono il nuovo Ponte e il Cerchio. Energia e movimento che confluiscono nella Torre del Vento».