Due sentenze della Corte di Cassazione respingono la tesi di Agenzia delle Entrate per cui un maxicanone iniziale pari al 40%-50% del valore del leasing di una unità da diporto sia di per sé indice di “abuso del diritto”, né rileva che l’importo del maxicanone sia determinato in ragione di una permuta.
Tra i principali elementi di prova addotti alla base del cosiddetto “abuso del diritto” c’erano il maxi canone del 40%-50%, la sua corrispondenza al valore della permuta dell’usato, la durata di 36 mesi e l’importo notevolmente basso del canone di riscatto. La Cassazione ha confermato le sentenze di primo e secondo grado delle Commissioni tributarie, che avevano visto l’Agenzia delle Entrate soccombente, con le quali è stato stabilito che il versamento di un maxicanone pari al 50% del prezzo dell’imbarcazione è “funzionale all’opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing” e il basso prezzo del riscatto finale è stato ritenuto coerente con il fatto che i canoni pagati dall’utilizzatore fossero effettivamente tali da coprire quasi interamente il costo finanziario dell’operazione e “non fosse nella specie interpretabile quale indizio di una carenza della funzione finanziaria del contratto” (Cass. Civile, anno 2019, Sez. 5, sentenza n. 9591).