«Se decideremo di mettere soldi dei cittadini per salvare Banca Carige la banca sarà dei cittadini». Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio intervenendo questa mattina alla Camera per rispondere alle interpellanze urgenti su Carige.
L’ipotesi di nazionalizzazione, nata dalla possibilità di ricapitalizzazione precauzionale prevista dal Decreto Carige come un’ulteriore misura a tutela dei clienti, peraltro è già stata scartata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria che pochi giorni fa, nell’audizione davanti alle commissioni Finanze di Camera e Senato, aveva detto: «L’accostamento alla nazionalizzazione appare improprio», si tratterebbe non di nazionalizzazione ma di ricapitalizzazione «precauzionale e temporanea» e comunque «il governo auspica una soluzione privata della crisi che consenta il superamento in via definitiva delle attuali difficoltà».
Il commissario di Banca Carige, Pietro Modiano, il 9 gennaio scorso, rispondendo alle domande dei giornalisti, aveva dichiarato: «Nazionalizzazione di Carige? Nego che sia un’ipotesi di cui parlare, è un’ipotesi che non è sul tavolo, non necessaria, solo teorica ed estrema». Secondo Modiano la possibilità di ricapitalizzazione nel decreto «è stata messa avanti allo scopo di dire che comunque vada, anche nella più assurda delle ipotesi negative, non solo c’ è l’ ombrello temporaneo del governo coi Bot, ma c’è anche quella. Il messaggio è: comunque la banca non cade, comunque non va in liquidazione».
Di Maio oltre a quello della banca dei cittadini ha ripreso altri temi cari all’elettorato grillino, come i rapporti tra banche e politica, e ha dichiarato che la crisi di Carige, è dovuta alla «gestione scellerata non solo per l’ incompetenza dei manager ma anche per le commistioni della politica», al fatto che «vecchia politica e banche sono andate a braccetto». In proposito Di Maio ha fatto i nomi di Alessandro Scajola, Luca Bonsignore, Giovanni Marongiù, Alberto Repetto.
Secondo il vicepremier, Carige avrebbe assunto rischi molto alti su «numerose operazioni discutibili», tra cui 450 milioni di finanziamenti erogati al Gruppo Messina, 250 milioni concessi al Parco degli Erzelli, 35 milioni per un mutuo concesso al gruppo Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone, 20 milioni al gruppo che fa capo Beatrice Cozzi Parodi, e «prestiti o fidi, in parte sanati ma che hanno provocato sofferenze alla banca, sono stati erogati ad alcune società riconducibili al dottor Enrico Preziosi e alla Prelios che faceva capo a Pirelli Re, del gruppo Pirelli»