I fondi per la ripresa della città sono insufficienti, nel Decreto Genova c’è più Ischia che Genova, per il Terzo Valico i fondi ci sarebbero, stanziati dai governi precedenti, ma sono bloccati da un rigurgito di oltranzismo fesso, e la confusione causata dal governo giallo-verde sulla nomina del commissario e sui rapporti con Autostrade sta facendo perdere alla città milioni di euro. È il giudizio di Claudio Burlando, due volte presidente della Regione Liguria (2005- 2015), già deputato e, dal 1996 al 1998, ministro dei Trasporti.
«Hanno portato il decreto in consiglio dei ministri il 13 – dichiara Burlando a Liguria Business Journal – perché Conte potesse dire il 14 che era stato approvato, dopo di che litigano furiosamente e non l’approvano, perché “salvo intese” vuol dire che non c’è, passano due settimane, ti aspetti che le cose migliorino e poi ti accorgi che sono peggiorate brutalmente. I provvedimenti previsti sono stati tagliati, ci sono le voci ma sono molto meno significative di prima, evidentemente non ci sono i soldi per coprire queste spese, non c’è più la Zes, scomparsa, e soprattutto non c’è il commissario».
Perché non c’è ancora il commissario? «Ci sono due linee nel governo, una completamente anti-Aspi e l’altra meno per diverse ragioni, una forse anche geopolitica: i Benetton sono nel Veneto, hanno sede lì, il Veneto è la cassaforte della Lega, c’è Zaia, ci sono contatti, finanziamenti passati. Questa può essere una motivazione. E sarà anche per non mandare un segnale contro le imprese».
«Comunque – prosegue l’ex governatore ligure – Di Maio e Toninelli hanno convinto Salvini a fare la revoca. Se ho capito bene solo su questa tratta autostradale, comunque sia il problema è che la revoca non la puoi fare con un decreto. È un atto amministrativo, impugnabile, si andrà davanti a un Tribunale. Il punto fondamentale è che con questa procedura si andrà avanti per anni e durante questi anni il concessionario, sia pure, per così dire, in fase di revoca, rimane concessionario, anche di quella tratta ferita dal Ponte caduto. E allora la via di fare costruire il ponte dal concessionario o comunque di fare partecipare il concessionario in qualche modo, in un certo senso sotto dettatura, dicendogli: “tu sei lì ma si fa come diciamo noi” renderebbe tutto semplice. Il soggetto incaricato di fare il ponte sarebbe già stabilito, non servirebbero gare, si potrebbe associare chi indica il governo, per esempio Fincantieri. La via sarebbe giuridicamente spianata. Ma cosa accade se questi qui non devono più toccare biglia»?
«La formula che si usa nel decreto – precisa Burlando – è: il commissario può agire in deroga a tutte le normative, meno a quelle, superiori e vincolanti, europee. Ma cosa dicono le norme europee? Che per fare un’opera come questa ci vuole una gara! È una faccenda giuridicamente complicata. Il fatto è che, a parte lo scontro politico, c’è chi vuol prendere voti colpendo Autostrade. C’è il ragazzotto che ferma Di Maio ai funerali e gli dice: “fagli il culo”. E quello risponde: “ti prometto che non toccheranno più biglia”. Quindi, revoca della concessione, niente costruzione del ponte. Dopo di che il problema è che oltre a dire dei no, bisogna dire dei sì. E come si fa a bloccare anche il Terzo Valico? Bisogna essere pazzi. Il ponte non c’è, la Gronda giocoforza si ferma perché doveva farla Aspi, il progetto è suo. Tanto non la vogliono fare. Ma hanno messo i fondi per Ischia, e non per il Terzo Valico, c’è più Ischia di Genova».
I fondi per Genova «sono pochissimi. Anche perché un conto è se avessero fatto un accordo con Aspi, che ci metteva 500 milioni di euro. Potevano dire che tutto questo non incide sulla revoca della concessione: non mi fido di te, sei stato negligente e vado avanti come un treno nella revoca. Non solo. Non mi fido di te e non ti faccio costruire il ponte da sola, voglio mettere accanto a te una impresa pubblica, di cui mi fido, Fincantieri. Intanto usiamo i 500 milioni per il ponte, il trasporto locale, il personale in più che deve impiegare il Comune, l’opera di rimozione, la casa per gli sfollati, le aziende da delocalizzare, quelle che perdono soldi. Ora hanno detto che Aspi è fuori e si apre un capitolo giuridicamente complicatissimo. Ed essendo l’estromissione un atto non concordato con Aspi ma coattivo, impugnabile, hanno dovuto mettere nei bilanci dei prossimi anni risorse e quindi è rimasto pochissimo per il porto».
I nodi, secondo Burlando, sono: «Il rapporto governo-Aspi e l’incapacità. Questi sono abituati a scrivere un post e a pensare che un post sia una legge. Ma un post non è una legge, non è un decreto ministeriale, non è neanche una circolare. Un post è un post. Ora il decreto deve andare da Mattarella, poi in Gazzetta Ufficiale, poi entrare in vigore e poi passano dieci giorni e si nomina il commissario. Abbiamo perso due mesi. In una città che sta perdendo milioni e milioni di euro. Due mesi perché al governo non sanno come fare. E hanno detto una bugia colossale, smentita dal procuratore, cioè che non si può operare perché c’è il sequestro. Ma il procuratore ha detto: io glielo dò il dissequestro. E del resto i ponti in acciaio ormai si fanno in officina. Anche uno stadio lo fai in officina e poi lo monti. E il ponte è una linea retta, prevalentemente. Se tu hai il commissario, il progettista e l’impresa che fa l’opera, in un mese fai il progetto. Ci potrebbero già essere il commissario, il progetto e l’impresa che fa il ponte. Il problema è che non sanno decidere. E in più ci mettono la cazzata: un ponte polifunzionale entro cui si possa anche andare a mangiare. Ma prima bisogna pensare a quello che è fondamentale, poi si vedrà».
Per il Terzo Valico, in realtà, il problema non sono i fondi. «I fondi li hanno già messi i governi precedenti. C’è già stato il via libera del Parlamento, quello del Cipe, il parere favorevole della Corte dei Conti. Rimane un atto banale, che è l’erogazione. E qui ci si blocca, per un rigurgito ideologico oltranzista e fesso. Così oltre a non avere più il ponte, a non sapere più che fine farà il progetto della gronda ci troviamo con il progetto del Terzo Valico bloccato».
Un rigurgito ideologico che Burlando aveva cercato di contrastare anche con un convegno tenuto nel marzo 2013 a Palazzo Ducale: “Felici di crescere. Lavoro, imprese, istituzioni: insieme per uno sviluppo sostenibile”.
«Ecco – spiega – perché diedi quel titolo al convegno nel 2013. Sentivo questa ondata e ho dato l’allarme. Il fatto è che c’è gente che sta bene, sta a Sant’Ilario, piena di soldi fino al collo, e se infischia se il paese va a rotoli, anzi gongola perché ha affermato il suo principio».