Dopo il dolore e lo sgomento per la tragedia di Ponte Morandi, e la volontà di reagire che ha fatto emergere una Genova unita e propositiva, sono esplose le prime proteste, e polemiche sulla ricostruzione, appena iniziata. Un gruppo di persone ieri ha protestato, davanti all’entrata del consiglio regionale riunito in seduta congiunta con quello comunale dedicata alla tragedia del 14 agosto, per le incertezze sui tempi di consegna delle nuove abitazioni, per l’impossibilità di vuotare le case che saranno demolite e per l’esclusione degli abitanti della zona dai tavoli dove si programma la ricostruzione. Alla manifestazione hanno fatto seguito dichiarazioni polemiche da Roma.
Giovanni Toti, presidente della Regione e commissario delegato all’emergenza, di fronte alla protesta ha fatto presente che i nuclei familiari al momento sfollati sono 255, è stata avviata la ristrutturazione di 300 case pubbliche, che verranno consegnate secondo una lista di priorità stilata dal Comune di Genova insieme all’assessorato regionale all’Edilizia e ad Arte. Gli alloggi pubblici a disposizione dei nuclei sono a oggi 170, di cui 88 già assegnati oppure opzionati. C’è anche un’offerta di alloggi privati, al momento 96 di cui 4 già assegnati o opzionati. Chi non vuole attendere l’assegnazione dell’alloggio pubblico, in base all’ordinanza nazionale di Protezione Civile può provvedere autonomamente ad affittare un alloggio, chiedendo un contributo fino a un massimo di 900 euro mensili.
«Sono numeri di cui siamo abbastanza orgogliosi» ha commentato Toti. Difficile dargli torto. Si potrà farlo forse tra qualche mese, se gli annunci di questi giorni saranno smentiti dai fatti, ma oggi, a meno di un mese dalla tragedia, no. Anzi, se i programmi verranno rispettati – per soccorrere chi ha perso la casa ma non solo, anche per risolvere i difficili problemi di viabilità e di competitività del porto e delle aziende coinvolte nel disastro – Genova e i suoi amministratori avranno realizzato qualcosa che nel nostro Paese potrà essere presa come esempio.
Sia ben chiaro che la rabbia di chi si è visto cadere un ponte sulla propria casa è comprensibile. Come è comprensibile lo smarrimento di fronte alle inevitabili incertezze sull’assegnazione degli alloggi e tanti altri problemi. Si fa presto a dire “stiamo a vedere se davvero faranno quello che hanno detto”, stando seduti sulla poltrona di casa propria.
I dimostranti, comunque, non erano tutti sfollati. Tra loro c’era, per esempio, Andrea Agostini, presidente del circolo Nuova Ecologia Legambiente. «No, non abito nella zona – dichiara Agostini a Liguria Business Journal – ero alla manifestazione perché ne condivido le ragioni. C’ero a titolo personale e anche come esponente di Legambiente. In passato ho lavorato con abitanti della zona sulla questione della Gronda già ai tempi del débat public, comunque i manifestanti ieri chiedevano due cose di interesse immediato: poter rientrare nello proprie case per prelevare documenti, oggetti, mobili e partecipare ai tavoli in cui si programma la ricostruzione. E io sono d’accordo. È vero che nelle abitazioni nell’area di Ponte Morandi non si può entrare per cause tecniche, ma a cause tecniche bisogna trovare soluzioni tecniche. Come è stato fatto, giustamente, per Ansaldo Energia. È questione di costi, tra l’altro, ma le soluzioni si possono trovare. Ed è giusto che gli abitanti partecipino ai lavori per la ricostruzione, che possano dire la loro opinione, avanzare le loro proposte, pur senza la pretesa che vengano tutte automaticamente accolte. Ora i diretti interessati sono esclusi dai tavoli».
Agostini non abita sotto Ponte Morandi, e non sappiamo in quale misura i quasi seicento sfollati si sentano rappresentati dai dimostranti di ieri, ma c’è chi è intervenuto sulla questione molto più da lontano. Il vicepresidente del consiglio dei ministri Luigi di Maio, ieri, avuta notizia della protesta, ha sentenziato che gli sfollati sarebbero stati lasciati in balia dell’elemosina di Autostrade. Toti ha risposto che servono fatti e non polemiche. Dopo settimane di polemiche inutili, meschine e volgari, sollevate soprattutto da Di Maio stesso e dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli. Polemiche che possono fruttare applausi ai funerali, e convincere potenziali investitori stranieri a stare alla larga dall’Italia, ma non portano un mattone per ridare una casa a chi l’ha persa.