Zona franca o Zona economica speciale per favorire l’elettrificazione delle banchine del porto di Genova. È la proposta dell’Ordine degli Ingegneri di Genova per il riutilizzo storico funzionale ecologico dell’ex centrale Enel del porto di Genova e per elettrificazione delle banchine, in vista dei provvedimenti Ue antinquinamento che entreranno in vigore nel 2020 e del trend in atto in Europa a favore della protezione dell’ambiente marino e dei porti.
Sul numero n° 4-7-luglio 2018 di A&B, giornale dell’Ordine degli Ingegneri di Genova si spiega che l’Ue prevede almeno due possibilità per incentivi e minori costi dell’energia: l’istituzione di una Zona Franca o di una Zona Economica Speciale, che sembrano avere tutte le caratteristiche per adattarsi al “caso Genova”.
«Fra le misure da adottare per la riduzione dall’emissione in atmosfera dei residui di combustione dei motori navali – si legge su A&B – ribadiamo che rientra la possibilità di soddisfare il fabbisogno di energia elettrica da terra (cold ironing) attraverso punti di rifornimento da predisporre lungo le banchine portuali».
«Un provvedimento, apparentemente semplice nella sua logica, già in uso nei porticcioli turistici per le imbarcazioni da diporto, che comporta una serie di problemi tecnici quando le potenze in gioco assumono valori considerevoli e in alcuni casi paragonabili al consumo di una piccola città».
«Fra le critiche avanzate dagli armatori all’elettrificazione delle banchine, maggiore è quella relativa al costo del chilowattora che il gestore/distributore imporrebbe per rifornire navi. Studi già avviati in questo senso hanno stabilito in modo chiaro che, attualmente, la convenienza ad autoprodurre il fabbisogno di energia elettrica della nave stazionata in porto supererebbe (e non di poco, ovvero di oltre il 50%) la fornitura da banchina. La principale ragione risiede principalmente dal confronto del costo del KWh elettrico prodotto con mgo (combustibile marino allo 0,1% di zolfo che gode di esenzione da imposte) rispetto a quello normalmente applicato dal produttore/ distributore all’industria».
Meglio nel nostro caso la Zona Franca o la Zona Economica Speciale?
«Una ZES, Zona Economica Speciale – spiega A&B – è un’area geografica nel cui ambito sono previsti incentivi per e aziende che vi operino, in deroga alle norme generalmente in vigore; il loro l’obiettivo è quello di attirare investimenti, anche dall’estero, grazie alla concessione di agevolazioni fiscali, finanziarie, amministrative ed infrastrutturali favorendo la crescita del livello occupazionale. L’idea potrebbe essere dunque quella di ricorrereall’istituzione di una sorta di ZES ligure quale strumento politico inteso a sviluppare l’uso del cold ironing all’interno delle aree portuali nell’intento di rispondere ad una chiara politica di salvaguardia ambientale, così come peraltro auspicato dalla stessa UE con a Raccomandazione CE n. 2006/339/ CE. Le iniziative che si avvierebbero all’interno di una ZES operante in ambito europeo hanno necessità di essere “autorizzate” in sede UE, potendosi configurare come “aiuti di Stato” e dunque incompatibili con l’art. 107 del Trattato. Fra le iniziative e misure si potrebbe far ricomprendere investimenti in conto capitale (che si tradurrebbero in finanziamenti all’armamento per il refitting delle navi all’utilizzo dell’elettricità da banchina ovvero alle AdSP che intendessero strutturare una propria rete di distribuzione elettrica nei propri ambiti), esenzione di dazi, imposte e oneri sociali: tutte misure che risponderebbero in pieno al raggiungimento di obiettivi in linea con la politica comunitaria “di sviluppo economico o di talune attività”».
La Zona Franca «rappresenta invece una parte del territorio di uno Stato che, pur mantenendo ogni altro aspetto amministrativo propri del territorio dello Sato in cui insiste, è caratterizzata da un regime doganale esclusivo. L’istituzione di una ZF “energetica” nell’ambito dell’area portuale di competenza dell’AdSP del Mar Ligure Occidentale, potrebbe anch’essa rappresentare il giusto strumento operativo er poter favorire l’avvio del cold ironing sulle banchine liguri-savonesi. La ragione che ne sottende e ne giustifica il ricorso, è rappresentata dall’ambivalente possibilità di fornitura dell’energia elettrica – servizio essenziale per il funzionamento della nave – attraverso la consueta produzione con i motori diesel-elettrici di bordo ovvero facendo icorso alla fornitura da terra. Entrambe le forniture “energetiche” combustibile per la produzione del KWh o KWh fornito direttamente da terra) dovrebbero essere qualificate in analogia indipendentemente dalle modalità i cessione, e pertanto, da considerarsi univocamente rientranti nel regime le cessioni all’esportazione».
In conclusione, «quelle sopra rappresentate potrebbero costituire iniziative per favorire lo sviluppo del cold ironig nei porti nazionali, ed in particolare in quelli di Genova e Savona, atteso che l’UE ha riconfermato alla Svezia l’autorizzazione già in vigore dal 2006 e fino al 2020 (V. Decisione del Consiglio el 14/10/2014) per l’applicazione di un’aliquota di imposta ridotta sull’energia elettrica direttamente fornita alle navi all’ormeggio in ossequio a uanto raccomandato dall’art. 19 della Direttiva 2003/96/EC».