«È proprio sicuro che ci sia bisogno di un matrimonio per Carige? I matrimoni non sono decisioni da prendere alla leggera: io ne ho fatto solo uno, che dura da cinquant’anni». Così Giuseppe Tesauro, nel febbraio scorso, a margine di una riunione dell’Esecutivo dell’Abi, aveva risposto a un giornalista che gli chiedeva se Carige avesse in prospettiva un accordo di integrazione.
Potrebbe essere questo uno dei punti di divergenza sulla governance della banca, indicata da Tesauro come motivo delle sue dimissioni da presidente del cda.
Perché l’ad Paolo Fiorentino in fatto di aggregazioni è di parere contrario. Ovviamente Fiorentino ha sempre tenuto a sottolineare che le decisioni in proposito spettano agli azionisti ma non ha mai fatto mistero di ritenere inevitabile l’aggregazione di Carige con un altro istituto bancario. A margine dell’assemblea dei soci del 29 marzo scorso aveva dichiarato: «Le aggregazioni bancarie sono inevitabili, Carige non può sottrarsi a questo processo, l’importante e che si presenti ai tavoli delle trattative con tutte le carte in regola per essere protagonista attivo. Io lavoro − ha aggiunto − perché la banca e gli azionisti abbiano le opzioni, poi gli azionisti potranno scegliere. Io ho una mia opinione. È in atto, ed è inesorabile, un processo di consolidamento e quindi io non mi aspetto che Carige si possa permettere di rimanere fuori da questo processo, che genera valore per i territori e per gli azionisti, però bisogna andarci con il vestito buono, e noi ci andremo con il vestito buono, un vestito molto elegante».
Nel comunicato con cui oggi Carige annuncia le dimissioni di Tesauro si legge anche che il presidente emerito della Corte Costituzionale «è entrato a far parte del Consiglio di Amministrazione della Società nel 2016 ed il suo nominativo è stato tratto dalla lista presentata dal socio Malacalza Investimenti S.r.l. e votata dalla maggioranza dell’Assemblea ordinaria del 31 marzo 2016».
Il fatto che venga ricordato che sia stato Malacalza Investimenti (primo azionista della banca con una quota del 20,6%, a proporre Tesauro potrebbe indicare che le divergenze denunciate da Tesauro non riguardano il maggior azionista. Potrebbero riguardare Fiorentino. Anche perché Vittorio Malacalza non si è mai espresso in favore di una aggregazione. Non solo. Il cda presieduto da Tesauro non ha ritenuto di accogliere la richiesta del nuovo azionista Raffaele Mincione (entrato dopo l’aumento di capitale con il 5,4%) di accogliere suoi esponenti. Mincione e Fiorentino hanno sempre mostrato una reciproca stima.
«Se parlo con Mincione? − aveva detto l’ad all’assemblea del 29 marzo rispondendo a una domanda dei giornalisti − Tendo a sentire tutti gli azionisti, perché da tutti porto a casa dei feedback, quindi sento anche Mincione, che tra l’altro mi sembra parli un linguaggio clamorosamente simile a quello degli altri azionisti e quindi io insisto nella raccomandazione che forse sarebbe meglio che gli azionisti si parlassero, perché noi abbiamo bisogno di una struttura azionaria forte, il più coesa possibile. Noi siamo gratissimi in particolare agli storici azionisti, che hanno sostenuto la banca nei momenti più complicati, Malacalza e Volpi, e naturalmente guardiamo con altrettanto favore al sostegno che viene dato all’azienda dai nuovi azionisti. L’auspicio è quello che prima di mettersi a litigare si capisca qual è il colore delle maglie, magari sono tutti del Genoa o della Samp».
Nella stessa occasione Giulio Corrado, in rappresentanza di Wrm Group di Mincione, aveva dichiarato: «a seguito delle dichiarazioni emerse nel corso dell’assemblea odierna di Banca Carige vogliamo ribadire il nostro appoggio all’ad Paolo Fiorentino per l’ottimo lavoro svolto. Oggi non dobbiamo dimenticarci dei momenti bui che Carige ha passato, né dimenticarci che anche altre banche hanno dovuto affrontare grandi difficoltà e che non tutte sono riuscite a portare a termine l’aumento di capitale. Per questo oggi abbiamo deciso di essere presenti in assemblea e di votare il bilancio, a dimostrazione della fiducia verso l’ad Fiorentino e il piano di ristrutturazione che sta portando avanti in maniera egregia».
Malacalza Investimenti, intervenuta all’assemblea attraverso il legale Luca Purpura, aveva chiesto a Fiorentino chiarimenti su diversi punti, tra i quali i costi dell’aumento di capitale e di rafforzamento patrimoniale.
In passato Vittorio Malcalza aveva favorito l’uscita del predecessore di Fiorentino, Guido Bastianini. Ma le dimissioni dell’ad oggi potrebbero essere inopportune.
Fiorentino ha portato a termine con successo il difficile aumento di capitale, sta terminando la campagna di dismissioni e realizzando il piano di de-risking con il raggiungimento degli obiettivi in anticipo. La banca ha chiuso il primo trimestre 2018 con risultato positivo di 6,4 milioni, dopo cinque anni di risultati e trimestri in rosso e conferma 28,8 milioni come target di net profit alla fine dell’anno. I mercati potrebbero reagire negativamente a un altro terremoto ai vertici di Carige, oggi il titolo è sceso del 2,47%.
Intanto bisognerà provvedere a nominare il nuovo presidente. Secondo esperti del settore sarà compito dell’assemblea dei soci, tra i quali per l’occasione potrebbero aprirsi nuove dispute.