Un 2017 con i fiocchi per il commercio estero ligure che, pur rappresentando una quota marginale delle esportazioni nazionali (1,8% del totale), registra una performance superiore alla media italiana e in linea con quella del Nord Ovest: l’export cresce dell’8%, l’import del 15% (rispettivamente +7% e +9% i risultati italiani). Depurati dalla cantieristica e dal greggio (le componenti più volatili), i numeri della Liguria sono ancora più interessanti: le importazioni crescono del 12% tra 2016 e 2017, le esportazioni addirittura del 15%.
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A livello geografico, il 43% delle importazioni e il 47% delle esportazioni liguri ha come partner un Paese europeo. Le restanti importazioni provengono per il 27% da Paesi asiatici, per il 16% dall’Africa, per il 13% dall’America. L’export extra-europeo si indirizza verso Asia (22%), America (17%), Africa (11%).
Per export, i primi cinque partner della Liguria sono Usa (11,1%), Francia (9,5%), Germania (8,8%), Spagna (6,1%), Cina (5,7%). Per import, ai primi posti Spagna (9,7%), Usa (8,7%), Azerbaijan (8,6%), Germania (5,8%), Francia (5,5%).
I dati sono stati presentati oggi nel corso dell’assemblea annuale di Alce, Associazione ligure commercio estero, i cui soci si sono riuniti nel foyer del Carlo Felice. “L’età dell’incertezza”, questo il titolo scelto per l’assemblea, un chiaro riferimento all’attuale clima commerciale e politico, nazionale ed estero: mentre i dati mostrano gli Stati Uniti al primo posto tra i partner commerciali liguri (primi per export, 11,1%, secondi, dopo la Spagna, per import (8,7%), a tenere banco sono proprio le minacce di Donald Trump sull’introduzione di restrizioni al commercio, che rischiano di penalizzare anche i traffici regionali: «Da 73 anni – afferma Riccardo Braggio, presidente di Alce – la nostra associazione è contro qualsiasi tipo di barriera doganale: nelle guerre sui dazi non ci sono mai vincitori, ma solo sconfitti». L’auspicio è quello che il presidente americano possa rivedere le proprie posizioni, ma secondo Braggio non è l’unico a doverlo fare: «Mi auguro che anche l’Europa possa cambiare qualcosa: è il Paese più protezionistico del mondo, con dazi medi del 5,3%. Negli Usa sono del 3,5%, in Australia addirittura del 2,7%».
Nel 2017 la Liguria ha esportato merci verso gli Usa per 879 milioni di euro, mentre le importazioni ammontavano a 771 milioni di euro, per un saldo commerciale positivo della regione nei confronti del Paese a stelle e strisce. Tra 2016 e 2017 le esportazioni verso gli Usa sono cresciute significativamente anche a causa di un forte aumento dell’export connesso al settore navale. Depurato di questa componente, l’aumento registrato passa da +143% a +64%. Escluse navi e imbarcazioni, le esportazioni liguri verso gli Stati Uniti si compongono principalmente di prodotti chimici (15%), macchinari e apparecchiature (13%), prodotti alimentari (7%).
Del resto il cambiamento, o meglio, la necessità di cambiare, è un po’ il concetto chiave della mattinata, e non solo in riferimento al contesto mondiale: «Nell’ultima classifica della Banca Mondiale sulla Facilità di fare impresa, l’Italia si colloca al 46esimo posto – dice Braggio – Secondo l’analisi i nostri imprenditori sono penalizzati in particolare da tre aspetti: la tassazione, la difficoltà a ottenere credito e la difficoltà di far valere i contratti, fattore che metterei al primo posto, considerando la lentezza delle cause e l’incertezza dei risultati». Insomma, come più volte sottolineato dagli addetti ai lavori, fare business in Italia è una vera impresa. E la Liguria non è esente da questa situazione: «Anzi, ci sono ulteriori aggravanti – aggiunge Braggio – a partire dalla mancanza, per anni, di una programmazione locale a lungo termine. Ma anche la difficoltà di reperimento di personale qualificato, la mancanza di spazi e di una zona franca portuale, chiesta da anni e mai realizzata. E ancora, la necessità di migliorare la collaborazione con enti e associazioni di categoria». Un aspetto su cui il sindaco di Genova Marco Bucci, in apertura di convegno, ha rassicurato gli imprenditori in sala, sottolineando che «l’amministrazione pubblica non è più un ostacolo all’impresa, ma vuole essere al suo fianco» e guardando il bicchiere mezzo pieno: «Condivido la visione di incertezza, ma allo stesso tempo sono convinto di una certezza, quella che Genova si stia rilanciando e stia crescendo. Ci sono tante opportunità, tiriamoci su le maniche e lavoriamo per questa città».
Dello stesso avviso il presidente di Alce, «bisogna affrontare con coraggio l’incertezza e lavorare insieme perché ci sia progresso e crescita per tutti», afferma. Ma per farlo è necessario rivolgere maggiore attenzione agli imprenditori locali: «Si parla tanto di marketing territoriale – afferma Braggio – ma il problema non sta tanto nell’attirare nuove imprese, quanto nell’evitare di perdere quelle che già abbiamo». A questo proposito, approfittando anche della presenza in prima fila di Paolo Odone, presidente dell’Aeroporto di Genova, Braggio tocca il capitolo “trasporti” e sottolinea l’importanza dello scalo genovese in chiave non tanto turistica, quanto imprenditoriale: «Bene tutti gli investimenti fatti in questi ultimi anni – afferma – ma mi piacerebbe vedere anche qualche investimento su linee dirette verso hub strategici, effettuate nelle ore giuste da compagnie di bandiera, e non da low cost che danno poche garanzie. Puntiamo di più anche sul traffico merci».