I dati Usa Eurozona e Cina hanno favorito nei giorni scorsi la propensione al rischio sui mercati finanziari internazionali.
Negli Stati Uniti, le nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono uscite invariate a 211.000 unità, meno delle attese, mentre l’indice d’inflazione al consumo di aprile è risultato in aumento dello 0,2% rispetta al -0,1% di marzo; l’indice di fiducia dei consumatori redatto dall’Università del Michigan a 98,8 punti si è rivelato stabile rispetto al dato precedente, ma meglio delle previsioni degli analisti. In generale, dati coerenti con il ciclo di crescita economica in atto e con l’aspettativa di un possibile nuovo aumento dei tassi di riferimento da parte della banca centrale statunitense, la Fed, di 25 punti base (con l’approdo alla soglia del 2%) alla sua prossima riunione del 12-13 giugno.
In Eurozona, da segnalare il buon dato della produzione industriale italiana a +1,2% contro una stima di +0,5% e il precedente -0,5%, ma ancora meglio è risultata quella tedesca a +3,2% contro il precedente +2,6% ed il +3,0% stimato dagli analisti; buone anche le vendite al dettaglio italiane a +2,9% dal precedente -0,6%. E proprio a seguito di tali dati, sui mercati valutari, dopo un minimo da inizio anno a 1,182, la divisa unica ha provato lunedì 14 a superare quota 1,20, tuttavia mantenuta solamente per alcuni minuti di negoziazione: già il giorno successivo si è riportato rapidamente verso quota 1,18, risegnando il precedentemente citato minimo da inizio anno a 1,182; il dollaro statunitense, per altro, si conferma forte contro lo yen giapponese verso il quale ha superato quota 110,30 (sempre martedì 15).
In Cina, più che confortanti i dati delle esportazioni (+12,9% contro il +8% previsto) e delle importazioni (+21,5% dal precedente +14,4%), particolarmente graditi ai mercati azionari, soprattutto, statunitensi, che hanno cercato di accantonare, almeno in parte e per il momento, i timori di rallentamento della crescita globale, a seguito dell’introduzione da parte degli Stati Uniti di dazi commerciali sulle importazioni di vari prodotti provenienti da diverse aree geografiche (per il momento, in prevalenza asiatiche).
In un così ritrovato clima di maggiore propensione al rischio sui mercati finanziari internazionali, gli indici di volatilità implicita calcolati sui principali listini azionari internazionali ha rivisto valori che non si registravano da inizio febbraio (Vix sull’S&P500 “a pronti” poco sopra il 13% e “a termine” in area 14,50, comunque, superiore al valore “a pronti”). A migliorare ulteriormente il sentiment sui mercati azionari globali hanno contribuito anche le trimestrali societari statunitensi, ormai quasi al termine del periodo di annunci, a conferma della buona dinamica degli utili societari: l’agenzia Bloomberg riferisce che sulle 454 società dell’S&P500 che hanno riportato, il 76,11% ha battuto le stime degli analisti sul fronte degli utili. Positive le performances settimanali in euro dei principali indici azionari (benchmark) redatti da Morgan Stanley: Usa +2,44%, Giappone +0,87%, Cina +2,82%, Area Euro +0,76% ed Emergenti +1,97%.
Ciò nonostante, non manca la cautela tra gli operatori, in scia a un articolo, pubblicato sul Wall Street Journal lo scorso week end e poi rimbalzato sui mercati e sui media europei a inizio settimana, secondo cui nelle prossime settimane l’amministrazione Trump potrebbe stabilire nuovi dazi sul comparto auto europee (che, però, a inizio di contrattazioni settimanali, non è parso turbato più di tanto). Induce alla cautela anche il riacuirsi di nuove tensioni nell’aria medio-orientale, in particolare con l’ apertura dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme (14 maggio), fortemente voluta dal presidente Donald Trump e condivisa con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Da tempo l’evoluzione dei possibili scenari nell’area medio-orientale (è rimasto ancora aperto il controverso “dossier Siria”) è attentamente monitorata dagli analisti, a seguito anche della recente reintroduzione, da parte dell’amministrazione Trump, delle sanzioni all’Iran (precedentemente rimosse a fine 2015 dall’allora presidente Obama).
Che cosa guardiamo questa settimana
In uscita dagli Usa, molto attesi dagli investitori, i dati delle vendite al dettaglio e della produzione industriale di aprile.
In uscita dall’Europa, i dati del pil destagionalizzato a/a del I trimestre, della produzione industriale e dei prezzi al consumo (CPI m/m e a/a), sui quali sarà interessante valutare l’impatto, quanto meno sul dato cosiddetto “headline”, del recente rialzo dei prezzi del petrolio, che, nel corso delle ultime settimane, hanno nuovamente aggiornato i loro massimi da novembre 2014 in area 72 e 78,50 dollari al barile, rispettivamente, per il Wti statunitense e il Brent londinese. Non è, infatti, da escludere un dato “core” – ossia depurato dalle variazioni dei prezzi dei prodotti energetici, del trasporto e alimentari – un po’ oltre le attese degli analisti, come, forse, lasciato intendere dal rendimento del governativo decennale tedesco (bund), ritornato sopra la soglia di 0,60% (0,645%), a fronte di un rendimento dell’omologo governativo statunitense (Treasury) anch’esso in salita e tornato sopra il 3% (3,069%).
Discorso a parte, invece, per il nostro governativo decennale (Btp), il suo rendimento è salito fino all’1,95% e, conseguentemente, lo spread vs. bund ha sfiorato i 140 punti base dai poco meno di 120 di circa due settimane fa, a seguito dell’allungarsi dei tempi di risposta delle forze politiche per la costituzione di un Governo per il Paese, in una fase in cui stanno proseguendo i colloqui tra le due forze politiche uscite vincenti dall’ultima consultazione del 4/3 scorso, Movimento Cinque Stelle e Lega, un confronto per la formazione del prossimo Governo, dai nomi dei singoli ministri fino alla scelta del premier, non privo di difficoltà, come pure di perplessità da parte di alcuni analisti e investitori, sulla sostenibilità delle possibili future misure ricomprese nel programma di governo in corso di definizione. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso ancora tempo ai leader delle due forze politiche, ma non si dovrebbe andare oltre questa settimana, visti e sentiti anche i moniti che stanno arrivando via via da diversi esponenti dell’Unione Europea.