«Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente», recita un aforisma generalmente attribuito a Mao Ttse Tung. Il leader cinese avrà avuto le sue ragioni per apprezzare la confusione, chi cerca di capire qualcosa sulla politica ligure aspirerebbe invece a un po’ di chiarezza. Perché la confusione sta esagerando, una nube oscura è stata avvistata nel cielo romano, in Lombardia, in Liguria, a Genova e a Imperia, e ha proiettato la sua ombra su Forza Italia.
Cerchiamo di ricostruire le ultime vicende e di capirne il senso.
A Roma, secondo alcune voci, il candidato premier di M5S Luigi Di Maio e il leader della Lega Matteo Salvini avrebbero definito un “accordo di metodo” per assegnare le presidenze delle Camere. Una a M5S e una alla Lega.
La nomina dei presidenti potrebbe essere il primo passo per un coinvolgimento di tutti i partiti rappresentati in Parlamento: le poltrone da assegnare sono tante, bisogna nominare vicepresidenti, segretari d’aula, questori. Ogni partito, secondo i rapporti di forza usciti dalle urne, riceverebbe il suo contentino. E l’accordo generale, oltre a distendere i rapporti tra le forze politiche e a permettere l’avvio dei lavori parlamentari, potrebbe anche facilitare le manovre per la formazione di un nuovo governo. Diverse le ipotesi in campo.
Una è che democratici e Forza Italia in qualche modo non chiudano completamente la strada a un governo a 5 Stelle. Questa ipotesi è ostacolata dalla riluttanza di M5S ad avere rapporti con Pd e Forza Italia e da quella del Pd e Forza Italia ad avere rapporti con M5S. Non solo perché, come hanno detto alcuni esponenti democratici, i grillini «ci hanno sempre offeso» – in politica le parole hanno la consistenza del vapore acqueo – ma perché buona parte del programma di M5S consiste nello smantellare quanto hanno fatto i governi Renzi e Gentiloni. Sicuramente si opporrebbero i renziani, ma anche i non renziani (quelli di sempre e anche quelli scesi di recente dal carro del segretario sconfitto) difficilmente potrebbero accettare di veder finire nel bidone dei rifiuti cinque anni di vita del loro partito. Il Pd è allo sbando ma a tutto c’è un limite.
Da parte sua Berlusconi ha sempre escluso un’alleanza con M5S che probabilmente lo metterebbe in imbarazzo a livello europeo.
Pd e Forza Italia potrebbero al massimo partecipare a un governo sostenuto da tutte le forze politiche, sotto la regia del presidente della Repubblica. Un governo difficile da mettere insieme, troppo distanti tra loro sarebbero alcuni dei partiti chiamati a sostenerlo.
Verificata l’impossibilità di un governo “di salute pubblica”, “nazionale”, “di scopo” (quale?) o come si voglia chiamarlo, resterebbe la possibilità di un governo M5S-Lega. Di Maio e Salvini potrebbero iniziare a tessere la loro tela. I due partiti hanno alcuni punti programmatici in comune. Non mancherebbero però gli ostacoli. Il primo: senza Forza Italia Salvini non sarebbe il leader della coalizione più forte ma del partito più debole tra i due e dovrebbe cedere il passo (la presidenza) a Di Maio, candidato del maggior partito italiano. Prima di inghiottire un boccone così indigesto il leghista proverà a battere tutte le altre strade possibili.
E se, nonostante tutto, l’accordo tra le due forze considerate “populiste” si troverà? Su questo punto, in mattinata, è esplosa la polemica all’interno di Forza Italia. Secondo quanto dichiarato al Secolo XIX dal coordinatore degli azzurri liguri, Sandro Biasotti, se la coalizione di centrodestra si spezzerà a livello nazionale, cadranno anche le giunte regionali in cui leghisti e italo-forzisti governano insieme.
Per Toti sarebbe la fine della sua giunta, del modello ligure di stretta alleanza Lega-FI che intende proporre a livello nazionale, e anche delle sue possibilità di manovra. Perché Toti è il generale comandante ma il grosso delle truppe è della Lega, ormai più forte di Forza Italia, e gli stessi rapporti tra il governatore ligure e Berlusconi (e il suo entourage) non si sa quanto siano saldi.
Naturale, quindi, che l’ex direttore di Studio Aperto e Tg4 non veda così automatica la reazione a catena prevista da Biasotti. Al coordinatore ligure hanno risposto due degli assessori più vicini al presidente della giunta, Giacomo Giampedrone e Ilaria Cavo. In un secca nota stampa diffusa dall’agenzia di comunicazione Press | 2BeSpin, Giampedrone dichiara: «Legare le sorti del nuovo governo a quelle della giunta regionale ligure sarebbe pura idiozia politica.Vorrei ricordare al senatore Biasotti, se mai se lo fosse dimenticato, che in Liguria il presidente Toti è espressione diretta di Forza Italia, non della Lega. Nel 2015 abbiamo firmato un patto di coalizione con tutti gli elettori del nostro territorio e con questo schema vincente intendiamo proseguire, per ripresentarci ancora più forti nel 2020 alla prossima tornata delle regionali. Non mi dimentico infine – conclude Giampedrone – che con il medesimo schema, di centrodestra ampio e con l’apporto importante di realtà civiche che non si riconoscono nei partiti classici, siamo riusciti in soli due anni a conquistare tutti i capoluoghi di provincia in cui ci siamo presentati al voto, con le vittorie storiche di Savona, Genova e La Spezia. Biasotti vorrebbe seriamente provare a smontare tutto questo? Io non credo. Le dichiarazioni dell’amico Sandro sono quindi del tutto intempestive e fuori luogo. Spero vivamente che il suo sia stato solo un brutto, ancorché evitabile, scivolone».
Secondo Ilaria Cavo, «anche solo pensare di far dipendere le sorti della coalizione regionale da quelle del governo nazionale rappresenta un azzardo e un salto logico non rispettoso della volontà dei liguri e del territorio che l’amico Sandro rappresenta. Il patto di questa maggioranza regionale è un patto con i liguri. L’errore più grave – sottolinea Cavo – sarebbe quello di non rispettarlo per logiche che non appartengono alla nostra volontà di lavorare per lo sviluppo e la crescita della nostra regione. L’obiettivo di tutti noi, incluso il senatore Biasotti, ne sono certa, non può che essere quello di presentarci compatti e ancora più forti alle prossime elezioni del 2020 continuando a lavorare ogni giorno, ognuno con il proprio ruolo, con spirito costruttivo e senso di responsabilità, per il nostro territorio. Sarà così e le reazioni e dichiarazioni di oggi di tutti noi, consiglieri di Forza Italia e maggioranza e assessori, lo confermano».
Sotto il bombardamento dell’artiglieria totiana, Biasotti sembra correggere il tiro. Non risponde personalmente, ma Lilli Lauro, a lui vicina, interviene così: «Dice bene il coordinatore Biasotti: un governo Lega-Cinquestelle a Roma sarebbe una iattura per il paese e troverebbe Forza Italia contraria in ogni modo. Ma questo non c’entra nulla col governo della Regione Liguria e la sua maggioranza che, ricevuta la fiducia dei cittadini con il voto, sta facendo quanto serve per far ripartire la nostra regione. Non c’è alcun collegamento tra ipotesi di scenari futuri e confusi nella capitale e quanto accade a Genova, dove il centro destra governa compatto, e bene, intorno al presidente Toti».
Biasotti e Toti di nuovo d’accordo? Forse sì. C’è però da tenere presente che Lilli Lauro non soltanto è vicina a Biasotti ma è anche capogruppo in consiglio regionale della lista Toti. Ma del resto, secondo alcuni militanti di Forza Italia di solito bene informati sulle vicende di vertice del loro partito, la nube che per qualche ora ha oscurato i rapporti tra i due azzurri non è nata né a Roma né a Genova, bensì nel cielo di Lombardia, per trasvolare subito in quello, meteorologicamente parlando di solito così sereno, di Imperia. Come è noto, venerdì scorso Claudio Scajola, che non è in buoni rapporti con Toti e ha sempre respinto l’idea di una stretta alleanza con Salvini (per l’ex ministro la Lega va bene come alleato non come leader della coalizione) ha annunciato ufficialmente la sua candidatura a sindaco di Imperia. E Gianni Letta, uomo di fiducia di Berlusconi, avrebbe telefonato a Biasotti, avvertendolo che la linea suggerita da Scajola – no a una linea “populista”e alle sparate contro l’Unione europea, no in sostanza a una coalizione caratterizzata dalle parole d’ordine della Lega – è quella di Forza Italia. Non sappiamo se ci sia stato stato un endorsement telefonico in favore di Scajola. In effetti Berlusconi non ha mai detto una parola – in pubblico – sulla candidatura del suo ex ministro, ma in questa fase deve apprezzare molto la linea scajoliana dell’autonomia dei moderati rispetto alla Lega. Anche perché il leader azzurro è costretto a riconoscere che Salvini è il più forte all’interno della coalizione ma certo non si è rassegnato a essere il numero due. Non è nella sua natura.
E così la nube, dopo le sue scorrerie nei cieli della penisola, sembra essersi dissolta. Ma si può dire che sia tornato il sereno? Il meteo è ancora incerto, non si escludono temporali e burrasche.