Una nuova classe dirigente che sia il collante tra amministrazione locale, amministrazione pubblica e cittadinanza, che sia adeguata alle prospettive genovesi, che dia slancio alla crescita economica e allo sviluppo. Questo l’auspicio di Mario Ghini, segretario generale della Uil Liguria che ha aperto il confronto tra i candidati sindaco di Genova organizzato dal sindacato e legato a una piattaforma programmatica sull’economia, il lavoro, le società partecipate, la sicurezza. Dodici i punti focalizzati dalla Uil come una base su cui dovrebbe lavorare la nuova giunta (vedi immagine)
Ecco come, in 10 minuti, ogni candidato sindaco ha dato la propria ricetta per rilanciare l’economia cittadina. Gli interventi si susseguono in ordine alfabetico.
Bucci: attrarre le grandi multinazionali
Marco Bucci, candidato sindaco del centrodestra, punta sul tornare a ragionare come città vincente, concorda con i contenuti della piattaforma Uil e ricorda che nelle “nove città” che compongono la cosiddetta “Genova meravigliosa” del suo programma, il primo punto è la città del lavoro. «Abbiamo un piano operativo di 30 mila posti, non è una sparata, individuando le filiere giuste: porto e logistica, turismo, industria high tech, senza dimenticare l’Università». Forte dell’esperienza di Carestream, l’azienda che ha scelto Genova come sede e oggi ha 250 impiegati, Bucci evidenzia come sia importante far capire che la qualità della vita è senza pari rispetto al Nord, unita al costo inferiore di personale qualificato rispetto a Milano, insieme a quello degli immobili. Il candidato del centrodestra concorda sulla questione sgravi fiscali e utilizzo degli immobili del Comune e rilancia sulle infrastrutture: bisogna pensare al porto dei prossimi 50 anni, non a una ma a due gronde, a un centro smistamento per la ferrovia, abbiamo la possibilità di incrementare di molto il traffico dei teu. Sul commercio Bucci rimarca l’importanza della filiera dei negozi di prossimità, collegandoli però alla necessità di incremento della popolazione residente. La mobilità è un altro punto considerato fondamentale dal candidato: «Tre parcheggi di interscambio stile Famagosta all’ingresso della città – dice – vicini ai caselli autostradali per essere attrattivi anche da questo punto di vista». Sulle partecipate ribadisce che occorre un management competente.
Cassimatis: puntare sull’economia circolare
Marika Cassimatis, candidata indipendente con la propria lista dopo i “problemi” con il Movimento 5 Stelle, ricorda, da dirigente sindacale provinciale per il sindacato di base della scuola Gilda degli insegnanti, quanto proprio il sindacato abbia un «ruolo fondamentale per la democrazia, la pluralità di visioni, per convergere tutti sul rilancio di Genova, pur non condividendo alcuni punti della piattaforma programmatica».
Cassimatis evidenzia come Genova stia perdendo circa 13 abitanti al giorno: si tratta soprattutto di persone in età lavorativa costrette a trasferirsi. «La pianificazione politica non può non tenerne conto. Chi resta, gli over 55, non sono pensionati che vanno assistiti, ma occorrono politiche che possano integrarli ulteriormente». La lista Cassimatis, spiega la candidata, punta sul benessere della società più che su valutazioni legate a reddito e pil: «Bisogna costruire una città attraente, con servizi di base, sinergie, una città accessibile e trasparente».
Il segmento dell’economia circolare è quello su cui bisogna puntare: «Il riutilizzo dei materiali è una risorsa per creare nuovi posti di lavoro. Concordo sulla defiscalizzazione per le imprese». Contraria invece la posizione rispetto alle grandi opere come gronda e terzo valico: «Spesi milioni di euro adesso per un’idea di città che non ci appartiene. Non possiamo pensare di essere come Rotterdam, non abbiamo spazi per i depositi di container, occorre puntare sull’efficienza e la qualità, sulle rinfuse e non sul container». Da insegnante Cassimatis non poteva dimenticare la scuola: «Deve essere al centro della vita dei quartieri, al mattino e al pomeriggio, Genova deve trattenere i giovani con progetti chiari e definiti, cercando opportunità nel territorio attraverso progetti che siano finanziabili anche attraverso l’Unione Europea». Sulla Pubblica Amministrazione Cassimatis ritiene che sia possibile rimediare alla carenza di risorse che si è ripercossa anche sulla diminuzione del personale, riducendo il numero dei dirigenti (senza licenziare, ma attraverso il progressivo passaggio al pensionamento) per assumere giovani.
Crivello (presente al suo posto Pignone): occorre ragionare come Città Metropolitana
«Il Comune non è un’azienda, la città è un sistema complesso, oggi in una fase di transizione». Enrico Pignone, candidato nella lista “Crivello Sindaco”, fa un discorso forte dell’esperienza avuta in consiglio comunale e come consigliere delegato all’Ambiente in Città metropolitana: «Istituzione che caratterizzerà le prospettive e le politiche dei prossimi anni, un’area vasta che dovrebbe comprendere anche Basso Piemonte e il porto di Savona. In base a questa visione si dovranno applicare le strategie per i prossimi 10 anni». Il consigliere uscente ricorda anche che sia i trasporti sia il servizio di raccolta rifiuti saranno messi a gara rispettivamente nel 2018 e nel 2020 non nel perimetro comunale, ma nell’ambito territoriale della Città metropolitana appunto, «occorre dare un orizzonte di più ampio respiro per Amt e Amiu, ma come si fa se la Regione fa scendere il finanziamento per Amt di 12 milioni?».
Secondo Pignone dalla messa in sicurezza del territorio possono scaturire delle occasioni importanti per il lavoro in città: «Il territorio non va considerato solo come supporto meccanico, ma un modo per rivalutare gli spazi che abbiamo, grazie al nuovo puc e a un’oculata pianificazione del territorio si sta riuscendo a costruire sul costruito». Pignone ricorda che su un bilancio comunale di 900 milioni, i mancati trasferimenti dallo Stato sono stati 175 milioni in questi anni: «Abbiamo fatto la scelta politica di mantenere il sociale, occorre rendersi conto che il Comune è il primo erogatore di servizi in città e occorrerà riassumere personale per far funzionare la macchina amministrativa».
I soldi ora vanno cercati attraverso progetti europei: «Non bisogna più pensare solo al Comune, è la cruda realtà, solo con una visione più ampia si riesce a ottenere finanziamenti».
Sull’Università e la ricerca la riflessione non è scontata: «C’è molta competizione tra le varie anime dell’Ateneo e tra i centri di ricerca, una competizione che spesso ha fatto da ostacolo».
Merella: da un nuovo utilizzo delle aree Ilva passa il rilancio della città
Arcangelo Merella, candidato con la lista civica Ge9sì, evidenzia che gli asset di sviluppo cittadini vanno puntati su portualità high tech e turismo. «Sul porto si gioca il futuro della città, visto che dà lavoro a 56 mila persone. Quello di Genova ha una dimensione modesta rispetto a quello di una città simile come Anversa, che occupa 160 mila persone». Merella dipinge anche una situazione innegabilmente vera: «Abbiamo una polverizzazione di piccole e micro aziende con futuro incerto, a Genova non si riesce a dare idea di comunità. Nessuno fa sistema e nessuno ha capito che fare sistema premia».
Porto e infrastrutture: l’ex assessore alla viabilità della giunta Pericu specifica che, una volta messe a punto opere come la piattaforma Maersk, calata Bettolo e calata Ronco Canepa, i container in transito aumenteranno e ciò porterà le autostrade cittadine al collasso senza grandi opere, visto che solo il 10% delle merci esce su rotaia. «Le grandi opere servono per garantire lo sviluppo, altrimenti sarà una decrescita infelice».
Per Merella il turismo è ancora mordi e fuggi e non può garantire da solo il rilancio dell’occupazione: «Abbiamo 1 milioni di metri quadrati fronte mare dell’area dell’Ilva, che sono onestamente troppi per i duemila dipendenti dell’azienda, facciamo una battaglia sulla possibilità di localizzare strategicamente nuove realtà produttive, evitando scempi come Fiumara». Sull’high tech: «15 mila lavoratori agli Erzelli generano un moltiplicatore di 5 persone per ognuno, puntiamo su quello».
Mori: senza ribellione all’Ue il sindaco è solo un commissario liquidatore
Marco Mori, candidato per Riscossa Italia punta a rendere Genova un “caso nazionale”, apripista di una ribellione al «sistema finanziario che usa l’Ue come meccanismo per smantellare le nazioni». Per Mori c’è una possibilità di impugnare il Patto di stabilità («che obbliga ogni anno lo Stato a tassare più di quanto spende») dopo che la Corte Costituzionale ha sentenziato (n. 275/2016) «che non sono i diritti a doversi adeguare alla regola dell’equilibrio di bilancio, ma è quest’ultimo a doversi conformare alla doverosa erogazione di tali diritti».
Aprire un fronte che punti a rendere incostituzionale il pareggio di bilancio secondo Mori è il primo passo per tornare ad avere risorse per le amministrazioni: «Che senso ha dire più sicurezza se poi non posso assumere personale?». Mori è contrario all’attrarre di investitori stranieri «che drenano le risorse per fare profitto e non arricchiscono il territorio».
Pirondini: non ignorare le infiltrazioni mafiose
Luca Pirondini, candidato del Movimento 5 Stelle sostiene che occorre combattere la desertificazione commerciale per avere ripercussioni positive anche sulla sicurezza di aree come Sampierdarena e il centro storico. «Basta riempire i vuoti urbani con parcheggi o grande distribuzione».
Sul porto Pirondini annuncia che lavorerà per far diventare Genova una zona economica speciale e che la competitività portuale oggi si misura sulla tecnologia e la digitalizzazione, sulle infrastrutture immateriali.
Fare rete, come una volta accadeva nel triangolo industriale è fondamentale per Pirondini. E se la decrescita è collegata alla crisi dell’industria, per il rilancio cittadino Pirondini pensa al filone della green economy: «Vale il 10% del pil nazionale», mentre il turismo deve ancora fare passi avanti: «Non so quanto questo boom sia dovuto a politiche efficaci o al fatto che, anche a causa del terrorismo, si scelgono località meno a rischio, comunque non siamo ancora pronti ad accogliere, visto che per il Columbus Day dei cittadini sono stati multati per un breve corteo in zona De Ferrari. Del resto siamo la città che ha demolito anni fa la casa natale di Paganini». Il candidato evidenzia che per ogni euro investito in cultura se ne generano sette: «Non è una spesa, ma un investimento».
In caso di vittoria Pirondini dice che sulle partecipate bisogna cambiare atteggiamento: «Sono state usate come posto dove riciclare politici non eletti o parenti, per questo generano molti debiti». L’esponente del Movimento sottolinea anche che non si parla abbastanza di infiltrazioni mafiose: la Provincia di Genova è seconda solo a Imperia, nel Nord, pensare che non ci sia una correlazione tra ‘ndrangheta ed economia del territorio è folle».
Putti: il rilancio passa per la rigenerazione urbana e il piano di sviluppo energetico
Un mix di risposte puntuali e di visione: Paolo Putti, candidato della lista Chiamami Genova, descrive il programma ispirandosi ai punti indicati dalla Uil. «Vorremmo per esempio fare in modo, per quanto riguarda la messa in sicurezza del territorio, che torni la manutenzione dei rii senza nome, portatori di grandi masse d’acqua quando piove forte, per questo pensiamo a modelli ispirati ai comitati di volontari».
Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare e il possibile utilizzo, Putti dà qualche numero: 40 mila appartamenti non utilizzati, «frutto di una speculazione di gruppi bancari, per questo sarebbe utile pensare Genova come città della ricerca che possa attrarre persone, ma i centri di ricerca devono avere voglia di investire su loro stessi». Come patrimonio non utilizzato si parla di 708 mila metri quadrati di aree ex industriali (di cui 300 mila solo in val Polcevera) e un totale di 3,2 milioni di mq: «Si tratta di aree private e pubbliche, bisogna fare in modo che il privato abbia interesse a cedere per attivare nuovi percorsi industriali, pensiamo anche a interventi di rigenerazione temporanea come accade altrove, da tre mesi a tre anni.
Per l’industria occorre un patto di responsabilità: «Solo mettendo insieme chi fa impresa locale possiamo avere un aiuto su come muoverci – dice Putti – mi preoccupano invece le grandi aziende che non hanno sede in Italia e pensano a “succhiare brevetti” e poi a tornare da dove sono arrivate».
L’altra grande scommessa per Putti sarebbe il Piano d’azione per l’energia sostenibile (Seap) «che porterebbe lavoro per moltissime imprese medio-piccole e valorizzerebbe anche gli immobili». L’isolamento cittadino infine andrebbe rotto anche dal punto di vista mentale, ma senza opere mastodontiche per Putti: «Studi dimostrano che Gronda e Terzo valico sono anche dannose, se pensiamo che al porto di Voltri non arrivano neanche i binari… inoltre questi enormi cantieri vengono assegnati con grandi ribassi che poi non consentono di arrivare in fondo e nei tempi stabiliti, senza tra l’altro impiegare manodopera locale».