Il decreto Balduzzi parla chiaro: un ospedale non può gestire un reparto di emodinamica se non ha un bacino di utenza di almeno 300 mila abitanti. Lo stesso principio vale per altre specialità, come gastroenterologia (minimo 400 mila), dermatologia, malattie infettive (600 mila).
È per questo che l’ospedale San Paolo di Savona rischia di essere ridimensionato nei prossimi mesi, con l’applicazione regionale del decreto ministeriale. Il distretto socio sanitario savonese e della Valbormida può contare solo su 164 mila abitanti.
In difesa della struttura in Valloria si sono alzate, negli ultimi giorni, le voci delle associazioni del territorio. L’Unione nazionale mutilati per servizio, insieme agli Amici di cardiologia e alla Cresci (che sostiene i bambini affetti da malattie pediatriche e i loro genitori) hanno avviato una raccolta firme in diversi comuni del comprensorio.
Insieme hanno fondato l’associazione “Amici del San Paolo”, diretta da Gianpiero Storti, Giuseppe Ratto, Giovanni Battista Siccardi, Guglielmo Marchisio. Si tratta di volti noti della città: rispettivamente l’ex responsabile della comunicazione dell’Asl, l’ex segretario comunale, gli ex presidi dell’Itis del liceo Classico.
«La nostra petizione – dicono – è contro la distruzione di un’istituzione savonese che è già cominciata negli anni scorsi, nel silenzio generale. Lo smantellamento del San Paolo provocherebbe gravi perdite di tempo nel soccorso e nella cura dei pazienti locali».
La raccolta firme andrà avanti in diversi municipi della riviera, alla portineria dell’ospedale e, nei prossimi giorni, anche con banchetti in giro per il centro storico di Savona. Si parlerà del San Paolo anche in Comune, in occasione della riunione della Terza commissione consiliare.