Una gestione dell’accoglienza basata su aree omogenee, adattando alle specificità del territorio ligure le quote stabilite dal Piano Nazionale di Riparto del ministero dell’Interno. Questa la proposta di metodo elaborata da Anci Liguria e approvata a larga maggioranza dall’Assemblea dei Sindaci, riuniti ieri a Palazzo Tursi.
Oggi, in occasione del Tavolo regionale per l’immigrazione, saranno proposti ai prefetti liguri i criteri e i parametri di attribuzione così individuati.
In Liguria circa 80 Comuni accolgono 5.141 migranti (2.676 nella Città Metropolitana di Genova, 869 in Provincia della Spezia, 636 in Provincia di Imperia, 960 in Provincia di Savona). Il Piano Nazionale prevede una quota complessiva di 6.043, che dovrebbero essere ripartiti secondo criteri ben precisi: 6 posti per i Comuni sotto i 2 mila abitanti, 2 posti ogni mille abitanti per la Città Metropolitana e secondo concertazione per tutti gli altri Comuni.
Anci Liguria propone invece un ripensamento delle attribuzioni, che tenga conto della particolare conformazione geografica del territorio, del numero di abitanti e delle quote di migranti già presenti, sulla base di una suddivisione in aree omogenee. «L’obiettivo è accompagnare i Comuni verso il sistema di accoglienza Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati), impedendo così l’apertura di nuovi Centri di accoglienza straordinaria, secondo la clausola di salvaguardia – spiega Paolo Pezzana, Coordinatore della Commissione Immigrazione di Anci Liguria – Quello a cui puntiamo è un modello di gestione integrata e compensativa all’interno di ogni singola area per autonoma decisione dei Comuni, senza che nessuno debba subire imposizioni e attribuzioni di quote stabilite da parte del governo e delle prefetture».
Secondo Pierluigi Vinai, direttore generale di Anci Liguria, «quello che deve essere chiaro è che la soglia dei 6.043 è per noi un limite invalicabile. Nel caso in cui non venissero rispettati gli accordi e le quote definite nella nostra proposta, ci opporremo con tutte le nostre forze, attraverso l’interruzione di qualsiasi attività concertativa e negoziale e intraprendendo tutte le manifestazioni di protesta che saranno ritenute necessarie dai nostri sindaci».