Con un fatturato di oltre 31 milioni di euro e una stima per il 2016 che sfiora i 36 milioni, Ekaf Cellini punta a espandere il proprio business soprattutto nel segmento capsule. Per lo stabilimento di Bolzaneto è pronto un investimento di 7 milioni e mezzo per l’acquisto di tre nuove macchine nel 2017: dopo l’uscita delle prime capsule nell’ottobre del 2014 (preceduta da un investimento da 2,5 milioni di euro e da una ricerca di oltre un anno sul compatibile), Cellini allargherà dunque la propria gamma di monoporzionato, che attualmente conta 10 gusti (ma potrebbero diventare diverse decine).
Un risultato importante, festeggiato dalla famiglia Pieri, alla direzione di Ekaf dal 1991, con un libro che celebra i 70 anni di torrefazione, avviata da Amleto Pieri a Livorno, nel lontano 1946. «Un omaggio anche a mio padre e a mio nonno, che hanno intrapreso l’attività – spiega il presidente Giovanni Pieri – ma anche a tutti i nostri dipendenti e ai nostri clienti, per far capire loro cosa sta dietro al marchio Cellini».
Oggi il gruppo Ekaf, che ha nel marchio Cellini il proprio core business, lavora sia in Italia, sia all’estero (esportando in particolare in Francia, Germania, Grecia, Danimarca e Russia), sia per il canale Ho.re.ca, sia per il retail, con il proprio marchio e per il private label (Despar, Primia, Bennet sono alcuni esempi, così come il marchio Costa nel Regno Unito). Nello stabilimento di Bolzaneto (a cui si affianca il polo di deposito a Livorno, recentemente ristrutturato con un investimento da 1 milione di euro) lavorano 52 dipendenti diretti e 10 agenti, su un totale di 120 persone impiegate nel gruppo Ekaf. Altri 4 dipendenti (di cui 1 italiano) lavorano in Francia.
Liguria Business Journal vi porta a scoprire quello che accade negli 11 mila metri quadrati dello stabilimento di Ekaf Cellini, a Bolzaneto, dove i sacchi di caffè crudo arrivano da ogni nazione produttrice nel mondo ed escono confezionati: un viaggio attraverso tutte le fasi della trasformazione del caffè, dal chicco fino alla mattonella sottovuoto o la capsula.
Si parte dalla stazione in cui il carico di caffè verde, giunto nello stabilimento, viene svuotato, controllato e riconosciuto da un’apposita centralina. All’interno dello stabilimento si snodano diverse linee di confezionamento, da quella per i sacchi di caffè in grani, al macinato fino alle capsule e le cialde.
Una delle sale principali è quella di controllo: qui sono continuamente monitorate le tostatrici in funzione, per le quali viene anche calcolata la temperatura ideale per far tostare ogni singola tipologia di caffè. Una volta tostato, il chicco di caffè sarà macinato e lasciato a stabilizzare nei silos dalle 12 fino alle 24 ore. Se è invece destinato a rimanere in grani, attraverserà tavole densimetriche ed “elevatori a tazze” per uniformare i singoli chicchi. Ma nella stessa sala di controllo nascono anche le ricette delle varie miscele: alcune contano anche sette diversi tipi di origine di caffè.
Nel laboratorio il caffè viene misurato e controllato, sia attraverso strumenti innovativi, come il un granulometro laser per misurare la grandezza in micron del granello, sia attraverso le macchinette di tutti i giorni, moka compresa.
I controlli sulle tipologie di caffè partono dall’acquisto della materia prima dai Paesi produttori, proseguono sul campione e vengono confermati sull’acquisto. E ogni giorno, su qualsiasi prodotto destinato a uscire dallo stabilimento, vengono eseguiti ulteriori controlli, opportunamente archiviati.