Una Fed ancora complessivamente cauta e attendista, le novità annunciate dalla Bank of Japan, e le indicazioni dei principali indicatori macroeconomici hanno contribuito a determinare una settimana di rialzi per i principali listini azionari mondiali, di compressione della volatilità implicita sullo S&P 500 e una tendenza a una ulteriore discesa del rendimento del decennale americano.
Negli Stati Uniti, in linea con le aspettative di consensus, la banca centrale ha lasciato invariati i tassi di riferimento, descrivendo i rischi sullo scenario macroeconomico atteso come bilanciati. Il mercato sconta ora una probabilità piuttosto bassa di un rialzo nella riunione di fine novembre (19,3%), mentre ritiene decisamente più plausibile un aumento del Fed Fund Rate a dicembre (probabilità: 59,1%). Se gli indicatori di tendenza del Conference Board hanno confermato i recenti segnali di debolezza dell’attività economica, le statistiche relative ai nuovi sussidi di disoccupazione continuano a rimanere ben al disotto di valori definibili come di allerta.
Nell’area Euro, l’indice Ifo aspettative di crescita (in rialzo) per la Germania e gli ultimi indici Pmi compositi confermano, nella nostra view, uno scenario base di moderata crescita economica e riduzione delle tendenza deflattive.
In Giappone la Banca Centrale ha introdotto una sostanziale novità, coniando l’espressione “QQE con controllo della curva dei tassi” (o allentamento quantitativo e qualitativo). Kuroda ha sostenuto che, con questo nuovo meccanismo, la Banca Centrale fisserà due tassi chiave, quello a breve termine e quello a dieci anni. Per quest’ultimo, stabilirà un obiettivo operativo, in quest’occasione fissato attorno allo 0%, cioè in linea con il suo valore corrente. In termini numerici, la banca centrale si aspetta che, nonostante la variazione di impostazione, il ritmo di acquisto annuo di titoli governativi rimarrà in linea con quello già previsto in precedenza (circa 80 trilioni di yen).
In pratica, la BoJ stabilirà dei target sui tassi allo scopo di contrastare vigorosamente le tendenze deflattive, che il governatore della Banca Centrale ha esplicitamente attribuito alla tendenza degli operatori ad accumulare liquidità senza assumersi rischi (un comportamento definito da Kuroda “razionale”, se ci si aspetta che i prezzi non cresceranno). All’annuncio di queste manovre, il Nikkei e il decennale giapponese sono saliti, mentre lo yen ha sperimentato una tendenza al rafforzamento, specie nei confronti del dollaro.
Che cosa guardiamo questa settimana: importante market mover della settimana è stato dibattito elettorale tra i due candidati alla presidenza, Clinton e Trump, che ha focalizzato l’attenzione del popolo americano alla stregua di un grande evento sportivo. I sondaggi mostrano ancora una leggera prevalenza del candidato democratico su quello repubblicano (46,2 % vs 43,7% delle preferenze. Fonte : Bloomberg), sebbene i consensi su Trump siano considerevolmente aumentati, dal luglio 2015 (mese in cui il candidato repubblicano raccoglieva solo il 33,7% delle preferenze, contro il 53,3% della Clinton). Lo stretto scarto tra i due candidati spinge a pensare che una situazione di aumentata incertezza tenderà a tradursi, con l’avvicinarsi delle elezioni, in un aumento della volatilità sui mercati. In particolare, un aumento dei consensi su Trump potrebbe generare pressioni al deprezzamento del biglietto verde.
Negli Usa la fiducia dei consumatori e beni durevoli dovrebbero registrare, un calo, in linea con le recenti indicazioni di rallentamento congiunturale. Tra gli altri elementi da considerare questa settimana, la revisione della stima precedente del Pil del secondo trimestre e in Cina Pmi manifattura di settembre.