La correzione dei principali mercati azionari e obbligazionari è proseguita anche la scorsa settimana. Particolarmente penalizzati i mercati azionari dell’area dell’euro e quelli relativi alle economie emergenti. Il rialzo dei rendimenti dei principali titoli governativi delle economie avanzate ha contribuito a deprimere le performance dei titoli governativi a scadenza medio lunga. Sui mercati valutari, il dollaro ha continuato a rafforzarsi nei confronti delle principali valute emergenti (e dell’euro).
Negli Stati Uniti la produzione industriale di agosto ha registrato una contrazione congiunturale dello 0,4%, confermando le indicazioni di debolezza emerse dall’ultimo Ism manifatturiero. Si evidenzia inoltre un’accelerazione superiore alle attese per i prezzi al consumo (+1,1% a/a; prec.: 0,8%). Buona la dinamica registrata dall’indicatore aspettative dell’Università del Michigan, un dato che supporta la tesi che i consumi US stanno continuando a rimanere robusti.
Nell’area Euro i dati sull’inflazione (+0,2% a/a) confermano la diminuzione della probabilità di deflazione per l’area nel suo complesso. Dello stesso tenore, le indicazioni dell’indice Zew relativo alle aspettative di crescita economica per l’intera area, che ha registrato a settembre una ulteriore accelerazione.
In Cina produzione industriale, vendite dettaglio, investimenti, aggregato monetario M2, dinamica dei nuovi prestiti in yuan e degli Ide sono stati superiori alle attese degli analisti, circostanza che conferma i recenti segnali di tenuta della congiuntura domestica. Gli esperti restano convinti che la lettura che si può dare agli indicatori macroeconomici sia ancora complessivamente costruttiva, e pertanto per il momento propendono a interpretare questa correzione come fisiologica e transitoria.
Questa settimana: i principali market mover sono la riunione Fed di mercoledì 21 settembre. La maggior parte degli analisti si aspetta che la banca centrale lascerà il tasso sul Fed Fund Rate invariato, continuando a enfatizzare i rischi di ribasso per l’attività economica. In questo caso, gli esperti non si aspettano, di impatto, scossoni significativi, anche se l’analisi degli indicatori fondamentali ci induce a mantenere, nel breve periodo, un atteggiamento di complessiva cautela. Al contrario, un annuncio di rialzo, accompagnato da dichiarazioni di cautela sul fronte delle aumentate pressioni salariali e/o inflazionistiche, presumibilmente, favorirebbe il dollaro, accelererebbe le vendite sul comparto obbligazionario e azionario, e farebbe aumentare l’avversione globale al rischio.
In Giappone domani è in programma la riunione della Banca Centrale. L’appuntamento è visto da molti operatori e analisti come di assoluta importanza, anche maggiore dell’annuncio Fed: mentre per gli Usa esiste un consensus quasi unanime sul fatto che i tassi verranno progressivamente rivisti al rialzo, nel corso dei prossimi mesi, la guidance della banca centrale giapponese sembra meno definita. Alcuni commentatori si aspettano l’annuncio di un aumento dell’ammontare annuo complessivo del piano di acquisto di titoli da 80 a 100 trilioni di yen. Altri si attendono manovre tese a comprimere ulteriormente i rendimenti del lato breve della curva dei tassi e al contempo favorire un rialzo dei tassi a lunga, per fornire ossigeno al sistema finanziario. Date le attuali aspettative di mercato, se la Bank of Japan propendesse per un mantenimento dello status quo, senza annunciare nuove manovre di stimolo monetario, lo yen potrebbe reagire di impatto rafforzandosi ulteriormente, e i tassi a dieci anni e il mercato azionario subire delle pressioni al ribasso.