Dopo la forte compressione della volatilità osservata nei mesi di luglio e agosto, nell’ultima settimana i principali mercati azionari e obbligazionari mondiali hanno registrato una correzione che si è manifestata soprattutto nella giornata di venerdì. L’aumento dell’avversione al rischio ha favorito il dollaro e l’euro, nei confronti delle principali altre valute. La decisione della Bce, che ha lasciato invariato lo status quo e che ha deluso chi si aspettava ulteriori interventi di stimolo nell’immediato, e le dichiarazioni di alcuni esponenti Fed, tra cui Eric Rosenberg presidente della Fed di Boston, che hanno rimesso in gioco la possibilità di un rialzo dei tassi americani già a settembre, sono state le principali cause della discesa.
In particolare gli esperti evidenziano che la probabilità di un rialzo dei tassi a dicembre supera oggi il 62%. Le prese di profitto generalizzate non sorprendono in un contesto di volatilità estremamente compressa, di un buon recupero di tutte le principali asset class dopo la correzione di giugno e dove inizia a emergere la necessità di preparare i mercati a una progressiva normalizzazione della politica monetaria globale dopo un periodo iper-esteso di espansione non esente da critiche.
In dettaglio si pensi, per esempio, che i rendimenti degli ultimi sei mesi espressi in euro dei titoli governativi dell’eurozona, delle obbligazioni corporate globali, del debito emergente, dell’obbligazionario high yield, delle materie prime, dell’azionario emergenti, Europa, Nord America e Pacifico sono superiori ai rendimenti medi conseguiti da queste tipologie di investimento dal 1999 evidenziando come la maggior parte delle asset class sia cara.
Pochi sono stati invece i dati macro diffusi, tra cui si evidenzia: l’Ism non manifatturiero USA, in forte calo, ma ancora in territorio espansivo nel mese di agosto; i buoni dati cinesi sulla dinamica di export e import, associati però a una ulteriore lieve contrazione delle riserve ufficiali in valuta. Gli esperti restano convinti che la lettura che possiamo dare agli indicatori macroeconomici sia ancora complessivamente costruttiva, e pertanto per il momento propendono a interpretare questa correzione come fisiologica e transitoria. Sarà importante tuttavia che parametri come la volatilità, i dati relativi all’occupazione e alla crescita economica e i livelli tecnici di supporto dei principali indici azionari e obbligazionari continuino a mantenersi compatibili con una scenario di espansione economica seppur modesta.
I principali market mover di questa settimana: negli Stati Uniti le vendite al dettaglio di giovedì e la fiducia dei consumatori calcolata dall’Università del Michigan consentiranno di verificare se la propensione al consumo dei cittadini americani si mantiene in buona salute. I dati di agosto sulla produzione industriale sono attesi in flessione coerentemente con le deboli indicazioni dell’ISM manifatturiero dello stesso mese. La contrazione segnalata dalle indagini di agosto del secondario induce a monitorare con attenzione le risultanze di Philly Fed e New York Manufacturing di settembre, che verranno diffuse sempre giovedì, allo scopo di cogliere tempestivamente se la contrazione di questo settore si è protratta anche in queste ultime settimane.
In Eurozona il dato in calendario di maggior rilevanza è l’indagine Zew sulle aspettative di crescita degli esperti finanziari. Poiché la Brexit per il momento ha avuto ricadute di rilevanza modesta e la dinamica dei mercati europei nell’ultimo periodo è stata positiva questa statistica dovrebbe confermare i segnali di stabilizzazione. In Cina, verranno pubblicati gli importanti dati di agosto sull’aggregato monetario ampio M2, sulle vendite al dettaglio, sui nuovi prestiti in yuan e sulla produzione industriale. Gli esperti si aspettano che venga confermato il quadro di rallentamento pilotato della crescita economica emerso dalla lettura delle più recenti statistiche. Nel Regno Unito è attesa la decisione della Bank of England che dovrebbe lasciare invariata la politica monetaria in essere.