«Condivido le tesi di Marco Gay: questa Europa ha davanti a sé tante sfide, ma ha bisogno di un profondo cambio di passo in cui l’Italia può essere protagonista». Emma Marcegaglia davanti alla platea di imprenditori e politici di Santa Margherita Ligure parla di Europa, un’Europa che, secondo la presidente di Business Europe, ha bisogno di «cambiare il proprio linguaggio e la propria narrativa, uscendo dall’euroscetticismo e dal populismo». Ma non solo. L’Europa di cui parla Marcegaglia è anche quella che ha bisogno di tornare a sottolineare i propri valori: «Non si deve parlare solo di bilanci e di austerity. Bisogna parlare anche di emozioni».
E ancora, più equilibrio, maggiore digitalizzazione, e non solo per le startup, più competitività, mercati aperti internazionali. E su questo non nasconde il proprio appoggio al Ttip: «Sono appena rientrata dagli Stati Uniti, l’Italia è vista come il Paese che più di altri può concorrere nella conclusione dell’accordo transatlantico».
Tornando in Europa, Marcegaglia è consapevole della possibilità di una disgregazione. «Se vogliamo evitarla, dobbiamo fare maggiore integrazione. Non su tutto, ma su alcuni punti è assolutamente fondamentale: unione bancaria, unione di bilancio, mercato unico dell’energia e dei capitali». E soprattutto, «non si può andare avanti con un Paese, la Germania, che impone sugli altri il proprio punto di vista. Servono decisioni, ma condivise. Il superpotere della Germania non si combatte a parole, ma con altri Paesi capaci e credibili, uniti per sostenere il proprio punto di vista. L’Italia è tra i pochi in grado di farlo».
Marcegaglia parla anche del referendum costituzionale: «La mia opinione personale è chiara. Questa è un’occasione che non possiamo perdere: vogliamo governi forti, capaci di eseguire e di fare. Non vogliamo più governi che dicano: non possiamo fare niente perché l’architettura costituzionale non ce lo permette».
E da presidente di Eni, sulla situazione in Libia spiega: «Ora c’è un governo e un primo ministro. Nonostante la situazione tesa, siamo lì dal 1954 e produciamo 350 mila barili al giorno. In un certo senso, siamo anche difesi dalla popolazione, perché il nostro petrolio e gas servono a fornire energia in questo Paese. La prospettiva è quella di raggiungere l’unità e di tornare a vedere attrazione di investimenti e la possibilità di proseguire la guerra al terrorismo».