Vigilare sull’avanzamento dell’iter nella commissione competente dell’Ue, promuovere un’analisi degli impatti delle conseguenze sull’economia regionale, ma soprattutto attivarsi concretamente per opporsi al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina. A tutto ciò si dovranno impegnare il presidente e la giunta regionale della Liguria a seguito dell’approvazione della mozione presentata oggi in consiglio regionale dai consiglieri di Lega Nord Alessandro Puggioni, Alessandro Piana, Franco Senarega, Giovanni De Paoli e Stefania Pucciarelli e con gli interventi a favore di Fabio Tosi (M5S), Gianni Pastorino (Rete a Sinistra), Luca Garibaldi (Pd) e, in conclusione, dell’assessore allo sviluppo economico Edoardo Rixi.
Prendendo spunto dai dati recentemente diffusi da Confartigianato Liguria, la mozione mette in luce uno scenario particolarmente difficile che si aprirebbe soprattutto sulle microimprese liguri della nostra regione se il Mes venisse riconosciuto alla Cina. Uno scenario che vedrebbe la possibilità concreta di perdere 1.200 posti di lavoro nell’artigianato e oltre 4.600 unità allargando l’analisi alle piccole imprese liguri. Le ripercussioni occupazionali sarebbero particolarmente pesanti anche a livello italiano (400 mila posti di lavoro in meno) ed europeo (3,5 milioni).
«Ringraziamo la giunta, il consiglio regionale e in primis i consiglieri della Lega Nord – commenta Luca Costi, segretario regionale di Confartigianato Liguria – per avere condiviso le nostre preoccupazioni. Le micro e piccole imprese, in caso di riconoscimento, dovrebbero fare i conti con la concorrenza di beni e servizi di qualità decisamente inferiore alla nostra e che verrebbero messi sul mercato a prezzi talmente bassi da diventare insostenibili. La situazione rischia di portare al collasso un settore che già versa in forti difficoltà. Ci ha fatto piacere riscontrare recentemente anche la sensibilità degli europarlamentari liguri Renata Briano, Lara Comi e Brando Benifei: in gioco c’è il futuro dell’intera imprenditoria, soprattutto delle più piccole realtà italiane».
L’Italia è lo stato in maggiore concorrenza con la Cina: su 52 categorie di prodotti cinesi attualmente colpiti dai dazi europei, 30 sono prevalentemente italiane. I settori maggiormente colpiti sarebbero la siderurgia, la meccanica, la chimica, le calzature, le biciclette, i pannelli solari, la carta, il vetro e la ceramica.