Altri 16 licenziamenti nella sede di Genova (6 già effettivi, 10 in programma) con questa motivazione i lavoratori della Maersk hanno dato vita a un presidio di protesta davanti a Palazzo Tursi. In programma altre azioni di sciopero, nonostante l’incontro con l’assessore Emanuele Piazza.
Nell’ultimo anno, rilevano i sindacati Cgil, Cisl e Uil di categoria, già una ventina di persone sono state “agevolate” nell’uscita dall’azienda. La Maersk contava nel 2008 circa 500 impiegati, oggi 167. I sindacati contestano anche la motivazione che la multinazionale ha dato per gli esuberi: l’indebolimento della domanda nel 2015, visto che nel periodo degli utili la strategia era sempre di ridurre il costo del lavoro.
«Inaccettabile e priva di senso la procedura di esubero nei confronti dei lavoratori genovesi Maersk, quando a Savona, ad appena 50 chilometri da lì, lo stesso gruppo, che controlla anche Apm, secondo le previsioni si prepara ad assumere centinaia di persone». Lo dicono i consiglieri regionali del MoVimento 5 Stelle Liguria, Alice Salvatore e Andrea Melis, a margine della riunione di capigruppo sulle sorti dei dipendenti della multinazionale danese del trasporto marittimo.
«L’azienda, intesa nella sua globalità come holding – ricorda Melis – di fatto beneficia di contributi pubblici per la realizzazione di una nuova piattaforma e, pertanto, è in debito verso le istituzioni, con le quali è tenuta a trattare. Non accettiamo nuovi atti di forza e atteggiamenti coloniali, come è avvenuto nel recente caso Kavo».
«Il paradosso è che stanno esternalizzando il lavoro in ditte terze in Italia – osserva Salvatore – con un gioco di scatole cinesi che punta alla
riduzione del personale e non alla riduzione dei costi. E, pur di mantenere sulla carta in equilibrio il rapporto tra contenitori fatti e numero di
persone impiegate, si arriva a trattare i dipendenti come pura merce di scambio».