A scendere in piazza il 18 gennaio saranno solo i lavoratori Ilva aderenti a Fiom Cgil e Failms Cisal (aggiornamento delle 16: la manifestazione è sospesa). Per lunedì prossimo Fim Cisl e Uilm non hanno indetto nessuno sciopero, condividendo la decisione con i propri iscritti in un’assemblea questa mattina.
«Altri utilizzano i lavoratori per battaglie non di merito. Non vogliamo rompere l’unità sindacale – dichiara il segretario generale della Fim Cisl Alessandro Vella – bisogna capire però quali sono gli obiettivi. I lavoratori devono fare sinergia con le istituzioni in questa fase in cui si spera nell’arrivo di una nuova proprietà».
«Non accetto editti bulgari – aggiunge Antonio Apa della Uilm – non devo aderire a una scelta altrui se non ne condivido le motivazioni. Un sindacato serio rispetta un provvedimento che diventa legge, come l’emendamento Basso, e comincia a muoversi nei confronti di Regione e Comune, chiedendo di applicare i contratti, visto che il dispositivo di legge entra in vigore».
Il motivo del contendere sta proprio nell’emendamento Basso, che garantisce 1,7 milioni di integrazione (secondo calcoli Inps) alla riduzione del 10% della retribuzione per i contratti di solidarietà stabilita dal Jobs Act. La Fiom sostiene che sia comunque una violazione dell’accordo di programma stipulato nel 2005 e che l’emendamento sia troppo limitato nel tempo (coprirà gli stipendi sino al 30 settembre). L’integrazione riguarda i contratti di solidarietà, che sono in vigore fino a quella data, dopodiché si dovranno stipulare altri contratti.
Non c’è unità sindacale neanche nell’interpretazione delle parole del sindaco Marco Doria: la Fiom ha aspramente criticato il primo cittadino, accusandolo di aver messo in discussione lui in primis l’accordo di programma. «Se avessimo questa impressione – sottolinea Apa – saremmo i primi a fare le barricate. A noi ora interessa l’aspetto industriale: Genova è specializzata nella banda stagnata e zincata ed è punto di smistamento dei prodotti diretti al Nord. Il nodo è un altro: il governo ha stanziato 800 milioni per la bonifica, 300 per pagare gli stipendi, ma il futuro industriale di quest’azienda quale sarà?». «Bisogna alzare l’asticella – ribadisce Vella – non fermarci alle polemiche, altrimenti è campagna elettorale. Gli interrogativi veri sono: l’Italia può fare a meno della siderurgia? Se non si manifesterà nessuno per comprare cosa intende fare il governo?». Le importazioni dall’estero segnano quota 4,5 milioni di tabulati di acciaio, la stessa quantità che Taranto non è riuscita a produrre, sulla banda stagnata Ilva produce poco meno del 10% del fabbisogno nazionale di 800 mila tonnellate.
Anche sulla questione aree non più produttive che potrebbero essere cedute ad Ansaldo Energia per trovare finalmente lo spazio agognato da tempo, la Fiom si era inizialmente opposta. «Se si creerà occupazione perché deve esserci una preclusione? Non si mette in discussione l’accordo se si cedono delle aree», commenta Vella. «Il compito principale dell’amministrazione straordinaria è far fronte ai creditori privilegiati, che sono anche i lavoratori. I commissari possono anche vendere pezzi di aree non produttive», rileva Apa.
Proprio sulla questione Ansaldo Energia si è manifestato apertamente il contrasto Pd-Fiom, esploso lunedì scorso con la contestazione aperta al segretario genovese Alessandro Terrile, che già a novembre era stato attaccato duramente aprendo alla vendita delle aree durante l’assemblea dei delegati regionali del Pd. I vertici del partito, finita l’era Burlando, sono cambiati e la Fiom sta incontrando difficoltà a dialogare e a trovare intese con la “nuova generazione” non solo renziana.